Il tema delle unioni civili continua a tenere banco, in Parlamento come nel dibattito pubblico. Alta tensione ieri in Senato, dove i toni degli interventi sul ddl Cirinnà si sono alzati soprattutto dopo un episodio che ha del clamoroso. Una coppia di uomini presente nella tribuna – stando alla denuncia del senatore Carlo Giovanardi – si è spesa in un provocatorio bacio omosessuale proprio nel momento in cui ha preso la parola l’esponente di Gal-Idea.
Uno dei due giovani accusati di aver disturbato la seduta del Senato, un attivista lgbt, tuttavia su Facebook ha smentito l’episodio. Ma non è questo l’unico né tantomeno il più importante motivo che ieri ha fatto insorgere a Palazzo Madama gli oppositori al ddl Cirinnà.
Ciò che maggiormente provoca attriti all’interno del Senato è il cosiddetto “canguro dei diritti”. Non si tratta di un esemplare da zoo (o da bioparco, per dirla alla Monica Cirinnà…), bensì di un espediente ai limiti del regolamento parlamentare per accorpare e bocciare in blocco gli emendamenti di un ddl.
Gran parte del Pd, M5S e Sel, ossia i favorevoli al ddl Cirinnà, ormai da settimane hanno minacciato di ricorrere a questo metodo. Di qui un’estenuante trattativa con le opposizioni per il ritiro dei numerosi emendamenti presentati al fine di evitare questo sistema. Trattativa che, nella scorsa notte, si è conclusa però con un nulla di fatto.
Che la prossima settimana, quando ripartirà il dibattito in Aula, verrà attuato il “canguro” è dunque più di un’ipotesi. Quella che si profila, secondo il sen. Mario Mauro (Gal-Idea), è “un’operazione di regime”, con “evidenti responsabilità” da parte del presidente del Senato, Pietro Grasso.
Mauro è tra l’altro uno dei 51 senatori che hanno sottoscritto il ricorso alla Consulta in quanto il ddl in questione non rispetta l’art. 72 della Costituzione, che impone l’esame della Commissione prima di passare al voto dell’Aula. Bisognerà aspettare mesi prima che i giudici si pronunceranno. Ad oggi, data anche la chiara propensione di Grasso a favore di questa legge, ogni tentativo di frenare l’approvazione del testo sulle unioni civili appare vano.
Come vana appare anche la presunta “ingerenza della Chiesa”, più volte denunciata dagli ultrà di un “laicismo” che vorrebbe confinare al buio delle sacrestie la voce dei credenti. Sul tema è intervenuto ieri, a margine di una Messa, anche il card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana.
“Ci auguriamo tutti – ha detto– che il dibattito in Parlamento e nelle varie sedi istituzionali sia ampiamente democratico, che tutti possano esprimersi e vedere considerate le loro obiezioni e che la libertà di coscienza di ciascuno su temi così delicati e fondamentali per la vita della società e delle persone sia non solo rispettata ma anche promossa con una votazione a scrutinio segreto”.
Quanto mai celere è arrivata la risposta del Governo, per bocca del presidente del Consiglio Matteo Renzi. “Il voto segreto lo decide il Parlamento – ha detto l’ex sindaco di Firenze in un’intervista radiofonica – e lo dico con stima per il cardinal Bagnasco, e non la Cei”. In questo clima di agitazione, flebile nel Pd appare la voce del deputato Edoardo Patriarca, che ha affermato: “Basta con le contrapposizioni, la Chiesa e il cardinale Bagnasco hanno il diritto di esprimere la propria posizione”.
Diritto che nei Palazzi più di qualcuno vorrebbe negare. C’è però un’altra Italia, estranea alle mode ideologiche, rappresentante il cosiddetto “Paese reale”, dove le parole del card. Bagnasco hanno trovato consenso. È l’Italia delle centinaia di migliaia di persone che il 30 gennaio hanno affollato il Circo Massimo per manifestare la bellezza della famiglia e denunciato l’iniquità delle unioni civili.
Il portavoce di quella piazza, il neurochirurgo Massimo Gandolfini, ritiene che la dichiarazione del card. Bagnasco riflette “la preoccupazione della Chiesa per un disegno di legge che, se venisse approvato così come è, stravolgerebbe l’antropologia e la cultura del popolo italiano”. E si tratta – ha aggiunto – “della stessa preoccupazione emersa con inequivocabile chiarezza dal popolo delle famiglie nei due appuntamenti del 20 giugno 2015 e del 30 gennaio 2016”. Quando il messaggio che si alzò dalla piazza fu alquanto eloquente: “#Renziciricorderemo”.
Family Day (ZENIT - FC)
Asse Bagnasco-popolo italiano contro le unioni civili
Mentre a Palazzo Madama la resistenza di un drappello di senatori contrari al ddl Cirinnà rischia di crollare davanti alle forzature della maggioranza, Chiesa e società civile fanno quadrato a difesa della famiglia