A Trento, nella Sala delle Udienze del Castello del Buonconsiglio, sono raffigurati, in affresco ad opera di Girolamo Romanino (1485-1560) assieme agli imperatori romani, i cinquecenteschi Imperatori Carlo V e Ferdinando I, nonché il Vescovo-Principe Bernardo Clesio ed il Cancelliere di questi, Antonio de Ziliis di Quetta.
Il Vescovo Principe ed il suo laico Cancelliere operarono attivamente per la preparazione del Concilio di Trento “da cui venne alla Santa Chiesa tanto beneficio, anche per le età successive” (S. Giovanni XXIII, discorso 23 dicembre 1962). È noto, infatti, che il Concilio ha rappresentato una svolta fondamentale nel cammino della Chiesa, provocata solo in parte dalla dirompente cesura politica e religiosa originata dal movimento protestante. Meno noto è forse il contributo prestato dall’abile e discreto Cancelliere che si rivelò fondamentale per orientare le fasi preliminari e poi lo svolgimento dell’Assise tridentina.
Antonio de Ziliis, di cui quest’anno si commemorano i 460 anni dalla morte, nacque dal notaio Pietro, attorno al 1480, a Quetta, località della Val di Non, da cui il futuro Cancelliere trarrà il cognome. La famiglia – che continuò ad usare il vecchio appellativo de Ziliis, poi italianizzato in Zilia – fu per lungo tempo legata ai vescovi-principi di Trento e fu decorata della nobiltà trentina da parte del vescovo Giovanni von Hinderbach il 24 gennaio 1483.
Antonio intraprese i primi studi a Trento, dimorando nel Palazzo familiare, affrescato con i gigli del blasone, tuttora esistente nella centralissima via Balenzani. In seguito, si trasferì a Padova dove conseguì, nella locale università, il titolo dottorale in “utroque iure” e, nel 1506, ottenne l’incarico accademico di lettore delle Istituzioni. Ivi, fu nominato consigliere della nazione germanica.
Successivamente fece ritorno a Trento dove, disbrigando spesso affari per conto di istituzioni e privati cittadini, dimostrò notevole ingegno e capacità diplomatiche tanto che nel 1510 fu nominato Cancelliere e Luogotenente del Vescovado dal Vescovo-Principe Giorgio di Neydeck, carica che mantenne con i successori di questo, Bernardo Clesio – già conosciuto durante gli studi giovanili – e Cristoforo Madruzzo.
L’elezione di Bernardo Clesio – ad opera del Capitolo della cattedrale – fu impugnata dal decano del Capitolo, il Canonico Jacopo Banisio, avanti ai tribunali romani: l’eletto affidò la sua difesa, avanti al tribunale apostolico proprio ad Antonio de Ziliis Quetta che risolse brillantemente la questione ottenendo la conferma della nomina di Bernardo Clesio da parte di Papa Leone X.
Il successo riscosso a Roma mise in mostra le qualità sia di giurista che di diplomatico di Antonio e gli valse l’ ammirazione dei contemporanei tanto che negli anni successivi, all’epoca dei conflitti tra l’ Impero e il Regno di Francia – alleato della Repubblica di Venezia – gli furono conferiti dall’Imperatore delicati incarichi di ambasceria, presso la Serenissima ed il ducato di Milano.
Antonio Quetta fu consulente giuridico del Vescovo Bernardo Clesio ed estensore sia delle norme contro i contratti usurari, sia dello Statuto Trentino del 1528, promulgato dal medesimo Vescovo e rimasto in vigore fino al 1815. Scrisse anche il volume Centum consilia circa ius publicum et privatum, pubblicato nel 1601 dal nipote Francesco, nonchè il Consilium matrimoniale, controversia giudiziaria matrimoniale tra due cittadini nobili di Lovanio del 1530.
L’abilità e la sensibilità dimostrate nel ruolo istituzionale di Cancelliere di Bernardo Clesio durante anni assai difficili – tormentati dalle locali rivolte religiose e sociali e dai complessi rapporti di vicinato tra potenti – gli valsero la stima e l’apprezzamento oltre che da parte dei vescovi anche dell’imperatore Ferdinando I, che lo volle come suo rappresentante al Concilio di Trento.
Fu proprio in questo incarico che Antonio Quetta dispiegò tutta la sua abilità diplomatica e profuse la propria capacità strategica: dal 1514 egli sostenne – ufficialmente, solo per singoli affari, ma in concreto in via continuativa – un fecondo percorso di conciliazione tra l’Impero e la Chiesa verso un ordine equilibrato, in pieno e continuativo sostegno dell’importante lavoro, anche spirituale, svolto a Trento da Bernardo Clesio, già promotore di importanti riforme che precorsero alcune definizioni conciliari.
Difatti le Costituzioni promulgate dal vescovo Neydeck furono riprese e rinnovate da Bernardo Clesio, suo successore, puntando a fortificare la fede nella vita quotidiana del clero e dei fedeli. Con la premessa che il dovere dell’autorità ecclesiastica, ricevuto da Nostro Signore, è di sanare ciò che il peccato intacca, vengono raccomandate e definite le preghiere della tradizione Pater, Ave e Credo e i Comandamenti, formulati in lingua volgare per favorire la preghiera personale.
Si riscopre l’importanza della liturgia facendone emergere il valore spirituale più profondo. Tutto ciò si manifesta anche nel Sacramento della Riconciliazione per cui sono raccomandate delicatezza e sensibilità. Altro tema fondamentale che sarà poi definizione conciliare è la residenzialità del clero pena la perdita dei benefici e la prassi delle visite pastorali per garantire l’attenta presenza del Vescovo nella Diocesi.
Alcuni aspetti squisitamente giuridici completano questo ciclo di riforme: quelli sui beni ecclesiastici e sui loro benefici, sulle bolle, lettere, inventari, decime, testamenti e scomuniche, oltre che incantesimi, incesti di primo e secondo grado, uccisione di fanciulli, violazione di voti solenni e atti violenti sui chierici.
Tanti buoni propositi rischiavano di essere però vanificati a causa di numerose dispute sia di carattere teologico che di carattere temporale. Fu su questi aspetti che, specialmente durante le prime fasi conciliari, nella duplice veste di Cancelliere vescovile e di Rappresentante imperiale, Antonio de Ziliis individuando e sfruttando alternativamente i punti di forza e di debolezza di entrambe le parti e riuscendo a superare contrasti che sembravano insormontabili permise un più fluido procedere del Concilio: ne è esempio, tra vari, la stesura del parere Serenissimus Rex Romanorum et Rex Francorum, uter alterum praecedat con cui riuscì a superare un intricato garbuglio diplomatico (sorto, nell’agosto 1545, circa l’ordine di precedenza tra i rappresentanti dell’Impero e del Re di Francia) idoneo a compromettere la prosecuzione dell’Assise Conciliare.
Antonio Quetta, che ricevette il titolo comitale da parte di Ferdinando I nel 1537, morì nel 1556 e riposa nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Trento. Grande figura di giurista e di uomo di stato ci ha tramandato l’amore per la Chiesa ed il rispetto per le istituzioni civili contribuendo alla Storia, quella con la “S” maiuscola, che gli uomini costruiscono e che cammina sulle loro gambe, coi loro errori e coi loro meriti.
Essa è un qualcosa di vivo nel presente, che continua ad essere alimentato dalla memoria di quanti, anche e soprattutto con discrezione, ne hanno segnato le sorti, e che dovrebbe offrire alle generazioni future le chiavi di lettura delle vite che vivono. Il ricordo diventa un atto di giustizia, un tributo di gratitudine.
Antonio de Ziliis di Quetta - © Castello del Buonconsiglio, Trento
Antonio de Zillis di Quetta: un laico al Concilio di Trento
Storia del giurista e uomo di Stato che oratore cesareo nella prima fase del Concilio di Trento