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La storia del Cristianesimo tra decadenza e rinnovamento

Lo storico delle religioni, Philip Jenkins, spiega in un libro come e perché il Cristianesimo sia sopravvissuto nei secoli laddove altre religioni siano scomparse

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“Le religioni muoiono. Nel corso della storia, alcune religioni svaniscono del tutto, altre si riducono da grandi religioni mondiali a una manciata di seguaci. Il manicheismo, una religione che un tempo attirava adepti dalla Francia alla Cina, non esiste più in alcuna forma organizzata o funzionale; né esistono più le fedi che, mezzo millennio fa, dominavano il Messico e l’America Centrale”.  
Sarà questo il futuro anche dei cristiani sotto la spinta dell’islamismo radicale dell’Isis? In passato, una simile sorte è toccata al cristianesimo, distrutto nelle regioni in cui un tempo aveva prosperato e i cui fedeli occupavano posizioni chiave a livello politico, economico e culturale. Dalla Siria, all’Iraq e all’India, l’annientamento del cristianesimo è stato tale da non lasciare (quasi) alcuna traccia della sua presenza nei secoli. Ma perché le religioni muoiono? Che cosa possiamo apprendere dalla caduta – e talvolta anche dalla rinascita – delle religioni nel corso della storia?
Per cercare di rispondere a queste e altre domande Philip Jenkins, professore di storia alla Baylor University, nonché uno dei massimi esperti al mondo di sociologia e demografia delle religioni, ha pubblicato il libro “La storia perduta del cristianesimo. Il millennio d’oro della Chiesa in Medio Oriente, Africa e Asia (V-VX secolo). Com’è finita una civiltà” (Editrice Missionaria Italiana.
Il saggio propone una lettura inedita e provocatoria della storia delle prime Chiese cristiane d’Oriente, del loro rapporto con le altre fedi, in particolar modo con l’islam, e della loro successiva rovina. Profondamente non-eurocentrico, l’approccio dello studioso americano evidenzia come una religione che oggi consideriamo naturalmente ‘occidentale’ sia invece nata e si sia diffusa anzitutto in una vastissima area che si estendeva dal Medio Oriente fino all’Asia e di cui oggi si sa poco o nulla.
In un appassionante excursus storico, l’autore illustra la forza e la resilienza di queste prime comunità cristiane – in primis quella nestoriana e siriaca – che riuscirono ad auto-preservarsi anche durante secoli di dominazione islamica. 
Come sottolineato da Giancarlo Bosetti nella prefazione, “il libro di Jenkins ci costringe non solo a rimuovere assiomi stereotipati, ma anche a effettuare lo “spostamento di un centro” che assumevamo come irriflesso; ci spinge cioè a riesaminare certezze che parevano indiscutibili, andando a illuminare aree della storia poco conosciute perché appartenute a comunità sconfitte”.
Si scopre così che già nel VII secolo i missionari nestoriani avevano raggiunto l’India, lasciando sia importanti tracce della loro fede nelle prime stesure dei sutra buddhisti, sia nel simbolo combinato della croce e del loto che appare nelle croci di pietra nella regione del Kerala, nel sud del subcontinente.
Senza dimenticare che alcune delle pratiche odierne dei musulmani, come la prostrazione durante la preghiera, derivano dall’antico modo di pregare dei monaci siriaci. Un fervente e stimolante scambio di idee, avvenuto in un clima di convivenza pacifica, che si interruppe solo con l’inizio di nuove persecuzioni dei cristiani intorno all’anno 1300 da parte dei dominatori islamici.
Tuttavia non furono soltanto cause esogene a contribuire alla scomparsa del cristianesimo in queste regioni: cause politiche, come le persecuzioni e le conversioni forzate, cause naturali, si pensi a carestie ed epidemie, o cause demografiche. Jenkins infatti individua anche varie cause “endogene”.
Secondo la sua teoria, le religioni scompaiono nel momento in cui si isolano troppo e diventano radicalmente settarie, in altre parole quando perdono la loro ‘forza viva’. Diventano quindi incapaci di inculturarsi in alcune delle aree in cui si sono radicate.
Applicare logiche darwiniane di ‘adattamento’, non è compatibile con le reali ragioni storiche della loro distruzione, sottolinea lo studioso. In realtà, aggiunge, “né la fede, né la pietà, né la sapienza, né l’antica tradizione sono servite per mantenere in vita le chiese nella maggior parte delle loro terre d’origine”. Se si applicassero logiche di stile darwiniano, infatti, non si spiegherebbe la presenza delle ampie comunità di criptocristiani sopravvissuti per secoli a persecuzioni ed epurazioni, come nel Giappone nel XVII secolo o in Cina dopo la Rivoluzione Comunista del 1949. Oppure l’esempio delle chiese maronita e caldea in Libano e in Iraq, oggi in grande pericolo a causa della furia distruttiva dell’Isis, le quali, legandosi alla Chiesa cattolica di Roma, riuscirono a garantire la sopravvivenza delle loro comunità.
Ciò che emerge dal volume è che la storia perduta del cristianesimo non è solo studio di grande rilevanza ed attualità storica, ma al contempo si offre come uno strumento utile per comprendere ed affrontare il periodo di crisi che il cristianesimo sta attraversando nel mondo occidentale odierno. Apprendere le lezioni della storia, e di questa storia in particolare, significa comprendere che “per le chiese, come per le aziende, il fallimento spesso è il risultato di una mancanza di diversificazione, di un collegamento troppo rigido delle proprie fortune con un particolare insieme di circostanze, politiche o sociali”, scrive Jenkins.
Ancor più importante, evidenzia, è che “le chiese dovrebbero capire il concetto di transitorietà: il fatto che gli accordi e le alleanze politiche sono raramente duraturi, per quanto possano sembrare permanenti in un determinato momento”. Infine, le chiese – dice lo studioso – non dovrebbero mai raccogliere i loro i loro membri all’interno di un singolo gruppo etnico, di una razza o di una sola classe sociale, ma diversificarsi.
Solo in questo modo, chiosa Jenkins, “a condizione che continuino a esistere altrove, potrebbero benissimo tornare, un giorno, a ricolonizzare il vecchio spazio. E spesso, nel contesto umano, le memorie di quel precedente storico aiutano a plasmare il nuovo insediamento”. Un nuovo insediamento “le cui ramificazioni arrivano fino ad un nuovo ‘Medio Oriente’.
Dello stesso autore, sono disponibili in Italia: La terza chiesa (Fazi), I nuovi volti del cristianesimo (Vita e Pensiero) e, pubblicati da EMI, Il Dio dell’EuropaIl cristianesimo e l’islam in un continente che cambia e Chiesa globale, la nuova mappa.

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ZENIT Staff

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