Parlava di “una salutare decentralizzazione nella Chiesa” Papa Francesco nel suo discorso del 17 ottobre, in occasione della commemorazione del 50° dell’istituzione del Sinodo da parte di Paolo VI.
Una indicazione recepita da cardinali e vescovi e riformulata all’interno di un breve ma intenso seminario di studio che si è svolto a Roma dal 6 al 9 febbraio, dal quale sono emerse diverse proposte, tutte mirate a coinvolgere durante i processi sinodali non solo il Papa e l’episcopato, ma anche e soprattutto i fedeli.
All’incontro, organizzato dalla Segreteria del Sinodo dei vescovi guidata dal card. Baldisseri, a cinque messi dall’assise di ottobre e in vista della (si dice prossima) pubblicazione delle esortazione apostolica papale, hanno preso parte numerosi docenti di ecclesiologia e diritto canonico provenienti da Università e Facoltà ecclesiastiche di tutto il mondo. Tema della tre giorni è stato “A cinquant’anni dall’Apostolica Sollicitudo. Il Sinodo dei Vescovi al servizio di una Chiesa Sinodale”.
E parlando di “Chiesa sinodale”, tutti i partecipanti al seminario si sono trovati d’accordo nel tracciare nuove linee che permettano un “maggiore ascolto e coinvolgimento” del “popolo di Dio” nel Sinodo. Sia nella fase preparatoria, prevedendo “stabilmente” una consultazione dei fedeli, come avvenuto con il questionario inviato alle parrocchie in occasione del Sinodo straordinario del 2014; sia offrendo maggiore spazio di intervento agli uditori durante lo svolgimento dell’assemblea, pur mantenendoli privi del diritto di voto. Tale coinvolgimento proseguirebbe poi nella successiva fase della “attuazione”, in cui i fedeli dovrebbero occuparsi di “tradurre nelle diverse situazioni socio-culturali le decisioni assunte a livello centrale”.
Quello che si prevede è, in sostanza, “una revisione della normativa sul Sinodo dei Vescovi” e dei compiti del Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, “nel quale si possa prospettare in certo modo il carattere permanente dell’organismo sinodale”. In tal senso, i partecipanti al simposio hanno indicato l’esempio delle Chiese cattoliche d’Oriente “per uno sviluppo del Sinodo che passi da ‘evento’ a ‘processo’”.
“Durante i lavori è emersa l’esigenza di inquadrare il Sinodo dei Vescovi nella cornice più ampia di un’ecclesiologia sinodale”, si legge in una nota vaticana diramata oggi, “questa prospettiva porta a concepire l’autorità episcopale in Synodo come servizio al Popolo di Dio, di cui si riconosce la dignità sacerdotale fondata sul Battesimo”.
Sopratttutto – prosegue il comunicato – si è riflettuto sul discorso di Papa Francesco circa “la sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa”, quale invito “a superare l’autoreferenzialità dei ministri ordinati, per tornare a concepire i Vescovi come coloro che – secondo l’insegnamento di Lumen gentium 23 – rappresentano singolarmente la propria Chiesa e collegialmente la Chiesa intera, rendendo il Collegio episcopale l’epifania della communio Ecclesiarum”.
Nel concreto, tutto questo chiede di ripensare i tre momenti fondamentali nei quali si articola l’attività sinodale: “la preparazione, la celebrazione, l’attuazione”, considerati come “tappe consecutive di un processo sinodale in cui il raduno assembleare è la fase culminante”.
Nello specifico, nella fase celebrativa, alcuni interventi – riferisce la nota – “hanno auspicato un maggiore ascolto e coinvolgimento dei fedeli” che partecipano all’assise, “valorizzando ulteriormente la presenza nelle Assemblee sinodali degli Esperti e degli Uditori, i quali – benché privi del diritto di voto – possono svolgere un ruolo comunque rilevante nel processo di discernimento e di decisione, secondo la più antica tradizione sinodale”.
Quanto alla fase dell’attuazione, ci si è chiesti “di esaminare in che modo il Sinodo possa coordinarsi fruttuosamente con le istanze periferiche della sinodalità ecclesiale, collaborando in particolare con i Sinodi delle Chiese orientali e con le Conferenze Episcopale nazionali e le istanze continentali per tradurre nelle diverse situazioni socio-culturali le decisioni assunte a livello centrale”.
Approfondita, durante il seminario, anche “la questione della rappresentanza/rappresentatività del Collegio episcopale in Sinodo e sul valore dei documenti finali delle Assemblea sinodali”. Si è riflettuto poi “sul valore sinodale del documento finale del Sinodo dei Vescovi, emanato dall’autorità del Pontefice” e si è auspicato “di premettere un proemio dottrinale, che radichi strutturalmente il Sinodo nel contesto di una ecclesiologia sinodale”.
Una riflessione anche “sulla sinodalità della Chiesa particolare”, partendo dalle parrocchie e proseguendo con le cosiddette “istanze ecclesiali intermedie”, tra le quali si impongono le Conferenze Episcopali, fino agli “organismi centrali della Chiesa”, tra cui occorre annoverare la stessa Curia Romana.
I lavori del Simposio – sottolinea il comunicato – “si sono conclusi con la consapevolezza che il discorso tenuto dal Santo Padre per il cinquantesimo anniversario del Sinodo dei Vescovi, è uno dei testi programmatici e teologicamente più impegnativi per la Chiesa”. Specie quando Francesco afferma: “Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare ‘è più che sentire’. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo”.