El Cura Brochero

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El Cura Brochero: la semplicità di una vita sul dorso di un mulo

Il sacerdote argentino, che sarà canonizzato il 16 ottobre 2016, pur vivendo alla periferia del mondo ha portato Cristo al centro della vita di tanta gente dimenticata dagli uomini

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La Misericordia di Dio non è fatta solo di parole ma di una vita incarnata al servizio del povero, del debole, del malato e dell’emarginato nel quale vive il Cristo risorto. Una vita come quella del Cura Brochero, grande sacerdote argentino che ha saputo coniugare la fedeltà alla dottrina cristiana con l’impegno pastorale verso gli ultimi e i dimenticati della società e che verrà canonizzato domenica 16 ottobre 2016.  In vista del grande evento ripercorriamo alcune tappe della sua straordinaria vita.
José Gabriel del Rosario Brochero  nacque a Santa Rosa de Río Primero (Córdoba, Argentina) il 16 marzo 1840, da papà Ignacio Brochero e mamma Petrona Dávila, genitori di altri 9 figli, tra cui due sorelle che abbracciarono la vita religiosa nell’ordine delle Figlie di Maria Santissima dell’Orto.
All’età di 16 anni, dopo un percorso di discernimento vocazionale, decise di entrare nel Seminario di ‘Nuestra Señora de Loreto’. Il 4 novembre 1866, fu ordinato sacerdote dal vescovo José Vicente Ramírez de Arellano. Da questo momento José Gabriel fu impegnato su tre fronti, come collaboratore pastorale presso la Cattedrale di Córdoba, prefetto agli studi del Seminario Maggiore (dove ottenne anche il titolo di maestro in filosofia presso l’Università di Córdoba) e servitore instancabile durante l’epidemia di colera che afflisse la città di Cordoba nel 1867. Una piaga che provocò numerose vittime tra la popolazione.
Nel 1869 fu destinato alla cura delle anime nella parrocchia di San Alberto, che distava da Cordoba tre giorni di viaggio che egli percorse a dorso di mulo. Era questa un regione popolata dai gauchos e dai contadini, con una vasto territorio di appartenenza, isolata dagli altri paesi a causa di vie di comunicazione molto impervie. La prima preoccupazione del Cura Brochero fu quella di avvicinare gli uomini a Dio, portando i suoi fedeli a Cordoba per gli esercizi spirituali, durante i quali iniziavano ad avvenire principi di conversione a Dio e di cambiamento nella vita personale.
Egli decise di ripetere l’esperienza degli esercizi spirituali nella sua cittadina per permettere ad un gruppo sempre maggiore di persone di partecipare. Con l’aiuto economico e materiale dei fedeli nacque a Villa Transito (che successivamente fu chiamata Villa Brochero) una Casa per gli esercizi spirituali, a cui seguì la costruzione di una scuola per favorire l’istruzione delle bambine.
Il suo amore a Dio spingeva il sacerdote a colloquiare con le autorità civili e politiche per incentivare la realizzazione di opere sociali, come la costruzione di strade praticabili,  la realizzazione di uffici postali e di scuole. Malgrado questo impegno per il bene comune dei suoi concittadini, il suo primato è stato sempre lo zelo pastorale per le anime, attraverso l’annunzio del Vangelo e la celebrazione dell’Eucarestia, anche a costo di affrontare condizioni climatiche avverse.
La sua preoccupazione costante era di portare i sacramenti agli ammalati, recandosi sempre in sella del suo mulo per raggiungere i villaggi più isolati. Il suo apostolato durò ininterrotamente per 30 anni, sino al 1898, quando le sue condizioni di salute peggiorarono e lo costrinsero ad accettare dal vescovo l’incarico di canonico nella cattedrale di Cordoba. Nel 1902 venne nominato nuovamente parroco a Villa Transito, continuando a compiere le sue visite missionarie, ricordandosi sempre degli ultimi.
Per avere condiviso il mate, la tipica bevenda argentina, con un malato di lebbra, anch’egli contrasse il morbo. Divenuto sordo e cieco quasi totalmente, nel 1908 rinunziò formalmente all’incarico nella sua parrocchia, e decise di tornare a vivere a Santa Rosa de Rio Primero a Cordoba con le sorelle. Dopo poco tempo, nel 1912, i parrocchiani di Villa Transito vollero che ritornasse con loro come segno proprio del grande affetto che nutrivano verso di lui e anche per ottenere il suo sostegno nel completamento dell’opera che aveva lasciato in sospeso, ovvero la realizzazione di una linea ferroviaria.
Il 26 gennaio del 1914, il Cura Brochero tornò alla casa del Padre. La beatificazione avvenne il 14 settembre del 2013, durante il pontificato di Papa Francesco.
Quale testimonianza di misericordia ci lascia nella vita della Chiesa e del suo popolo?
Il Cura Brochero era sempre sollecito visitare i malati, perché consapevole che l’infermità del corpo costituisce una tentazione della fede dell’anima. La sua inquietudine per la sorte dei malati lo portava a dire: è meglio che vado a visitare quella persona malata “altrimenti il diavolo mi ruba un’anima”. Questa affermazione manifesta il senso della speranza cristiana che non si preoccupa solo di alleviare gli ultimi tempi della vita terrena, ma ha l’intenzione di suscitare e custodire il cammino di ricerca dell’uomo verso la promessa della visione beatifica di Dio.
Le parole pronunziate dal sacerdote poco prima di morire, “Ora ho tutto per il viaggio” , esprimono il senso della speranza cristiana che sempre guarda avanti con la fiducia di vivere un nuovo inizio, sapendo che il cammino della vita non viene interrotto ma trasformato dal rimanere per sempre con Dio nella comunione con tutti i santi.
Le parole che amava ripetere erano, “Abbandonati da tutti, ma non da Dio”, sono una testimonianza luminosa per non cadere nella mormorazione e nella rassegnazione quando le istituzioni si dimenticano di offrire ai loro cittadini scuole per l’istruzione o mezzi di comunicazione adatti a raggiungere le estreme periferie.
Inoltre, il Cura Brochero è stato il precursore della semplicità del linguaggio per far comprendere a tutti il messaggio cristiano. Gesù parlava alla gente comune con parabole per essere capito da tutti. Troppo tempo nella Chiesa si è usato un linguaggio arcaico e lontano dalla vita del popolo di Dio. Il Cura Brochero amava utilizzare espressioni molto semplici e dirette, tanto da essere criticato da una parte del clero; invece, il popolo di Dio ha sempre apprezzato l’immediatezza e la schiettezza del suo linguaggio, sempre rispettoso e semplice.
Giovanni Paolo II definì il Cura Brochero come ‘il Curato d’Ars dell’Argentina’ per attribuire il giusto riconoscimento a questo uomo di Dio, il quale pur vivendo alla periferia del mondo ha portato Cristo al centro della vita di molte persone dimenticate dagli uomini ma ricordate da Dio con un amore eterno.

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Osvaldo Rinaldi

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