His Holiness Bartholomew I

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Quaresima. Bartolomeo: "Abbinare digiuno a opere di solidarietà per i profughi"

Nel suo messaggio per la Quaresima ortodossa indica il modo per vivere lo spirito di penitenza e di conversione in preparazione alla Pasqua

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Prestare soccorso ai profughi che scappano dalla guerra e a quanti si trovano in forti difficoltà materiali a causa della crisi economica. Secondo il patriarca ecumenico, Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, è questo il modo per vivere lo spirito di penitenza e di conversione in preparazione alla Pasqua.
Lo afferma nel messaggio per la santa e grande Quaresima ortodossa. Le Chiese che seguono il calendario giuliano – ricorda L’Osservatore Romano – celebrano infatti il 20 marzo la “domenica dell’ortodossia”, prima delle domeniche che accompagnano i fedeli fino alla Pasqua che quest’anno cade il 1° maggio.
Nel suo messaggio, Bartolomeo si sofferma sul significato del tradizionale digiuno quaresimale. “Attraverso la conversione e le lacrime di purificazione — scrive — rivestiamo di nuovo la bellezza primordiale e la veste tessuta da Dio, che abbiamo perduto con la caduta, avendo indossato ‘la veste della vergogna, così come le foglie di fico’”.
Tuttavia, aggiunge, “non si deve dimenticare il vero spirito del digiuno e della continenza, che le rende gradite al Signore, come insegna il fratello del Signore, l’apostolo Giacomo, che dice: ‘Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nella loro afflizione e conservarsi puri dal mondo’ (1, 27)”.
In particolare il patriarca invita a non trascurare le emergenze del tempo presente: “Oggi – afferma – la crisi economica, i profughi e le molteplici difficoltà che universalmente si presentano, specialmente per alcuni popoli e Paesi, offrono a noi ortodossi la possibilità di coltivare l’autentico spirito del digiuno, abbinando l’astinenza dai cibi a opere filantropiche e di solidarietà verso quei nostri fratelli che hanno un bisogno immediato, che soffrono, i bisognosi e gli indigenti, i senzatetto e i profughi, quelli che non hanno ‘dove poggiare il capo’ (Matteo, 8, 20), coloro i quali sono obbligati dalle dure circostanze della guerra, delle tentazioni e delle afflizioni ad abbandonare i focolari domestici e a spostarsi in mezzo a pericoli, afflizioni e fatiche”.

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ZENIT Staff

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