Pregnant woman with fetus

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Utero in affitto. Vallini: “Una turpe pratica”

Intervenendo nel dibattito sulle unioni civili, il cardinale vicario di Roma ricorda che “non è compito dello Stato ergere a diritti i desideri delle persone”

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«Il desiderio non può essere eretto a diritto. Ciò che deve essere messo in primo piano è l’interesse del bambino, non la volontà di due persone di avere un figlio. I figli non si costruiscono». È netto il cardinale Agostino Vallini, vicario generale del Santo Padre per la diocesi di Roma, nell’intervista rilasciata al direttore Angelo Zema e in uscita domani (domenica 6 marzo 2016) su Roma Sette, il settimanale di informazione della diocesi di Roma. Al centro le adozioni delle coppie omosessuali e il mercato dell’utero in affitto, fulcro del dibattito politico di questi giorni. Di seguito il testo integrale.
Eminenza, partiamo dal varo del disegno di legge sulle unioni civili, che tra breve dovrebbe diventare legge dello Stato. Qual è la sua valutazione?
Credo che sia il frutto di un compromesso al ribasso. È vero che la “stepchild adoption” è stata tolta dal provvedimento, ma rischia di rientrare attraverso un’altra strada legislativa allo studio; senza contare le possibilità di intervento da parte della magistratura, di cui si è avuto già qualche esempio. Inoltre, sono rimaste diverse sovrapposizioni con l’istituto del matrimonio, al contrario di quanto era stato assicurato. Una confusione che si sarebbe potuto evitare.
Dopo il varo della legge è stato detto che «ha vinto l’amore».
Mi sembra una frase retorica e fuori luogo: non si fanno leggi sull’amore. Lo dico da cittadino che osserva l’applicazione dei regolamenti parlamentari: ha vinto una volontà politica che puntava a un certo risultato a tutti i costi, tanto da volerlo ottenere con il voto di fiducia che ha impedito un voto di coscienza. Quella coscienza “ben formata” cui ha fatto appello Papa Francesco. Mi domando se non si sia avuto paura della coscienza dei parlamentari tanto da bloccare la discussione su un provvedimento così delicato.
Una prova di forza, insomma. Sembra quasi che le unioni civili e le adozioni delle coppie gay siano diventate la priorità dell’Italia.
Mi pare proprio di sì.  Esistevano altre vie per regolare i diritti individuali delle persone che compongono le unioni civili, anche dello stesso sesso, ma senza svilire la famiglia, che invece avrebbe bisogno di interventi di politica familiare che attendiamo da tanto tempo. Sembra che non si abbia a cuore il futuro della famiglia, in particolare dei soggetti più deboli, che sono i figli.
 Ecco, i figli sembrano i grandi assenti nel dibattito di questi giorni.
È così. Mi pare che si sia invertito il punto di osservazione. Vorrei essere chiaro: non ci sono adulti da tutelare nel loro desiderio di un bambino; sono da tutelare i bambini, a cominciare da quelli che non hanno famiglia e che hanno il diritto ad avere una mamma e un papà, come nel caso dei minori adottabili. E poi sono da tutelare le donne – soprattutto dei Paesi del Sud del mondo – costrette dalla povertà al turpe mercato dell’utero in affitto. È su questo mercato che bisogna intervenire.
Forse casi recenti, paradossalmente, possono contribuire a mettere sotto gli occhi di tutti questa realtà anche in Italia.
Lo spero. Mi permetta anche di rilevare che molti media non hanno aiutato a leggere la realtà in modo corretto. Usare, ad esempio, la definizione di “gestazione per altri” è un tentativo ipocrita di nobilitare qualcosa che non lo è. I figli non si costruiscono, sono frutto di un atto d’amore di un uomo e una donna e hanno diritto a una mamma e a un papà. In casi come questi la mamma non ci sarà. Credo che anche l’opinione pubblica sia in maggioranza contraria o non  sufficientemente informata.
Ora si parla di una proposta di riforma della legge 184 sulle adozioni che potrebbe riguardare anche coppie gay e single.
Sono decenni che la legge sulle adozioni attende di essere riformata nel senso di facilitare le condizioni di adottabilità dei bambini, privi di una famiglia con un padre e una madre. Ben venga, dunque, una riforma al riguardo, ascoltando tutti i soggetti interessati. Ma non si dimentichi l’obiettivo vero: il bene dei bambini.  Altra cosa è invece la “stepchild adoption”.  In questi giorni parlando della legge da riformare mi pare che si stia partendo con il piede sbagliato. È il caso di sottolinearlo ancora: non è compito dello Stato ergere a diritti i desideri delle persone.
 

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ZENIT Staff

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