“Il consiglio d’Egitto”: cos’è la Verità?

Torna in scena a Roma il classico di Leonardo Sciascia, ambientato in una Sicilia dalle sfumature arabeggianti e dilaniata dal dilemma sulla giustizia

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È Enrico Guarneri, il mattatore ne Il Consiglio d’Egitto – in cartellone al teatro Quirino di Roma, per la regia di Guglielmo Ferro – con l’innata capacità di fare suo il personaggio e plasmarlo con ironia e sicilianità.
Ed è così che il suo Don Vella assume i connotati di un sarcastico “parretto siciliano”, provvisto di sagace intelletto e spirito industrioso, ma anche un forte senso di giustizia. Un personaggio in bilico tra onore e disonore, scaltrezza e intelligenza, che si muove in un limbo interiore tra coscienza e imprudenza. Come afferma Sciascia: “La menzogna è più forte della verità. Più forte della vita. Sta alle radici dell’essere, frondeggia al di là della vita”.
In effetti, mai come oggi si riflette sull’importanza della verità storica, soprattutto a seguito della manipolazione dei testi religiosi da parte dell’Isis, lo Stato islamico e il suo califfo Al-Baghdadi, che travisano la parola del profeta Maometto mossi da mire egoistiche, in nome della guerra, del dio denaro e della sopraffazione fisica delle minoranze religiose ed etniche.
Ma cos’è la verità e com’è possibile provarla? Per Leonardo Sciascia: “la verità è una cabala, una favola, impossibile da definire, oggettivamente, soprattutto, in Sicilia”.
La storia, infatti, è ambientata nella Sicilia di fine XVIII secolo, dove vive l’Abate Vella, parroco originario dell’Ordine di Malta, colpevole della grande impostura: aver tradotto liberamente dall’arabo in italiano presunti testi storici sulla nascita della nobiltà siciliana, in verità, storie del profeta Maometto.
All’inizio con Il Consiglio di Sicilia, l’intento era procurarsi una rendita e una casa propria e invece col secondo e più importante tomo Il Consiglio d’Egitto, che studia l’albero genealogico dei nobili siciliani, lo scopo ben più ambizioso è abbattere i privilegi della casta di “parassiti”. Nella stessa epoca, in Sicilia, sono tanti i moti giacobini a favore della Repubblica e di un governo più illuminato e in molti pagarono con la vita, torturati e decapitati e tra questi anche l’avvocato Francesco Paolo Di Blasi, fautore dell’uguaglianza tra gli uomini e amico dell’abate, complice del suo “inganno”.
In fondo, come criticare questo prete giacobino, fautore d’istanze innovatrici, che vorrebbe stabilire un ordine sociale più equo e giusto? E in effetti, è talmente accattivante da guadagnarsi il favore del pubblico, per merito dello straordinario talento di Enrico Guarneri. Altrettanto divertente è lo scanzonato parrino Camilleri, che regge il gioco a Don Vella, interpretato da un brillante Vincenzo Volo. Un cast talentuoso che rende lo spettacolo appassionante e divertente, ma con tanti spunti di riflessione sulla realtà odierna.
E in una Sicilia, dominata dal potere baronale, che controlla altresì la cultura: “la storia è tutta un’impostura. Forse che esistono le generazioni di foglie che sono andate via da quell’albero, un autunno appresso all’altro? Esiste l’albero e le sue foglie nuove”.
E non ci resta che sognare ad occhi aperti – attraverso lo sguardo e la fantasia di Guglielmo Ferro – un mondo migliore dove l’impostura non regni sovrana e al potere ci siano i garanti della verità.
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Teatro Quirino dal 26 aprile – 8 maggio
Il Consiglio d’Egitto
di Leonardo Sciascia
per le regia di Guglielmo Ferro
con Enrico Guarneri Ileana Rigana Francesca Ferro Rosario Minardi Vincenzo Volo Rosario Marco Amato Pietro Barbaro Ciccio Abela Gianni Fontanarosa
Scene Salvo Manciagli
Costumi Riccardo Cappello
 
 
 

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Rita Ricci

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