Paolo Voltaggio

Paolo Voltaggio

Voltaggio: "In Campidoglio per promuovere la famiglia"

L’ex consigliere comunale si candida a sindaco di Roma promettendo sussidiarietà e politiche pro-famiglia. “Le unioni civili? Farei obiezione di coscienza”

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La campagna elettorale per le amministrative è ormai entrata nel vivo. Almeno a Roma, con l’arrivo della primavera, oltre alle consuete rondini, sono spuntati anche i primi manifesti per le strade.
Sebbene manchi ancora l’ufficialità, la scorsa settimana il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha indicato nel 5 giugno la data in cui si andrà al voto. A due mesi esatti, il quadro politico è tuttavia ancora molto confuso. Ai romani non più giovanissimi viene in mente un’analogia con le amministrative del 1989, l’ultima volta che si votò col proporzionale e senza l’elezione diretta del sindaco.
Oggi come allora, una miriade di candidati. Le proposte dunque non mancano, se non fosse che in questa babele i meno noti hanno difficoltà a farle conoscere agli elettori. ZENIT ha dato voce all’avv. Paolo Voltaggio, candidato sindaco a Roma per la Lista civica “Roma, Bene in Comune”. Già consigliere al Comune di Roma per l’Udc dal 2011 al 2013, è da sempre vicino all’associazionismo cattolico ed è presidente dell’associazione Identità Cristiana.
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Avv. Voltaggio, cosa l’ha spinta a candidarsi per il ruolo di sindaco di Roma? Quale bagaglio d’esperienza maturata come consigliere comunale porterà con sé?
Mi ha spinto a candidarmi a sindaco l’amore per le persone che vivono nella mia città e il desiderio di dare rappresentanza e riavvicinare alla politica i cittadini che da un lato la guardano con sempre maggior diffidenza e dall’altro le chiedono paradossalmente una risposta immediata alle proprie esigenze concrete. Roma è una città piena di vita, nella quale ogni singolo individuo ha molte positività che vanno coordinate e orientate verso il bene comune. La mia esperienza venticinquennale di avvocato e i tre anni trascorsi in Assemblea Capitolina costituiscono un’esperienza costruttiva, una palestra nella quale sono stato allenato ad “immischiarmi nella politica”, come simpaticamente ha detto Papa Francesco. Per amministrare Roma come sindaco o come consigliere non serve l’istinto, gli slogan o le ideologie ma la ragione, la competenza e l’onestà. Mentre molto spesso avanzano e vincono logiche di lobby, poteri forti, interessi economici e si dimentica totalmente il bene comune e la vita concreta dei cittadini.
Non teme che la presenza di tanti candidati al di fuori degli schieramenti principali possa confondere le idee dei romani e disperdere i voti?
Al contrario, credo che tanti candidati favoriscano la rappresentanza e la democrazia. Del resto se la maggior parte dei candidati sono stati designati dagli apparati dei partiti o a seguito di fratture e divisioni nei partiti tradizionali non vedo perché la società civile, l’associazionismo e i movimenti non possano esprimere diversi candidati. Casomai, se di divisione o dispersione si può parlare, questa è proprio all’interno degli schieramenti principali dove abbiamo più candidati sia per il centrodestra che per il centrosinistra. Peraltro è stata proprio l’esperienza passata e ciò che ho percepito in tante persone che ho incontrato a convincermi di intraprendere una strada completamente autonoma con la lista civica “Roma Bene In Comune”.
Ha avuto risonanza la candidatura di Mario Adinolfi per il neonato Popolo della Famiglia. Ha mai pensato, dal momento che condividete le istanze a favore della famiglia, di proporre all’ex deputato Pd di fare un fronte comune?
Il mio impegno politico e l’attività della Associazione Identità Cristiana hanno le loro origini nel 2007, ai tempi del primo Family Day. In questi anni abbiamo svolto una silenziosa attività di formazione sulla Dottrina Sociale della Chiesa e di promozione della famiglia tramite numerosi convegni e la partecipazione attiva al Forum delle Famiglie. In Campidoglio ho lavorato per la promozione della famiglia, proponendo in prima persona l’approvazione e applicazione del quoziente familiare e cercando di combattere la piaga del gioco d’azzardo, insieme a tante altre piccole e grandi battaglie. Ho partecipato alle manifestazioni di Piazza San Giovanni e del Circo Massimo. Condivido il merito ovvero la necessità di promuovere le istanze della famiglia ma non il metodo con il quale, pochi giorni dopo una manifestazione che ha coinvolto associazioni, movimenti, uomini e donne di tutta Italia, preparata da una campagna di sensibilizzazione di anni da parte di tanti, due persone di quella piazza abbiano deciso, senza consultare la base, di guidare da sole un Popolo, fondando un nuovo Partito.
Nel maggio scorso, a seguito di un’aggressione ai danni di un ragazzo “reo” di indossare una maglia inneggiante la famiglia, Lei parlò di “clima di intolleranza” verso chi manifesta pubblicamente determinati valori. Cosa può fare un sindaco per arginarlo?
Non creare barriere o contrapposizioni ideologiche. Pensare a ciò che alberga dentro l’anima di ogni cittadino, rispettandone le opinioni, senza agire dividendo  i cittadini tra quelli pro o contro le opinioni del sindaco. Questo è stato l’errore più grave di Ignazio Marino. La tenacia con la quale ha perseguito la creazione del registro delle unioni civili e la trascrizione dei matrimoni omosessuali contratti all’estero avevano determinato un antipatico “clima di intolleranza” nella città. Un clima  che a sua volta ha creato una logica di schieramenti contrapposti provocando rigidità e tensioni che  hanno inasprito gli animi su temi tanto delicati.
Durante l’amministrazione Marino, il Campidoglio ha proposto alcune iniziative scolastiche accusate di inculcare l’ideologia gender nelle scuole. Ha seguito la vicenda? Qual è la sua posizione?
Il contrasto all’ideologia gender e tutti gli incontri di sensibilizzazione per le famiglie e gli educatori hanno costituito un momento unitivo molto importante nel quale il popolo laico, cristiano e non laicista ha preso coscienza della grave ricaduta negativa di un proprio disimpegno e si è rimesso in movimento. L’ideologia gender non può e non deve entrare nelle scuole né in altri ambiti educativi o di sostegno sociale. L’amministrazione non può “passare sopra” la libertà educativa che va salvaguardata, soprattutto nelle scuole, anche educando i genitori ad impegnarsi attivamente nelle istituzioni scolastiche, a monitorare e vigilare sul rischio che altri si sostituiscano all’educazione dei figli che è loro compito primario. Direi di più, l’impegno attivo all’interno delle istituzioni scolastiche può essere per le famiglie uno stimolo ad occuparsi di politica in senso più ampio. La scuola e la famiglia non devono contrapporsi ma cooperare per il bene delle generazioni future.
La Camera potrebbe approvare definitivamente la legge sulle unioni civili. Da sindaco sceglierebbe di fare obiezione di coscienza davanti a due omosessuali desiderosi di iscriversi a questo nuovo istituto?
Ritengo l’obiezione di coscienza un vero e proprio diritto intoccabile. Del resto non si comprende perché un parlamentare possa essere libero di votare secondo coscienza e un sindaco non si possa comportare secondo la sua coscienza. Ovviamente l’obiezione di coscienza non può riguardare atti che sono di esclusiva competenza del sindaco, nel senso che non potrebbe arrivare al punto di negare la delega ad altri di fronte alla richiesta di celebrazione di una unione civile omosessuale, qualora consentita dalla legge. Credo che, dopo averne parlato con gli interessati e aver spiegato loro le motivazioni della mia obiezione, delegherei ad altri questo incarico.
Venendo alle proposte pro-famiglia. Quali misure sarebbero prioritarie nella sua agenda politica?
Il futuro di una città passa necessariamente attraverso la forza di ricostruzione di ogni famiglia. Queste le priorità: aiuti economici concreti per famiglie in difficoltà e giovani coppie; fiscalizzazione idonea e non aggressiva per le famiglie; infrastrutture a misura di bambini, anziani e diversamente abili; asili nido comunali a portata di famiglia numerosa; aiutare gli istituti di accoglienza, per anziani e indigenti; incentivare l’acquisto casa mediante agevolazioni bancarie per le giovani coppie; analizzare le criticità rispetto alle coppie che intendono sposarsi; tutelare realmente il lavoro delle giovani madri attraverso opere pubbliche/private accessibili; massima attenzione ai problemi della disabilità delegando alle famiglie le scelte per l’assistenza, anche attraverso il finanziamento diretto per l’accesso ai servizi; gli anziani come risorsa per la città.
Cosa pensa della scelta di dare gli asili nido in concessione ai privati?
Le rette degli asili nido aumentano sempre più e le famiglie romane non ce la fanno più a sostenerle, soprattutto quelle numerose. La proposta del commissario Tronca di cedere allo Stato alcune scuole dell’infanzia e la concessione a terzi dei nidi non mi vede contrario, ma se la motivazione è la scarsità delle risorse allora credo che si debba risparmiare altrove. La scuola e l’infanzia non sono voci di bilancio nelle quali risparmiare. L’offerta educativa e scolastica per i più piccoli devono restare, in linea di massima pubbliche, prevedendo, secondo il principio della sussidiarietà, la possibilità di far gestire a terzi gli asili nido in accordo però con precise linee guida che garantiscano standard adeguati.
Crede che per attuare una politica pro-famiglia sia indispensabile incrementare il principio di sussidiarietà?
Sicuramente il principio di sussidiarietà deve diventare uno strumento di maggiore incisività delle politiche familiari per combattere l’inefficienza, lo spreco, l’assistenzialismo sviluppando l’idea che le famiglie e le associazioni sono portatrici di positività che vanno valorizzate. La sussidiarietà applicata alle politiche familiari è l’esatto contrario dell’ assistenzialismo, che prevede interventi che hanno soltanto l’effetto di depotenziare l’attivazione delle risorse autonome delle famiglie e delle associazioni e di non riconoscerne le loro capacità originaria.
Come sviluppare la sussidiarietà a Roma?
A Roma esistono in favore della famiglia tante solidarietà associative autonome. Andranno sviluppate e messe in rete responsabilizzando tutti i soggetti  capaci di intervenire nella soluzione dei problemi. Le famiglie e le associazioni familiari possono avere un ruolo determinante per progetti di asili nido, assistenza ai portatori di handicap e agli anziani, per la soluzione del problema del “dopo di noi” ed essere uno strumento di risparmio, di migliore utilizzo delle risorse per un servizio più produttivo e mirato.

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Federico Cenci

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