Un grande successo l’incontro di ieri pomeriggio, a Roma, dal titolo A Causa mia. La Colletta del Venerdì Santo e il grido dei fratelli del Medio Oriente, organizzato dalla “Fondazione Terra Santa”. Ospiti dell’appuntamento erano il cardinale Leonardo Sandri, prefetto per la Congregazione delle Chiese orientali, e padre Jacques Murad, priore del monastero di Mar Elian, a Qaryatayn, in Siria, rapito dallo Stato islamico lo scorso 21 maggio e liberato il 12 ottobre, dopo cinque mesi di prigionia. Presente alla serata, moderata dal giornalista di Panorama Ignazio Ingrao, anche Cristina Uguccioni, autrice del libro Ma non vincerà la Notte. Lettere ai cristiani perseguitati.
Nel suo intervento durante l’incontro il cardinale Leonardo Sandri ha commentato la risoluzione del Congresso Usa nella quale si definiscono genocidio le atrocità commesse dall’Isis contro i gruppi cristiani in Siria. “È il segno, forse, di una presa di coscienza della comunità internazionale”, ha osservato, “ciò che sta accadendo si può comparare a un genocidio. La comunità internazionale deve agire in proposito. A tale riguardo grande è il lavoro della diplomazia vaticana, a tutti i livelli, per offrire spunti di soluzione negoziata”.
Il porporato ha parlato anche dei negoziati indiretti tra regime siriano di Bashar al Assad e opposizione, grazie alla mediazione delle Nazioni Unite, riunite a Ginevra. “Non possiamo fare previsioni. Sono anni, ormai, che se ne fanno e si resta sempre a bocca asciutta. Speriamo che la buona volontà di coloro che partecipano ai colloqui di Ginevra sia tale da arrivare, anche cedendo posizioni, a un accordo giusto e equilibrato che porti la pace in Siria”.
Sottolineando l’importanza della tregua in atto, il cardinale ha auspicato che essa “sia foriera di un accordo per la pace sentito da tutti e che spinga chi è fuggito dalla propria casa e dalla propria terra a tornare”. Tuttavia, ha aggiunto, “senza l’aiuto della Comunità internazionale sarà obiettivamente difficile raggiungere questo risultato”.
Un cenno da parte del prefetto delle Chiese Orientali anche alla questione dell’accoglienza di profughi e rifugiati, alla luce del recente accordo tra Ue e Turchia. Per Sandri, “bisogna ammirare tutte quelle iniziative che possono garantire accoglienza ai rifugiati e ai profughi che arrivano da Paesi in conflitto. Stiamo assistendo ad un esodo impressionante di persone di tutte le fedi. A loro va garantito anche il diritto al ritorno. Io sogno una Siria nuova, ricostruita dopo la guerra con l’appoggio internazionale e con la presenza anche dei cristiani che vivono in fraternità e pace con i musulmani”.
Infine il porporato – che già aveva inviato a tutti i vescovi una lettera per ricordare come la Colletta del Venerdì Santo fosse un dovere “antico” – ha lanciato un appello per aiutare, attraverso l’ iniziativa, i cristiani e i luoghi di culto della Terra Santa. “Non vogliamo una Terra Santa trasformata in un museo pieno di resti archeologici, ma una Terra ricca di pietre vive che continuano a testimoniare la fede in Gesù Cristo – ha affermato -. Non vogliamo un Medio Oriente di pietre morte ma di pietre vive. Un Medio Oriente senza cristiani non sarebbe più lo stesso: il cristianesimo è un fattore di equilibrio e di pace per tutta la regione”.

Da parte sua padre Murad ha affrontato la questione “della necessità di dialogare con l’islam”. “Non c’è altra strada che quella del dialogo percorribile per salvare la Siria”, ha affermato il religioso. E ha aggiunto: “Non sono un politico  ma ogni Paese che interviene in questa guerra complica soltanto la situazione”.  “Si deve decidere di fermare la guerra”, ha ribadito il priore di Mar Elina, perché “la guerra non è mai la soluzione per arrivare alla pace, e questo non soltanto per la Siria”. “Siamo tutti figli di Dio. Dio ci ha donato la grazia della parola e con la parola è possibile dialogare con tutti e si può dialogare anche con i terroristi. Anche tra i terroristi ci sono buone persone”. Ricordando i drammatici momenti della sua prigionia, padre Murad ha anche spiegato che “tra i cristiani di Qaryatayn ci sono persone che hanno difficoltà a pensare di andare via. Preferiscono morire nella loro terra. E ci sono cristiani che pensano che sia possibile vivere anche sotto l’Isis”.