Il “Miserere” è un’invocazione divina piuttosto nota. Non tutti, però, ne conoscono l’origine, peraltro facilmente individuabile sfogliando la Bibbia, per la precisione il Salmo 51, “una preghiera penitenziale in cui la richiesta di perdono è preceduta dalla confessione della colpa e in cui l’orante, lasciandosi purificare dall’amore del Signore, diventa una nuova creatura, capace di obbedienza, di fermezza di spirito, e di lode sincera”.
Con queste parole, papa Francesco ha introdotto la catechesi dell’Udienza Generale di oggi, l’ultima del ciclo riguardante la misericordia nell’Antico Testamento.
Il Salmo 51, ha ricordato il Santo Padre, fa riferimento alla caduta nel peccato di Re Davide, che dopo aver commesso adulterio con Betsabea, ne fa uccidere il marito. “Miserere” è quindi il grido del profeta, smascherato da Natan. Davide invoca il perdono a Dio e, in questo, ha riconosciuto il Pontefice, si dimostra “umile” e “grande”.
“Chi prega con questo Salmo – ha spiegato il Papa – è invitato ad avere gli stessi sentimenti di pentimento e di fiducia in Dio che ha avuto Davide quando si è ravveduto e, pur essendo re, si è umiliato senza avere timore di confessare la colpa e mostrare la propria miseria al Signore”. Davide, quindi, si pente, nella “certezza” della Misericordia di Dio, pur essendosi macchiato di due colpe gravissime: l’“adulterio” e l’“assassinio”.
Il Salmista leva dunque lo sguardo a Dio, perché Egli, “mosso da un amore grande come quello di un padre o di una madre”, risponda con “pietà”, “benevolenza” e “comprensione”, purifichi “dal male e dalle sue conseguenze di morte”.
Ogniqualvolta l’uomo cada nel peccato, dovrà sempre “confidare nella misericordia di Dio”, il quale “è più grande di tutti i peccati che noi possiamo fare e il suo amore è un oceano in cui possiamo immergerci senza paura di essere sopraffatti”, ha sottolineato Francesco, facendo poi ripetere due volte alla folla dei fedeli giunti a San Pietro: “Dio è più grande del nostro peccato!”.
Inoltre, ha aggiunto, “il perdono divino è sommamente efficace”, perché “non nasconde il peccato, ma lo distrugge e lo cancella”, rendendo il penitente nuovamente “puro”, eliminando in lui ogni “macchia”, facendolo “più bianco della neve incontaminata”.
Il perdono di Dio trasforma tutti i peccatori in “creature nuove, ricolmate dallo spirito e piene di gioia”, le quali, una volta accolta la grazia divina, potranno “persino insegnare agli altri a non peccare più”.
È come quando un bambino cade ed “alza la mano verso la mamma, il papà, perché lo alzi”: allo stesso modo, Dio ci restituisce la “dignità”, rimettendoci in piedi, perché “Lui ha creato l’uomo e la donna per essere in piedi”.
Il perdono non è solo “il segno più grande” della misericordia di Dio ma è anche “un dono che ogni peccatore perdonato è chiamato a condividere con ogni fratello e sorella che incontra”, siano essi “i familiari, gli amici, i colleghi, i parrocchiani”, ha detto il Papa, concludendo poi con un appello accorato: “È bello essere perdonati ma per essere perdonati bisogna prima perdonare!”.
“È bello essere perdonati ma prima dobbiamo perdonare noi!”
All’Udienza Generale, papa Francesco chiude il ciclo di catechesi dedicata alla misericordia nell’Antico Testamento