"Vestire gli ignudi", nuovo saggio della teologa Antonietta Potente

Nel volume, nell’ambito della collana “Fare Misericordia” a cura della Editrice Missionaria Italiana, la domenicana riflette sull’opera di misericordia

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“Siamo nati nudi, poi ci siamo vestiti e più volte rivestiti. Oggi abbiamo anche troppi vestiti. Ma questo fluire evolutivo non è uguale per tutti. In realtà tutti siamo nati nudi e poi ci siamo vestiti, ma alcuni in seguito sono stati spogliati e sono tornati nudi, appunto perché altri hanno troppi vestiti”.
Un “gesto concreto” di altruismo e di dono quotidiano, quello di vestire e vestirsi, esemplificato nell’opera di misericordia del “vestire gli ignudi”, come afferma la teologa domenicana Antonietta Potente in un suo nuovo saggio per la collana “Fare Misericordia” a cura della Editrice Missionaria Italiana.
Nel libro, l’autrice afferma che “dare dignità” ci fa uscire da noi stessi: il vestito è sempre stato sinonimo di identità e di differenziazione rispetto agli altri. Tuttavia, nella società moderna, il vestirsi è diventato una ‘moda’, a volte un sovrappiù che nelle sue conseguenze estreme genera spreco. Così i paesi ricchi consumano immense risorse per ‘rivestire’ le loro vite, quando invece i paesi poveri trovano a malapena un ‘unico mantello per la propria pelle’.
“È in tale contesto – sottolinea la domenicana – che diventano gesti di altruismo e di giustizia tanto ‘restituire’ e ‘rivestire’ quanto ‘spogliare’ dalle vesti e dalla cultura occidentale i popoli colonizzati del Sud del mondo, in modo che ritrovino la loro autenticità”.
Ma è nella riflessione sul famoso dipinto di Caravaggio “Sette opere di Misericordia” che la teologa trova maggior ispirazione. Se si accosta all’immagine dell’ignudo che sembra voler strappare il mantello a un elegante signore, quella della donna che dona sé stessa al prigioniero affamato, si comprende che ‘vestire gli ignudi dunque, così come le altre opere di misericordia, è un gesto che segue le trame di una logica rovesciata rispetto al comune sentire’.
Una logica rovesciata che trova significato solo se pensata come ‘dono’ di sé, dove la nudità genera tranquillità invece di inquietudine, in armonia con la logica di Dio. ‘Vestire’ – scrive Potente – significa anche “restituire l’identità più vera, che nessuno può dare all’altro ma può solo restituire, perché da sempre appartiene all’altro, anche se qualcuno è riuscito a toglierla o a fargliela perdere”. È il gesto quindi – conclude l’autrice – che ci permette di uscire da noi stessi e aiutare gli altri ‘nel senso più bello di questa espressione’, per cercare di ritrovare i cammini della dignità.
Nata a Savona, nel 1959, Antonietta Potente è religiosa domenicana e teologa, già missionaria per molti anni in Bolivia, è una delle voci più originali del panorama cattolico italiano. Tra i suoi libri, ‘Un bene fragile’. ‘Riflessioni sull’etica’ (Mondadori).
Accanto al suo saggio, la collana editoriale sul “Fare Misericordia” della Emi promuove una mostra catechetica – disponibile per noleggio su richiesta oppure in acquisto – riguardante le opere di misericordia. Si tratta 15 pannelli di facile allestimento (formato roll-up o «vele») che guideranno i fedeli nell’approfondimento di antichi e sapienziali consigli di vita cristiana attraverso la parola di Dio, delle immagini evocative e le parole di Papa Francesco.
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Per informazioni sulla mostra: animazione@emi.it, tel. 051/326027.

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ZENIT Staff

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