Parto da Verona per portare, con la macchina, alcuni pacchi in un convento del Friuli.
Non so la via e non conosco nessuno di quel convento, ma mi basta obbedire alla voce del tom tom per sentirmi assicurare: sei arrivato al numero 33, al convento desiderato.
Scendo dalla macchina e suono il campanello, esattamente al numero 33.
“Chi è?”
“Sono padre Andrea.”
“Desidera?”
“Entrare in convento.”
“Ma questa casa non è un convento, siamo una famiglia.”
Vista la mia incredulità e insistenza a voler entrare, mi aprono la porta: “Questa casa, da alcuni giorni, non è più convento. Ci vive una famiglia di sei persone, marito e moglie con quattro figli.
I frati, che prima abitavano qui, hanno trovato nel nostro appartamento un alloggio con metratura adeguata alle loro esigenze. Hanno elevato la nostra casa a dignità di convento”.
“Questo non è più convento, ma è una famiglia”, rimuginavo.
Mentre assolvevo al compito del mio viaggio, mi sono divertito a pensare che l’abitazione dei frati ora è una famiglia e l’abitazione della famiglia è diventata un convento.
Tutto mi lascia pensare che la complementarietà dei carismi si evidenzia quando il calore della famiglia riscalda e rende affettuosi i rapporti tra i frati; come è pure vero che l’amore reciproco del convento può rincuorare l’amore della famiglia.
Ma concluderei che quando busso con amore alla porta di ogni fratello, vi trovo il paradiso; vi abitano le tre divine Persone. E’ la famiglia del cielo che dà vita ad ogni famiglia e ad ogni convento.
Ciao da p. Andrea
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La famiglia del cielo
Quando busso con amore alla porta di ogni fratello, vi trovo il paradiso: vi abitano le tre divine Persone