Sta accadendo qualcosa di straordinario e la misericordia va diffondendosi nel mondo. Tra i risultati più evidenti del pontificato di Papa Francesco c’è la strada che porta alla pacificazione. Proprio in un mondo dove i conflitti sembravano scatenarsi fino ad una conflagrazione mondiale, il Papa ha innescato un efficace processo di pace
I segni più eclatanti sono il ‘disgelo’ tra Cuba e Stati Uniti; l’influenza diretta in tutta l’America Latina, soprattutto in Colombia, dove si sta per raggiungere la pacificazione tra il governo e il gruppo rivoluzionario delle FARC. E, non ultimo, l’annuncio di pacificazione tra Cile e Bolivia.
Poi la pace con gli Ortodossi. L’incontro con Kirill non è stata solo la conclusione di un percorso di riavvicinamento tra il Papa di Roma e il Patriarca di Mosca, ma l’inizio di un processo mondiale di collaborazione tra cattolici e ortodossi, tra mondo capitalistico e mondo ex comunista. Un passo storico di cui non si ha idea dei giganteschi effetti che potrebbe avere nel pianeta.
C’è già chi intravede una espansione del meglio della cultura cristiana, da Lisbona a Vladivostock, dall’Atlantico al Pacifico, con il superamento definitivo della logica della Guerra fredda e del conflitto tra comunismo e capitalismo. In questo contesto sarà interessante vedere cosa emergerà dal Sinodo pan-ortodosso di giugno a Creta, che vedrà la partecipazione dei responsabili di tutte le Chiese autocefale.
Nonostante le ferite nelle popolazioni al confine tra Ucraina e Russia, anche in questa parte dell’Europa orientale le Chiese cristiane stanno lavorando per la pacificazione. Ed è facile vedere la tregua raggiunta in Siria come un effetto indiretto della pacificazione con la Russia.
Non solo cristiani ortodossi, il Papa sta lavorando anche con ebrei e musulmani. Dopo la visita in Sinagoga si terrà la visita nella moschea di Roma. Senza dimenticare il riavvio del dialogo con l’università di al Azhar, la più prestigiosa istituzione religiosa dell’islam sunnita, visitata nei giorni scorsi da una delegazione del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso che ha portato l’invito al Grand Imam ad incontrare il Pontefice
Poi c’è la pacificazione economica. Papa Francesco sta cercando di compiere una rivoluzione nella società e nell’economia contrastando la “cultura dello scarto”, l’utilitarismo e la speculazione finanziaria, rilanciando il lavoro e la valorizzazione di persone e famiglie, liberando il mondo dall’idolatria del denaro che “deve servire e non governare”.
Il limite della concezione attuale dell’economia è rappresentato dall’idea che tutto quanto è bene per il singolo è bene per l’economia; ma questo, oltre a giustificare un comportamento immorale, è penalizzante per l’economia e genera falsa ricchezza e indebitamento. Anche l’idea che il mercato si aggiusta da sé è falsa e giustifica solo lo strapotere ed i privilegi di chi sta ai vertici dell’economia.
Quello che Papa Francesco sta cercando di fare è, dunque, esattamente quello che san Francesco e i francescani fecero negli anni dal 1200 al 1500, ovvero trasformare la povertà in opportunità di crescita e il denaro da padrone oppressivo in servizio sociale e civile. L’occasione è propizia, considerando che, nell’Anno giubilare, non solo la Chiesa ma anche le autorità civili cancellavano i debiti, liberavano gli schiavi e riconsegnavano le terre a chi le aveva perse.
La rivoluzione francescana di Bergoglio è finalizzata a fare in modo che la proprietà diventi risorsa sociale piuttosto che possesso egoistico e personale. Una chiave di lettura per comprendere i principi che il Pontefice argentino sta indicando per superare la crisi economica e morale è il libro scritto da Oreste Bazzichi “Dall’economia civile francescana all’economia capitalistica moderna. Una via all’umano e al civile dell’economia” (Armando Editore).
Bazzichi, dirigente della Confindustria, è docente di Filosofia sociale ed Etica economica alla Pontificia Facoltà Teologica S. Bonaventura, più nota come “Seraphicum”. Nel volume spiega come il pensiero socio-economico francescano proponga un modello di cooperazione e condivisione tra stato e mercato nel quale “i poveri sono considerati una risorsa alla quale dare continue risposte in termini di sviluppo e occupazione”. Indicazione da sempre reiterata dal Santo Padre,
“Il capitale di per sé improduttivo diventa produttivo, sociale ed umano quando incontra l’investimento e il lavoro”, scrive l’autore, indicando la teoria della produttività del capitale di fra Pietro di Giovanni Olivi, (1248 – 1298) come un’idea rivoluzionaria per il fatto che il denaro non si moltiplica da solo ma venga immesso nel processo produttivo.
Nel libro si affrontano poi “la funzione etica dell’imprenditore e dell’impresa” secondo quanto indicato da San Bernardino da Siena; la redistribuzione equa del profitto aziendale; “grazia del lavoro” libero e creativo, espressione dell’esercizio dei propri talenti a favore del bene comune; le risorse finanziarie e sociali; l’importanza dell’umano prima dello Stato; la semplificazione istituzionale, giuridica, economica e sociale come radice da cui parte il principio di sussidiarietà proposto da sempre dalla Dottrina Sociale della Chiesa.
E proposto anche da Papa Francesco che si fa testimone e mediatore dei principi evangelici e della misericordia quali strumenti per realizzare una società più vera, più bella, più buona.