Gli ultimi progressi raggiunti dalla Computer Grafica (CG) sono veramente impressionanti. Si può dire che ormai tutti gli animali e i fenomeni naturali possono venir riprodotti con un realismo totale. Solo gli esseri umani sfuggono ancora alla completa clonazione.Nel film Vita di Pi , dove i protagonisti erano un ragazzo e una tigre del Bengala, era già apparso evidente come nessun spettatore poteva essere in grado di accorgersi che l’animale era interamente ricostruito in CG. Il successivo Il Viaggio di Arlo è stato una specie di prova generale di Il Libro della giungla: Anche in quel caso c’era un piccolo orfano ma appariva chiaramente in forme stilizzate tramite CG, mentre gli animali e la natura erano così perfettamente ricostruiti da apparire reali.
Arriviamo quindi a questo Il libro della giungla, cinquant’anni dopo la versione in 2D, sempre della Walt Disney Pictures, dove la soluzione adottata è stata quella di fare recitare un bambino in carne ed ossa mentre la giungla e gli animali sono riprodotti in CG con estremo realismo.
Se da una parte non possiamo che ammirare questi progressi, dall’altra dobbiamo domandarci che impatto possono avere queste tecnologie sul prodotto artistico in se’. Fra il film del 1967 e questo del 2016 c’è un abisso. Il libro della giungla, ricavato dall’omonima raccolta di racconti del Nobel per la Letteratura Rudyard Kipling, è indubbiamente un racconto per ragazzi e la tecnica cartoon è sempre risultata appropriata per dare il giusto tono favolistico. Quest’ultimo tipo di CG, così realistica, è utile per ricostruire artificialmente realtà complesse in racconti dal vivo, come la tigre in Vita di Pi oppure le onde minacciose in L’utima tempesta, ma applicata a Il libro della giungla, trasforma la narrazione in una drammatica lotta per la sopravvivenza e alcune scene sono così paurose e terrificanti che sconsigliamo la visione di questo film ai più piccoli.
La morte, le ferite sanguinose, entrano a far parte di una storia per ragazzi: la tigre Shere Khan uccide con una sola zampata il lupo capo-branco; la scena dove il pitone gigante avvolge lentamente il ragazzo cercando di distrarlo con una voce suadente e con l’ipnosi è realmente impressionante. La scimmia gigante che insegue Mowgli fra le colonne del tempio indù, abbattendo ogni ostacolo che gli si para davanti, è particolarmente paurosa.
Fra i racconti per ragazzi, diventati poi film, sono tante le storie dove si narra di cuccioli alla ricerca della famiglia di origine. In Alla ricerca di Nemo, il piccolo pesce pagliaccio Martin attraversa il Pacifico alla ricerca del padre, mentre il piccolo umano Arlo in Il viaggio di Arlo, attraversa un far west preistorico per scoprire qual è la sua vera famiglia. Mowgli si comporta in modo atipico: considera la sua vera famiglia quella dei lupi e non ha alcun interesse di conoscere i suoi veri parenti. Anche questo aspetto contribuisce a non rendere particolarmente simpatico questo racconto di Kipling.
E’ assente un altro elemento classico della narrativa dei ragazzi: il calore dell’amicizia fra coetanei. Se Arlo aveva come compagno di viaggio un timido cucciolo di dinosauro, giungeva in soccorso di Martin la simpatica ma smemorata Dory, un pesce chirurgo blu. Mowgli al contrario non ha coetanei di riferimento ma due mentori adulti, Bagheera, e Baloo, che lo proteggono e che lo consigliano.
Alla fine, questo film per risultare troppo aderente al testo originale, ha finito per perdere alcuni elementi che avrebbero potuto sollecitare maggiormente l’interesse dei ragazzi, specialmente dei più piccoli. Il messaggio che prevale in questo film, come del resto nel racconto originale, è l’importanza della legge (in questo caso la legge della giungla): un sistema di valori (coraggio, generosità, fedeltà, onore, obbedienza, rispetto per gli anziani) a cui tutti, uomini e animali, devono sottostare. Come traspare chiaramente dal film, gli animali sanno rispettare la loro legge e Mowgli finisce per preferire la giungla. Noi uomini non ci facciamo una bella figura.