È “un bilancio senz’altro entusiasmante” quello che trae Alberto Gasbarri dei suoi oltre 40 anni come direttore amministrativo della Radio Vaticana e organizzatore dei viaggi apostolici di tre Papi. Due incarichi che lascerà da domani 29 febbraio, dopo aver compiuto qualche settimana fa la sua ultima missione a Cuba e in Messico con Francesco. Ricordando il suo esordio alla radio del Papa – ai microfoni della stessa emittente – Gasbarri racconta: “Ero giovanissimo. Io avevo 23 anni e lei 38, ma fu amore a prima vista nonostante la differenza di età. Oggi io ne ho 70 e lei 85 ma l’amore è sempre lo stesso. La Radio Vaticana è stata la mia prima famiglia, almeno in senso cronologico, infatti mi sono sposato solo dopo alcuni anni. L’ambiente di lavoro era stimolante e coinvolgente”.
“All’inizio – prosegue – entrai nella Direzione Tecnica come esperto del suono e mi trovai immerso in un piccolo gruppo di tecnici superspecializzati con livelli di preparazione straordinari, ammirati e stimati anche in ambito internazionale. L’ambiente multiculturale delle redazioni linguistiche era esaltante e ti dava l’impressione di vivere al centro del mondo e in tutto il mondo allo stesso tempo. Questo è sempre stato uno dei punti di forza della Radio Vaticana. Dopo circa 47 anni rendo grazie a Dio per avermi dato l’opportunità di svolgere il mio impegno per la Chiesa Universale, essendo consapevole di aver dato il mio modesto contribuito per lo sviluppo di uno strumento di comunicazione efficiente e prestigioso per la diffusione del Vangelo”.
Gasbarri ricorda pure il suo rapporto “familiare e costruttivo” con i gesuiti, alla guida della radio sin dalla sua fondazione, e con gli ultimi Pontefici. A cominciare da Paolo VI, “un Papa di grande sensibilità, cultura, raffinatezza ed umanità”, verso cui nutriva “una sensazione di grande venerazione ma anche di timore reverenziale”. “Quelle poche volte che avevo l’occasione di stare al suo cospetto mi paralizzavo e quasi non riuscivo a parlare – racconta – Fu un grande Pontefice per lo sviluppo delle comunicazioni. Infatti sulla scia del Concilio Vaticano II diede un impulso formidabile al multilinguismo della Radio con il potenziamento delle redazioni e l’incremento di trasmissioni verso nuove aree geografiche, soprattutto dove la Chiesa era in sofferenza”. Con i Papi successivi, spiega Gasbarri, “è stato un rapporto di grande devozione e affetto da parte mia. Ma di grande fiducia, supporto e pazienza da parte loro. Solo con questi ingredienti si può svolgere questo lavoro, altrimenti non si possono ottenere i risultati auspicati”.
Tra i momenti più belli, l’ex direttore amministrativo ricorda “la copertura radiofonica dei grandi eventi”, come il Giubileo del 1975, i due conclavi del 1978, l’Anno Santo straordinario del 1983, il Giubileo del 2000, l’elezione di Papa Benedetto nel 2005 e quella di Papa Francesco nel 2013. “Momenti esaltanti per chi lavora in una Radio e che ti fanno sentire di vivere nella storia”, dice. Tra più brutti, indubbiamente, “il drammatico attentato a Giovanni Paolo II nel 1981, la lunga agonia e morte di Giovanni Paolo II e il senso di vuoto in occasione della rinuncia di Papa Benedetto. Sento ancora quel dolore dentro di me che scatena la commozione”. In particolare, tra i periodi negativi c’è “la lunga battaglia che la Radio Vaticana ha dovuto sostenere per difendersi dalle ingiuste accuse di creare condizioni di disturbo e pericolo con la sua attività di trasmissione in Onde Corte e Onde Medie. L’emittente vaticana ha sempre osservato scrupolosamente le regole internazionali e si aveva la netta percezione di essere sotto un vero e proprio attacco strumentale”.
Guardando alla riforma dei media vaticani, Alberto Gasbarri sottolinea che questa “è una operazione che andava impostata già oltre dieci anni fa. Cioè da quando il mondo della comunicazione si stava trasformando in multimediale. Purtroppo però non c’erano ancora le condizioni per favorire una ristrutturazione e una integrazione degli organi mediatici vaticani a causa di alcune rigidità storiche e di una certa inerzia di creatività. A causa delle risorse limitate e della crisi economica si pensava solo a cercare di ridurre i costi con semplici manovre di ripiegamento”.
“Ora – aggiunge – il coraggio e la determinazione di Papa Francesco hanno dato una scossa a tutta la Curia per adeguare la macchina organizzativa alle moderne necessità. Però la riforma del settore delle Comunicazioni avrà successo e conseguirà il suo obiettivo di efficienza solo se il coraggio del Santo Padre ispirerà e sarà guida anche per i riformatori altrimenti sarà una manovra inefficace”.
La riforma deve infatti tener conto “della irrinunciabilità della comunicazione nell’opera di evangelizzazione della Chiesa, con conseguente consapevolezza di costi inevitabili, e della preoccupazione di non prendere come modello di riferimento i due criteri che sono alla base della comunicazione odierna nel mondo che sono quelli del rispetto del sistema economico vigente e della ricerca del gradimento. Perché altrimenti si rischia di ispirarsi proprio a quei modelli di vita e di economia della teoria dello ‘scarto’ che Papa Francesco non condivide”.
Ripercorrendo la sua lunga attività di organizzatore dei viaggi papali, Gasbarri ripesca anche un curioso aneddoto tra i tanti che conserva nel cuore “che rivela la difficoltà di relazione che talvolta si possono avere con certe personalità”. “Eravamo alla fine del 1982, per preparare il viaggio in America Centrale – il 17.mo di Giovanni Paolo II – che si è svolto nel marzo del 1983. America Centrale, viaggio di nove giorni in otto Paesi: pensate, questo era lo stile di Papa Giovanni Paolo II. Questo episodio accadde in Guatemala. Arrivammo con padre Tucci per fare il primo sopralluogo e come al solito incontrammo il nunzio apostolico e gli alti rappresentanti della Conferenza episcopale del Guatemala. E tra questi alti rappresentanti c’era il famoso cardinale Casariego, che era una delle figure più carismatiche dell’America Centrale, in quel periodo. Dovete pensare che un cardinale negli anni Ottanta era qualcosa di molto più importante di quello che si può considerare oggi: erano figure veramente carismatiche”.
“Il cardinale Casariego accolse padre Tucci e me, vide padre Tucci con il “clergyman” e me vestito naturalmente da laico. Allora chiamò in disparte padre Tucci e gli fece una lavata di testa, dicendo: ‘Padre Tucci, io posso anche sopportare che lei, gesuita, venga non con la talare ma con il ‘clergyman’, ma non posso sopportare che lei si presenti con un confratello sacerdote vestito da laico!’. Padre Tucci gli rispose: ‘Ma eminenza, guardi che quello che lei chiama ‘un confratello vestito da laico’ è un laico, perché è il dr. Gasbarri che è un laico, è un mio assistente, stretto collaboratore’. Quindi, il cardinale Casariego: ‘Ah, ma allora mi deve scusare padre, perché pensavo che fosse un religioso … Ma allora, dobbiamo trovargli subito una bella ragazza, a questo giovane!” – io ero un trentenne … E padre Tucci subito, con la battuta pronta, gli disse: ‘Ma eminenza, lei adesso sta cercando di favorire un adulterio, perché il dr. Gasbarri è sposato e ha anche due figli…’. Ecco, questo fu il mio primo approccio con uno dei cardinali considerati personaggi storici in America Latina, in quegli anni”.
“Mi restano nel cuore sostanzialmente tre cose – afferma il tour operator di tre Papi – l’avere sperimentato la Chiesa vera dal di dentro, con vite fantastiche di spirito missionario e con totale donazione al Signore e all’umanità. L’aver vissuto il lavoro e l’impegno straordinari delle Rappresentanze Pontificie sparse nel mondo e aver conosciuto la fedeltà, il sacrificio e la competenza dei Nunzi Apostolici e di tutto il personale diplomatico della Santa Sede ai quali va la mia profonda gratitudine per tutto il sostegno e la collaborazione che mi hanno dato nello svolgimento del mio non sempre facile compito. Infine la mia personale esperienza professionale insieme al carissimo Padre Tucci che è stato per me maestro di una intera vita e guida spirituale indimenticabile”.
[S.C.]