Il Papa: “I cristiani chiusi in sé stessi hanno il puzzo delle cose chiuse"

Commentando la parabola del Buon Pastore, Francesco sottolinea che “per Dio nessuno è definitivamente perduto”, ma anzi Lui “fino all’ultimo momento ci cerca”

Share this Entry

Puzzano i cristiani chiusi in sé stessi, nelle piccole comunità, nella parrocchia, nel loro ego. Puzzano “di cose chiuse”, dice Papa Francesco nella catechesi dell’Udienza generale di oggi; e questo stride con quella che è “la prospettiva” cristiana che invece è “tutta dinamica, aperta, stimolante e creativa”. Essa “ci spinge ad uscire in ricerca per intraprendere un cammino di fraternità”, perché “nessuna distanza può tenere lontano il pastore; e nessun gregge può rinunciare a un fratello”.

L’immagine-guida della riflessione del Pontefice è quella a lui tanto cara del Buon Pastore che si carica sulle spalle la pecorella smarrita. Icona che “da sempre rappresenta la sollecitudine di Gesù verso i peccatori e la misericordia di Dio che non si rassegna a perdere alcuno”, osserva Francesco; Gesù racconta questa parabola proprio “per far comprendere che la sua vicinanza ai peccatori non deve scandalizzare, ma al contrario provocare in tutti una seria riflessione su come viviamo la nostra fede”.

In particolare in quei dottori della legge, quei “scribi sospettosi” che si discostano dal Messia perché “si avvicinava ai peccatori”. “Questi erano orgogliosi, erano superbi, si credevano giusti”, commenta il Papa. E indica tre personaggi intorno a cui si snoda la parabola: il pastore, la pecora smarrita e il resto del gregge. “

Chi agisce però è solo il pastore, non le pecore”, sottolinea Bergoglio; lui “è l’unico vero protagonista e tutto dipende da lui”. Lui che abbandona 99 pecore per salvarne una sola: “un paradosso”, dice il Papa, “che induce a dubitare dell’agire del pastore”. In effetti, è saggio abbandonare le 99 per una pecora sola? E per di più non al sicuro di un ovile ma nel deserto, “luogo di morte” per antonomasia, secondo la tradizione biblica, privo di cibo, acqua, riparo e in balia di fiere e ladri.

Paradosso su paradosso, il pastore poi ritrovata la pecora “se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: Rallegratevi con me”. “Sembra quindi che il pastore non torni nel deserto a recuperare tutto il gregge! Proteso verso quell’unica pecora sembra dimenticare le altre 99”, annota il Santo Padre.

In realtà non è così. L’insegnamento di Gesù è un altro, e cioè dirci “che nessuna pecora può andare perduta”. “Il Signore non può rassegnarsi al fatto che anche una sola persona possa perdersi”, afferma Francesco, “l’agire di Dio è quello di chi va in cerca dei figli perduti per poi fare festa e gioire con tutti per il loro ritrovamento. Si tratta di un desiderio irrefrenabile: neppure 99 pecore possono fermare il pastore e tenerlo chiuso nell’ovile”.

“Lui – aggiunge a braccio – potrebbe ragionare: ‘Mah, faccio il bilancio: ne ho 99, ne ho persa una, ma non è una grande perdita’. No, lui va a cercare quella, perché ognuna di esse è molto importante per lui e quella è la più bisognosa, la più abbandonata, la più scartata; e lui va là a cercarla”.

Allora “siamo tutti avvisati”: “La misericordia verso i peccatori è lo stile con cui agisce Dio e a tale misericordia Egli è assolutamente fedele: nulla e nessuno potrà distoglierlo dalla sua volontà di salvezza”. Perché Dio, riprende a braccio Bergoglio, “non conosce la nostra attuale cultura dello scarto, in Dio questo non c’entra. Dio non scarta nessuna persona; Dio ama tutti, cerca tutti… Tutti! Uno per uno. Lui non conosce questa parola ‘scartare la gente’, perché è tutto amore e tutta misericordia”.

E tutto questo amore, tutta questa misericordia non si può imprigionare “nei nostri schemi e nelle nostre strategie”. “Il pastore sarà trovato là dove è la pecora perduta”, dice il Papa, “Dio va cercato là dove Lui vuole incontrarci, non dove noi pretendiamo di trovarlo! In nessun altro modo si potrà ricomporre il gregge se non seguendo la via tracciata dalla misericordia del pastore”.

È bene, pertanto, riflettere “spesso” su questa parabola “perché nella comunità cristiana c’è sempre qualcuno che manca e se ne è andato lasciando il posto vuoto”. A volte, osserva Francesco, questo è “scoraggiante” e “ci porta a credere che sia una perdita inevitabile, una malattia senza rimedio”. È proprio allora “che corriamo il pericolo di rinchiuderci dentro un ovile, dove non ci sarà l’odore delle pecore, ma puzza di chiuso!”.

“Noi cristiani non dobbiamo essere chiusi perché avremo il puzzo delle cose chiuse. Mai!”, chiosa a braccio Bergoglio, “dobbiamo uscire e questo chiudersi in sé stessi, nelle piccole comunità, nella parrocchia, là, ‘ma noi, i giusti’… Questo succede quando manca lo slancio missionario che ci porta ad incontrare gli altri”.

La visione da assumere è dunque quella di Cristo, per cui “non ci sono pecore definitivamente perdute”. “Questo dobbiamo capirlo bene”, insiste il Papa, “per Dio nessuno è definitivamente perduto. Mai! Fino all’ultimo momento, Dio ci cerca”. Lo ha fatto con il buon ladrone, e lo fa continuamente con ognuno di noi.

Share this Entry

Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione