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"Amoris laetitia? Rivoluzionaria, ma non perché propone una nuova dottrina"

Intervista a Miguel Ángel Ortiz, professore di Diritto Matrimoniale Canonico presso la Santa Croce e avvocato del Tribunale della Rota Romana

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Un documento ampio e profondo l’Esortazione apostolica post-sinodale di Papa Francesco Amoris laetitia, pubblicata lo scorso 8 aprile. Un documento frutto di due anni di riflessioni e di lavoro dei due Sinodi che hanno riunito i vescovi del mondo, e che pertanto richiede una lettura attenta e paziente. Sono tanti, infatti, i punti affrontati nel testo che coinvolgono diversi e delicati ambiti della famiglia e della pastorale famigliare. Per aiutare i lettori ad una migliore comprensione del documento pontificio, ZENIT ha intervisto il sacerdote Miguel Ángel Ortiz, professore di Diritto Matrimoniale Canonico presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma, nonché avvocato del Tribunale della Rota Romana dal 1996 e giudice esterno del Tribunale d’Appello del Vicariato di Roma.

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Quali sono, secondo lei, i punti fondamentali del documento del Papa?

Il punto di partenza è la presentazione del Vangelo della Famiglia e la riflessione sulla situazione attuale delle famiglie “ in ordine a tenere i piedi per terra”, poi il fatto che vengano ricordate alcune questioni fondamentali dell’insegnamento della Chiesa su matrimonio e famiglia, senza dimenticare di affrontare anche la questione che ha suscitato il maggior interesse dei media: il discernimento pastorale sulle situazioni cosiddette “irregolari”. Mi sembra, a tal proposito, che il Papa voglia evitare che tutta l’attenzione si concentri esclusivamente sull’ammissione alla Eucarestia dei divorziati risposati, tanto meno che si faccia con un approccio puramente casistico. Per questo la sua riflessione si estende accuratamente sugli aspetti antropologici, pastorali, teologici che pongono davanti agli occhi un ideale che è attraente: ovvero un amore che realizza la vocazione più radicale dell’uomo al dono di sé, che è possibile in quanto si basa sulla fedeltà di Dio, che sostiene le famiglie anche nei momenti di difficoltà. Qui, a mio parere, si radica una delle chiavi di interpretazione dell’Esortazione. Da un lato, presentare la bellezza del matrimonio e della famiglia anche con il rischio che le loro richieste non siano né comprese né accettate. In secondo luogo, che questo modello non rimanga solo un ideale da ammirare, ma diventi un obiettivo veramente realizzabile, anche se a volte difficile. 

Considera questo documento ‘rivoluzionario’?

Certamente non è rivoluzionario perché propone una nuova dottrina… Di fatto il Papa mette in evidenza più volte la continuità del suo magistero con quello precedente, in particolare con la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II. Per quanto riguarda le questioni dottrinali fondamentali, Francesco afferma esplicitamente la validità della dottrina della Chiesa ed esprime la volontà di non modificare le norme vigenti. Tuttavia è da sottolineare la nuova enfasi che il Papa pone nel discernimento delle situazioni che devono essere illuminate dalla luce del Vangelo. Faccio riferimento alla questione che probabilmente suscita un maggior dibattito nell’opinione pubblica, la pastorale per i divorziati risposati; il Papa su questo rimanda – come nella Relatio del Sinodo 2015 – al punto 84 della Familiaris Consortio che rimarca il bisogno di discernere tra le varie situazioni irregolari.

Quindi dov’è la novità?

La novità non sta tanto nella valutazione morale dei comportamenti – diversi a seconda della responsabilità che i fedeli hanno avuto nel rompere il precedente matrimonio e nel costruire la nuova unione – o nella qualificazione disciplinare delle situazioni, bensì nella prospettiva di una maggiore integrazione dei fedeli, di tutti fedeli, nella vita della Chiesa. Il Papa sottolinea con vigore: “Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia ‘immeritata, incondizionata e gratuita’. Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo!”.

La limitazione che possono incontrare alcuni fedeli, in particolare i divorziati risposati, nell’accedere ai sacramenti non viene da una presunzione che essi vivono nel peccato (questione, questa, che si deve discernere caso per caso con l’aiuto del confessore), bensì dalla incompatibilità oggettiva che esiste tra il significato del sacramento dell’Eucaristia e la propria situazione matrimoniale. Tuttavia il Papa ci tiene a ribadire che queste persone non sono fuori dalla Chiesa. Come già sottolineato nella Familiaris Consortio, non solo non sono ‘scomunicate’ ma sono anche chiamate a partecipare alla vita della Chiesa. La novità dell’Esortazione è quindi l’invito ad operare un discernimento caso per caso e come concretizzare questa partecipazione. 

Il testo del Santo Padre fa anche un’autocritica su come la Chiesa ha presentato finora il matrimonio e offre un nuovo linguaggio e nuove linee guida. Cosa deve cambiare?

A mio parere, il desiderio della Esortazione è che la nuova prospettiva, ovvero la pastorale di integrazione, muova tutti i fedeli a proporsi come meta alta la pienezza della vita cristiana, alla quale possono ci si può avvicinare gradualmente. Purtroppo oggi la stragrande maggioranza dei fedeli, con particolare riferimento ai divorziati in seconda unione, mostra indifferenza alla possibilità di accedere ai sacramenti. Sarebbe bello invece che fossero tanti i divorziati che sentono il bisogno di comunicarsi, tutti coloro a cui manca la piena partecipazione alla comunione eucaristica! Alimentare questo sincero desiderio sarebbe il miglior risultato dell’Esortazione. Più di un “certificato di normalità”, il pastore dovrebbe infatti aiutarli a discernere quale percorso intraprendere per vivere secondo la volontà di Dio. Cioè, il sacerdote può aiutare queste coppie a valutare la responsabilità nel fallimento del precedente matrimonio (responsabilità che possono mancare, se è stato abbandonato dal coniuge), a rispettare degli obblighi derivanti dal precedente matrimonio, soprattutto nel caso in cui siano presenti bambini, aiutarli per la decisione di sposarsi civilmente, la costruzione del nuovo rapporto, l’educazione dei figli e via dicendo.

Secondo lei, perché questo documento del Pontefice ha riscosso tanto interesse nella società?

L’interesse suscitato è stato grande in effetti, ma non tutte le aspettative sono state soddisfatte. Per la maggior parte dei fedeli l’Esortazione stimolerà a riscoprire la bellezza, la gioia dell’amore familiare che si fa presente e si sostiene grazie all’amore di Dio. Li aiuterà a vivere la vocazione familiare e a superare le difficoltà con maggiore speranza, confidando nell’aiuto misericordioso di Dio. Chi invece si aspettava una nuova soluzione per la questione dell’ammissione ai sacramenti da parte dei divorziati risposati rimarrà deluso. Il Papa ha espressamente voluto evitare di dare una nuova regola a cui rivolgersi per risolvere i casi esistenti. Sarebbe stato troppo comodo… Il riferimento esplicito alla soluzione della Familiaris Consortio, con l’accento sul compito di discernimento e di formazione della coscienza, apre prospettive pastorali enormemente ambiziose. Presuppone, cioè, la buona volontà di coloro che cercano il consenso non degli uomini ma di Dio. Questo percorso di continua conversione alla Casa del Padre riempie il cuore di gioia, anche se la strada non è sempre facile.

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Rocío Lancho García

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