“Dopo che l’esperienza mi ebbe insegnato come fossero vane e futili tutte quelle cose che capitano così frequentemente nella vita quotidiana, decisi infine di cercare se ci fosse qualcosa che mi facesse godere in eterno di una continua e somma letizia”.
Può essere buon viatico, per la Quaresima che inizia, portarsi dentro la riflessione del filosofo Baruch Spinoza.
In quelle parole, sempre attuali, v’è il riflesso dell’immagine dell’uomo contemporaneo, così curvo e chino sulle realtà quotidiane da non avere più gli occhi della mente capaci di guardare in alto; talmente proteso verso gli atti piccoli e modesti da diventare incapace di quelli grandi; tanto assorbito dalle cose materiali da perdere ogni sapore per la bellezza e la spiritualità ed ignorare l’esistenza di una felicità interiore che è ben più alta e affascinante.
La Quaresima, tempo di purificazione, offre la possibilità di liberarsi dal giogo della superstizione, degli interessi, della banalità di una religiosità superficiale, ripetitiva e senz’anima. È un’opportunità importante: coglierla significa ritornare in se stessi, nella propria interiorità.
Un po’ come liberare l’anima dal terriccio delle cose, anche dal fango del peccato, dalle ortiche delle chiacchiere. Si tratta di un esercizio necessario sempre e ovunque, ma decisamente indispensabile ai nostri giorni, ingrigiti da esteriorità, superficialità, apparenze.
Scavare nel terreno, soprattutto se roccioso, è molto faticoso; lo è anche cercare in se stessi, sotto le incrostazioni delle abitudini e dei vizi ormai consolidati.
L’esercizio della meditazione, dell’esame di coscienza, della riflessione, è impegnativo. Molto più del veleggiare nel vuoto lasciandosi trasportare dal vento delle opinioni, delle mode, dell’oblio: è solo scavando in profondità che si riesce a scoprire il cuore autentico della spiritualità che è radice di giustizia e di verità.
La Quaresima cristiana ha anche questo scopo: ricondurre alla moralità, alla sapienza ed alla coerenza dell’amore e della verità.
E ciò senza il timore della rinuncia: la vera gioia s’irradia dall’anima, ha bisogno di una coscienza in pace, rifugge dal baccano esteriore.
È per questo che gioia e Quaresima possono coesistere.
Già un pagano come Seneca, del resto, non esitava a scrivere all’amico Lucilio: «La vera gioia è res severa», è una realtà seria, austera.
La fede, insomma, non è – né può diventare – un po’ di condimento per insaporire la vita. Al contrario, essa è il lievito che la trasforma.
Quello che inizia, allora, sia un tempo di riflessione, di conversione, di risveglio delle coscienze.
La Quaresima torna ogni anno con le sue domande e proposte forti e con la sua richiesta di risposte altrettanto forti. Non la si può mai dare per scontata.
Esorta al silenzio, alla preghiera, alla sobrietà, alla fraternità, al coraggio di rivedere alcune prospettive.
Di fronte a ciò, l’unica possibilità è cambiare.
E se la ghianda che pare morta nei campi poi mette radici e s’innalza, perché, come scrive il poeta Gibran Kahlil Gibran, questo miracolo che “si produce mille migliaia di volte nel sonno di ogni autunno e nella passione di ogni primavera non dovrebbe prodursi nel cuore dell’uomo?”
Gioia e Quaresima possono coesistere
Quaresima come riflessione, di conversione, e di risveglio delle coscienze.