“Nel mezzo della morte siamo colti dalla vita”

Edito da EMI, l’ultimo saggio del teologo Andrea Grillo si sofferma sulla più ‘scomoda’ e ‘inattuale’ delle opere di misericordia: seppellire i defunti

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Una delle novità dell’età secolare – scrive il teologo Andrea Grillo – è stata la rimozione della morte dalla vita quotidiana. Dal decentramento dei cimiteri avvenuto in era Napoleonica e a cui sono scampati solo alcuni piccoli borghi nel Sud Tirolo, fino ai progetti delle nuove città, come Porto Cervo, dove non è stato nemmeno previsto un luogo di riposo per i defunti, l’uomo moderno ha sempre cercato di «censurare il lutto».
Il nuovo saggio di Grillo, Seppellire i morti. «Nel mezzo della morte siamo colti dalla vita» (Editrice Missionaria Italiana, parte della collana «Fare misericordia» dedicata alle opere di misericordia e predisposta per l’Anno giubilare,) esplora proprio la difficile relazione tra la società contemporanea e la morte.
Quest’ultima opera di misericordia – riflette Grillo – esemplifica la «cura» non solo verso il defunto, ma anche per coloro che sono vittime di un lutto. La sfida che si oggi presenta, quindi, è quella di riappropriarsi della misericordia di cui è intriso questo gesto e che conduce all’accettazione e alla rielaborazione della morte, invece che alla sua rimozione.
L’Autore porta ad esempio di tale cura gli hospice, evoluzione degli ospedali, che svolgono questa delicata e preziosa funzione di medicina «al servizio anche del morire» ai quali, sottolinea Grillo, anche la Chiesa dovrebbe prestare maggior attenzione per non «cedere alla tentazione di rimuovere il morire dal vivere».
Tuttavia è nel film giapponese Departuresstoria di un figlio abbandonato dalla famiglia poiché dedito alla tanatocosmesi – professione impura nella tradizione nipponica – che si riconcilia con il padre prendendosi cura del suo corpo senza vita, che Grillo ritrova l’essenza di quello scambio intergenerazionale di comunione e di speranza che la morte da sempre racchiude in sé.
Allo stesso modo, la stessa speranza trasformata in accoglienza viene riservata ai funerali nelle case del nostro Meridione, dove «ci si apparecchia per l’ospitalità» e si accompagnano i parenti per giorni, in un gesto di vicinanza e cura estreme.
Così come in tutte le altre opere di misericordia – conclude il teologo –, nel seppellire i morti «la sorte comune può essere guidata dalla comune speranza: il Signore Gesù appare come l’ancora della speranza. Un’ancora che si nutre di azioni, semplici ed elementari, sulle quali si edifica uno stile ecclesiale e un’esperienza indimenticabile di comunione».

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ZENIT Staff

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