La Voce dell’anima

Andrea Bocelli si racconta

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Alla vigilia del suo viaggio in Polonia per un concerto a Danzica, il Maestro Bocelli mi ha concesso un’intervista in cui ha parlato della sua infanzia, della carriera, della musica, della fede, dei rapporti con i Papi, soprattutto con Giovanni Paolo II.
Oggi è il più famoso cantante Italiano nel mondo, la sua voce incanta tutti, come dimostra il fatto che ha venduto più di 110 milioni di dischi. Ma non doveva essere nato – i medici avevano consigliato a sua madre di abortire, perché c’era il rischio che il bambino sarebbe nato con problemi.
La signora Edi non ha ascoltato i medici e ha continuato la sua gravidanza difficile. E grazie alla coraggiosa decisione di quella donna il 22 settembre 1958 è venuto al mondo Andrea.
E’ nato con il glaucoma congenito, che l’ha reso quasi cieco – all’età di 12 anni ha perso la vista completamente dopo un colpo alla testa mentre giocava a palla.
Ha perso la vista, ma non ha perso la sua bellissima voce e dopo anni di duro lavoro quel giovane toscano è diventato uno dei più famosi cantanti del mondo.
Oggi Andrea Bocelli gira in tutto il mondo con concerti seguiti da folle di fan, ma quando può, torna a Lajatico, suo paesino natale in Toscana, che ama tanto. Qui ha la casa dove vive con la sua famiglia, qui si prepara per ogni tour di concerti.
Lei è nato a Lajatico, in Valdera. Che cosa significava per Lei crescere, da ragazzo, tra i campi e gli ulivi di quella bellissima terra che è la Toscana e come mai, diventato “uomo del mondo”, torna sempre qui, dove ha la sua casa di famiglia?
Nel cuore della Toscana e da una cultura prettamente contadina, ho imparato la gerarchia di quei valori che hanno impostato la mia vita e che in qualche modo, verosimilmente, trasmetto quando canto. Mi lega a Lajatico e alla Valdera un sentimento profondo. Più il lavoro mi porta lontano, più nutro il desiderio di raggiungere la mia campagna, per trovare pace e ricaricarmi. Peraltro in questo angolo di Toscana ho ancora tanti amici e tanti parenti, tra i quali mia madre. Ecco perché ci torno, ogni volta che gli impegni professionali me lo concedono.
Lei una volta ha svelato che rischiava di non nascere: quando sua madre era incinta di Lei i medici le consigliarono di abortire, visto che il bambino portato in grembo, poteva nascere con delle disabilità. Ma sua mamma Edi disse di no e così è nato Lei. Che cosa questa sua storia dovrebbe dire al mondo?
Se ho ritenuto di rendere pubblica tale memoria, l’ho fatto per offrire il mio piccolo contributo, nella volontà di dare un sostegno psicologico e una scintilla di speranza, in favore di tutte quelle donne che, per mille motivi, si trovano a non avere la forza di difendere la vita che portano in grembo.
Come ha scoperto di avere una voce straordinaria e in che modo è arrivato a diventare uno dei più famosi cantanti del mondo?
Il talento di una voce gradevole e riconoscibile mi è sempre stato riconosciuto. Un vero apprendistato vocale l’ho affrontato seriamente solo in età adulta, avvantaggiato da due incontri che sono risultati decisivi, prima con il Maestro Luciano Bettarini, poi con il grande Franco Corelli. Ho raggiunto la notorietà dopo tanta gavetta e tante porte che si sono chiuse davanti a me. Ho perseguito il mio progetto di vita con tanto studio e abnegazione, imponendomi una ferrea disciplina e cercando di prendere buone abitudini. Alla fine, mi è andata bene. Mi auguro che la mia storia, ogni volta che viene raccontata attraverso i media, possa essere di qualche aiuto, proprio per il messaggio che esprime. E cioè che non esiste sogno impossibile: l’essenziale è crederci, è perseguirlo con onestà, serietà, umiltà.
Il mondo di oggi è sempre più secolarizzato, ma Lei canta – con grande interesse del pubblico – la musica sacra. Come spiega questo fenomeno? L’uomo ha sempre bisogno del sacro?
Come si potrebbe prescinderne? Senza, l’esistenza sarebbe vuota, di più, sarebbe motivo di disperazione, sarebbe una tragedia annunciata. Interpretare il repertorio sacro per me è una forma di preghiera. La musica è voce dell’anima, si muove su percorsi che penetrano nelle sfere più intime della nostra psiche, senza risultare alterata da condizionamenti… Potenzialmente la musica può essere un’esperienza mistica.
Da qualche secolo nell’Occidente si vuole separare la ragione dalla fede. Anche peggio, si ritiene che la fede non sarebbe conciliabile con la ragione. Invece la sua fede da dove nasce?  
La mia fede nasce in età adulta, quando alcuni interrogativi esistenziali sono diventati impellenti. Mi sono reso conto che, alla base di ogni nostra scelta, si è di fronte ad un crocevia che porta verso opposte direzioni (l’una va verso il bene, l’altra verso il male). Concepire una vita nella convinzione che sia il caso a sovrintenderla, è poco conveniente ma anche poco logico, poco assennato. È, questo, un ragionamento elementare che consente di imboccare la strada giusta, al primo, fondamentale bivio: credere o non credere. Ho scelto la via che mi sembrava più logica, quella che la mia intelligenza, per quanto limitata, individuava come percorso senza alternative. La fede è davvero un dono inestimabile, che ho cercato di custodire ed incrementare, e che mi sostiene, giorno dopo giorno. Non ritengo affatto sia in contrasto con la ragione.
Lei da artista e da credente è molto legato alla figura della Madonna. Come mai questa predilezione verso Maria?
Maria è il percorso obbligatorio per arrivare al Padre, è nostra Madre celeste, consolatrice e mediatrice. Non è un caso, se la musica l’ha saputa cantare, pregare ed evocare, nei secoli, attraverso pagine straordinarie…
 
Lei nella sua lunga carriera ha cantato davanti a milioni di spettatori (senza parlare di più di 80 milioni di dischi venduti) tra cui quattro presidenti americani ed anche tre Papi. Da polacco, vorrei chiederLe che ricordi ha di Giovanni Paolo II?
Giovanni Paolo II è uno spirito superiore che – per noi credenti – ha rappresentato già in vita, poiché Pontefice, il collegamento più fulgido tra l’esistenza terrena e il trascendente. Illuminato da una grazia superiore, è una figura carismatica, un Santo che ha saputo parlare alla gente con semplicità, avvicinando le nuove generazioni al cattolicesimo, un papa che ha cambiato la storia, propulsore e protagonista di mutamenti epocali, anche a livello geopolitico.  Ho avuto più volte l’onore e la gioia di poter cantare di fronte a lui. Conservo gelosamente il ricordo di quei momenti. La sua canonizzazione è stata per me una grande gioia e una potente emozione.
Papa Benedetto XVI, che ha succeduto a Giovanni Paolo II, è un grande cultore e conoscitore della musica. Una volta ha detto che la vera musica scaturisce dall’esperienza dell’amore, della tristezza e dall’incontro con il divino. Concorda con questa constatazione del Papa emerito?
Mi sembra una bellissima riflessione, acuta, raffinata e sensibile come è colui che l’ha proferita.
C’è qualche cosa che accomuna Lei e Papa Francesco: la sensibilità verso i poveri e meno fortunati. Lei ha costituito una fondazione che porta il suo nome. Di che cosa si occupa precisamente la Fondazione Andrea Bocelli? 
La missione di ABF si può sintetizzare nell’aiuto alle comunità e alle persone in difficoltà a causa di malattie, condizioni di povertà e emarginazione sociale promuovendo e sostenendo progetti nazionali e internazionali che favoriscano il superamento di tali barriere e la piena espressione del proprio potenziale. Il bilancio di questi primi quattro anni è molto positivo. Qualche numero: la trasformazione di tre scuole di strada in strutture scolastiche funzionali e sicure, 1.600 bambini accolti quotidianamente con istruzione gratuita e pasti nelle tre scuole di St. Augustin, Notre Dame du Rosaire e St. Philomene (Haiti); oltre 20 milioni di litri di acqua distribuiti nello slum di Citè Soleil (Haiti); trecentosedici famiglie assistite con beni di prima necessità nei campi profughi (Iraq); ottanta senzatetto che ogni giorno usufruiscono delle docce (Roma); quindici  ricercatori verso la realizzazione del prototipo del device per l’autonomia dei non vedenti…
Lei, Maestro, insieme con il Pontificio Consiglio per la Famiglia organizza una serie di concerti che hanno per motto: “Il Vangelo della famiglia, scuola di umanità per i nostri tempi”. Perché nel nostro mondo è così importante difendere la famiglia?
Ritengo che la famiglia sia il principale mattone della società: fucina di affetti, luogo privilegiato dove ricercare l’armonia ed il reciproco rispetto… Una dimensione in cui addestrarsi e addestrare – in ogni azione – a scegliere l’opzione che va verso il bene, cercando di mettere in pratica quei valori cristiani che i nostri genitori ci hanno insegnato e che è nostra responsabilità trasmettere ai nostri figli.
Il senso della famiglia è quello che ciascuno di noi ha sperimentato da bambino, vivendo in seno alla propria famiglia, se ha avuto la grande fortuna di averla. Chi pensa di poterne fare a meno, distruggerla secondo il proprio capriccio, evidentemente ha messo l’Io al posto di Dio e ha perso la memoria di ciò che da bambino ha ricevuto: un tesoro fatto di affetto sconfinato e disinteressato. La famiglia va dunque difesa con un cuore puro di bambino ed è ciò che anche io cerco di fare con tutte le mie forze.
Lei va ogni tanto in Polonia per i concerti. Con quali sentimenti visita il Paese di Giovanni Paolo II? 
Amo il Paese di Papa Giovanni Paolo II, amo i suoi abitanti, la loro sensibilità, amo i grandi artisti che il Paese ha partorito, i monumenti straordinari e le chiese sontuose che animano le città polacche. Apprezzo il modo profondo di vivere l’esperienza della musica, il calore umano con cui mi accogliete sempre… Ogni volta che torno in Polonia, mi carico di energia positiva e porto a casa dolcissimi ricordi. Ed ogni volta, quando salgo sul palco, cerco di dare il meglio, per esprimere la mia gratitudine, per rispondere a tanto affetto, a tanta benevolenza.
Questa intervista è stata pubblicata in polacco sul settimanale “Niedziela” n.5/2016

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Włodzimierz  Rędzioch

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