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"Matera, museo a cielo aperto". Il card. Parolin riapre la porta della Cattedrale

Il Segretario di Stato ha celebrato la Messa per la riapertura al culto della cattedrale, restituita al suo antico splendore dopo un lungo restauro, a causa dei crolli del 2003

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Dopo 13 anni è tornata al suo antico splendore la Cattedrale di Matera, splendido gioiello di architettura in stile romanico pugliese risalente al XIII secolo, che ha subìto una delicata opera di restauro seguita ai crolli del 2003.
A presiedere questo momento di festa per la comunità lucana, lo scorso 5 marzo, è stato il cardinale Pietro Parolin che per l’occasione ha aperto anche la cosiddetta ‘Porta dei Leoni’, quale porta giubilare della Misericordia che il Papa ha voluto in ogni diocesi del mondo per l’Anno Santo.
Alla celebrazione erano presenti l’arcivescovo eletto di Matera-Irsina, monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo; l’arcivescovo di Potenza – Muro Lucano – Marsico Nuovo, monsignor Salvatore Ligorio, pastore dell’arcidiocesi per 11 anni, il sindaco e tantissimi fedeli, ai quali il segretario di Stato ha portato il saluto e la benedizione di Papa Francesco.
“L’anno giubilare, la riapertura al culto della cattedrale, le bellezze artistiche e le originalità di Matera capitale europea della cultura, infondano un rinnovato ottimismo, utile anche a uscire da anni di difficoltà economiche che hanno contratto le attività produttive e accresciuto la disoccupazione”, ha detto il cardinale nella sua omelia riportata da L’Osservatore Romano.
La riapertura – ha aggiunto – manifesta l’importanza di questo antico tempio, dedicato alla Madonna della Bruna e a sant’Eustachio, “testimone dei principali avvenimenti ecclesiali, luogo della memoria e della celebrazione, dove tante generazioni hanno imparato a conoscere, ad amare e a pregare il Signore”.
“Le pietre e i marmi — ha spiegato Parolin – ci collegano ai primi tempi della comunità cristiana, quando la fede entrò nel tessuto delle nostre città, occupandone pacificamente gli spazi e diventando familiare e facilmente incontrabile nei sacramenti, nelle feste liturgiche, nelle opere di carità e misericordia e negli uomini e donne che, pur in mezzo a prove e con i loro limiti, si sono fatti discepoli e missionari del divino maestro”.
Del resto, ha proseguito, “la cattedrale è il luogo dove il vescovo, successore degli apostoli, esercita la sua autorevole funzione di insegnamento, dove si rende visibile la comunione, la fraternità e l’unità della Chiesa e dove i fedeli percepiscono che la loro Chiesa locale è strettamente unita a quella universale”.
Soffermando la sua riflessione sulla Porta Santa, il porporato ha evidenziato che essa è “segno dell’inesauribile misericordia del Padre, che chiama tutti a incamminarsi in pellegrinaggio verso di essa per lasciare lungo la via la tristezza del peccato e accogliere con gioia il perdono”. Tuttavia, “affinché le pietre del tempio e la porta giubilare svolgano il loro compito, è necessario compiere un passo forse più difficile del semplice restauro di un edificio”.
Da qui l’invito a “crescere nella fede, fortificare la speranza, testimoniare la carità e offrire agli altri quella misericordia che riceviamo dall’alto”. Bisogna “aprire o riaprire i cuori al Signore” – ha esortato il Segretario di Stato – e “lasciare che restauri ogni cellula del corpo e ogni mozione dello spirito, dove si possono affacciare le crepe della tiepidezza e della delusione o i crolli della sfiducia, del peccato e della disperazione”.
Per compiere tale passo, bisogna però allontanarsi “da atteggiamenti o stili di vita non in sintonia con il Vangelo”, ma che “possono trasformarsi in un abito mentale e culturale, che non si ha la forza e il coraggio di mettere in discussione”. È la cattedrale del cuore che va restaurata; è la porta santa interiore che va spalancata”, ha affermato Parolin.
A conclusione dell’omelia, ha quindi elogiato la bellezza della città “fra le più antiche del mondo e autentico museo a cielo aperto”, famosa – ha ricordato – “per il particolare impianto urbanistico del suo centro storico, riconosciuto nel 1993 patrimonio dell’umanità dall’Unesco”. “I suoi ‘sassi’ costituiscono un esempio eccezionale di accurata utilizzazione delle risorse della natura”, ha detto il porporato, che l’hanno resa “meta turistica di prim’ordine e scenario suggestivo di riprese cinematografiche di diversi film di argomento religioso”.
“Matera – ha concluso – possiede tutte le caratteristiche per essere vera capitale europea della cultura, come è stata dichiarata per il 2019”. Pertanto, tutti i suoi abitanti sono chiamati  “a custodire queste preziose qualità in vista di un ulteriore sviluppo”, impegnandosi “senza riserve e facendo ricorso alla collaborazione e al lavoro di tutti”.
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ZENIT Staff

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