Dopo l’affollatissima Messa celebrata a Tuxtla Gutiérrez, Papa Francesco ha pranzato con otto rappresentanti delle comunità indigene del Chiapas. Lo conferma padre Federico Lombardi ai microfoni di Radio Vaticana, spiegando che si è trattato di “un incontro normale di un pranzo”, come ogni tanto avviene in occasione delle Giornate della Gioventù o delle visite in zone dove ci sono poveri o rifugiati.
Seduti al tavolo con il Santo Padre c’erano “otto indigeni che rappresentavano le diverse componenti della comunità”, ha spiegato il portavoce vaticano, “quindi c’era un sacerdote indigeno, molto semplice, una persona affascinante nella sua semplicità di vita e di espressione, vestito come un indigeno: non aveva nessuna distinzione clericale particolare; poi c’era un rappresentante dei diaconi, con la moglie; poi una religiosa, un rappresentante dei giovani, un catechista, tutti però delle comunità indigene locali. E il Papa si è intrattenuto con loro, con una conversazione molto semplice”.
Poco prima Francesco era passato nella cattedrale di San Cristóbal de las Casas, la cattedrale di cui Samuel Ruiz è stato vescovo per 40 anni, e dove è sepolto. Lì, ha raccontato Lombardi, “ha incontrato tantissimi malati: c’era un migliaio di persone. Poi, naturalmente, è passato davanti alla tomba di Samuel Ruiz, ha sostato in preghiera – brevemente, ma ha sostato in preghiera – e poi ha continuato il suo itinerario di consolazione e di incontro con le persone che erano presenti nella cattedrale”.
“Una cosa estremamente semplice ed estremamente naturale e spontanea”, ha osservato il gesuita, “ricordando questa persona che per la sua diocesi ha avuto un’importanza molto grande, e ha impostato anche diversi aspetti della pastorale della diocesi che, con diversi ritocchi o miglioramenti, sono tuttora in funzione”. Per esempio, “era molto significativa la presenza dei diaconi sposati, indigeni, che hanno una grande importanza nella pastorale della diocesi perché sono veramente un po’ i protagonisti, anche guidati e anche formati dai sacerdoti, ma sono persone che animano la vita delle comunità, che tengono la liturgia della parola, che distribuiscono la comunione…”.
Interrogato invece sulla presenza dei parenti dei desaparecidos alla Messa di Ciudad Juárez, il direttore della Sala Stampa vaticana ha spiegato che alla celebrazione – l’ultima del viaggio papale – “ci saranno tantissime persone che sono collegate in diverse forme ai vari problemi della violenza nel Messico”. “Sappiamo – ha detto – che sono state 27 mila le persone scomparse, negli anni recenti: quindi, io non ho informazioni che il Papa faccia per un gruppo qualcosa di molto particolare, o per un altro. Intende dimostrare a tutti la sua vicinanza, la sua presenza: per tutti il Papa prega e a tutti è vicino”.
[S.C.]
Seduti al tavolo con il Santo Padre c’erano “otto indigeni che rappresentavano le diverse componenti della comunità”, ha spiegato il portavoce vaticano, “quindi c’era un sacerdote indigeno, molto semplice, una persona affascinante nella sua semplicità di vita e di espressione, vestito come un indigeno: non aveva nessuna distinzione clericale particolare; poi c’era un rappresentante dei diaconi, con la moglie; poi una religiosa, un rappresentante dei giovani, un catechista, tutti però delle comunità indigene locali. E il Papa si è intrattenuto con loro, con una conversazione molto semplice”.
Poco prima Francesco era passato nella cattedrale di San Cristóbal de las Casas, la cattedrale di cui Samuel Ruiz è stato vescovo per 40 anni, e dove è sepolto. Lì, ha raccontato Lombardi, “ha incontrato tantissimi malati: c’era un migliaio di persone. Poi, naturalmente, è passato davanti alla tomba di Samuel Ruiz, ha sostato in preghiera – brevemente, ma ha sostato in preghiera – e poi ha continuato il suo itinerario di consolazione e di incontro con le persone che erano presenti nella cattedrale”.
“Una cosa estremamente semplice ed estremamente naturale e spontanea”, ha osservato il gesuita, “ricordando questa persona che per la sua diocesi ha avuto un’importanza molto grande, e ha impostato anche diversi aspetti della pastorale della diocesi che, con diversi ritocchi o miglioramenti, sono tuttora in funzione”. Per esempio, “era molto significativa la presenza dei diaconi sposati, indigeni, che hanno una grande importanza nella pastorale della diocesi perché sono veramente un po’ i protagonisti, anche guidati e anche formati dai sacerdoti, ma sono persone che animano la vita delle comunità, che tengono la liturgia della parola, che distribuiscono la comunione…”.
Interrogato invece sulla presenza dei parenti dei desaparecidos alla Messa di Ciudad Juárez, il direttore della Sala Stampa vaticana ha spiegato che alla celebrazione – l’ultima del viaggio papale – “ci saranno tantissime persone che sono collegate in diverse forme ai vari problemi della violenza nel Messico”. “Sappiamo – ha detto – che sono state 27 mila le persone scomparse, negli anni recenti: quindi, io non ho informazioni che il Papa faccia per un gruppo qualcosa di molto particolare, o per un altro. Intende dimostrare a tutti la sua vicinanza, la sua presenza: per tutti il Papa prega e a tutti è vicino”.
[S.C.]