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Seguirti con la croce

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Lc 9,22-25

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Lettura
Subito dopo la confessione di Pietro, Gesù annuncia la sua morte e risurrezione. E immediatamente dopo, nei versetti del Vangelo di Luca che le leggiamo oggi, troviamo l’invito e le condizioni per la sequela: rinnegare se stessi, prendere la propria croce e seguire Gesù.
Meditazione
Nella vita di ogni uomo e donna, prima o poi, si affaccia una “croce”, grande o piccola. C’è chi porta una croce che riguarda la salute, chi ha subito delle perdite, chi delle delusioni. E indubbiamente ognuno di noi vive queste “croci” in modo diverso. Ma vivere la propria in modo cristiano, cosa significa? Gesù dice di rinnegare se stessi e prendere la propria croce e seguirlo. Tentiamo di esplicitare queste indicazioni: “smettila di vedere solo te stesso, ma prendi ciò che ti fa male, e cammina nella mia scia”. Una “croce” da prendere, da accettare, da abbracciare per poter andare oltre, andare avanti, muoversi. Perché c’è un percorso da fare, una via da percorrere. Essa è già stata percorsa, ogni tappa, ogni istante, da Qualcuno che lo ha fatto per noi. La via è tracciata, si tratta solo di seguire quelle orme, ben visibili. Come fare? Come rinnegare se stessi? Cercando di guardare al di là noi stessi: al di là della porta della nostra stanza d’ospedale, dentro a quella vicina c’è qualcuno soffre come o peggio di noi e ha bisogno di consolazione e conforto. Al di là della nostra tristezza per la perdita di chi ci era caro, ringraziando per il dono che abbiamo avuto godendo della sua presenza e per tutto quello che ci resta, che è sempre tanto. Fondando la nostra fede – un’altra parola per fiducia – non negli uomini, ma in Gesù, che non delude mai. E poi diciamo “sì” e andiamo. Lui ha già percorso quella strada. È stato condannato, ingiustamente, è stato umiliato in ogni modo, è stato deriso, è stato percosso, è stato torturato. Ha visto i suoi amici fuggire e ha visto il pianto straziante delle donne. Ha visto sua madre seguirlo, la pena di chi lo amava veramente. Egli ci accompagna, ci sostiene, ci aiuta ogni volta che inciampiamo, che siamo distrutti, che non ce la facciamo più. La meta è al di là del Gòlgota, la meta è la vita. Vi ha accesso chi si unisce al Figlio, anche e soprattutto nella Croce.
Preghiera
Signore, sto qui con la mia croce. Potrei fermarmi qui. Aspettare che il tempo passi. Che questa vita ingiusta, dura, insopportabile passi. Ma tu mi dici di seguirti. Di dare senso a ciò che apparentemente non ne ha: la mia croce. Di seguirti, di unire il mio dolore al tuo, la mia sofferenza alla tua, la mia croce alla tua. Così essa diventa il simbolo della salvezza, anche della mia salvezza. Sorreggimi, Gesù, aiutami, ti voglio seguire.
Agire
Accettare la propria croce non è un impegno di un giorno. Può iniziare con un primo passo, quello di rinnegare se stessi o, almeno per oggi, non lamentarmi della mia condizione, ma guardare e pregare per quella degli altri.
Meditazione del giorno a cura di Alexandra von Teuffenbach, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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