San Leopoldo Mandic

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Leopoldo Mandic: “Remissor come un’ombra sulla terra”

Il regista padovano Antonello Belluco racconterà in un film la vita del santo frate cappuccino

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Inizieranno alla fine del mese le riprese di Remissor, come un’ombra sulla terra, il nuovo film del regista padovano Antonello Belluco, dedicato a San Leopoldo Mandic, cappuccino, originario della Dalmazia, che papa Francesco ha proclamato patrono dell’Anno giubilare della Misericordia, insieme a san Pio da Pietrelcina.
“Fare un film sui santi più conosciuti, che Dio e la storia ci hanno regalato [Sant’Antonio, guerriero di Dio, 2006, ndr] – scrive il regista, nella nota che accompagna la presentazione del film – è sicuramente più facile. Mettere il loro nome nel titolo, come mi è accaduto con Antonio, permette di attirare l’attenzione”.
Padre Leopoldo, invece, è un santo ancora quasi sconosciuto, sebbene in questi giorni le sue spoglie mortali siano esposte e venerate nella basilica di San Pietro. Acclamato santo già in vita, dai suoi contemporanei, padre Leopoldo considerava se stesso pari al nulla, ancora meno della sua stessa ombra.
Le persone che lo hanno conosciuto, alcune ancora viventi, lo ricordano come un uomo meraviglioso. Chi era padre Leopoldo? Perché è importante per Padova?
Padre Leopoldo ha vissuto a Padova negli anni tra la prima e la seconda guerra mondiale Se oggi è acclamato patrono del Giubileo, pensa quanto ha fatto allora! È stato il buon vicino di casa, l’amico pronto ad ascoltarti nei momenti di difficoltà. È stato il fiore all’occhiello di una Padova che ha vissuto anche momenti storici diversi: il dopoguerra, la crisi economica del ’29, il Fascismo. Tutti lo desideravano, tutti lo amavano, tutti andavano da lui a chiedere infinite grazie perché lo consideravano già santo, qui a Padova, mentre lui, proprio santo, non si sentiva di essere. Esercitava un fascino particolare, come è emerso dalle testimonianze di persone ancora viventi, raccolte per un documentario [che sarà un lavoro parallelo al film con la regia di Stefano Balbo, ndr]. Ricordano la confessione con lui, all’età di 10 o 12 anni, ricordano la sua mano sulla testa, ricordano i suoi occhi vispi, simpatici. Era un uomo particolare.
Come si sviluppa il film? Sarà più storico o centrato sulla figura di padre Leopoldo?
Al centro del film c’è la storia di una famiglia che vive un dramma simile a quello di tante altre famiglie dei nostri giorni, soprattutto in Veneto, dove ci sono tante “croci bianche”. Padre Leopoldo ha aiutato realmente queste persone, la storia è vera. Negli scritti si racconta di un uomo che andava da lui per confessarsi e voleva farla finita. Padre Leopoldo gli racconta della propria famiglia d’origine, a Castelnuovo, in Dalmazia, che, pur essendo benestante, aveva vissuto e superato una forte crisi economica e riesce ad aiutare quest’uomo. Proprio questa storia, questo individuo, mi hanno portato a scrivere la trama di un dramma universale, che appartiene ai tempi passati come a quelli odierni. La figura di padre Leopoldo emerge nel film attraverso il suo operato, la sua partecipazione alla vita delle persone, il suo stare in mezzo alla gente. C’è una scena, per esempio, in cui padre Leopoldo va in ospedale, appena finita la guerra. Ci sono tanti soldati. Uno di loro si rivolge al primario dell’ospedale e gli chiede se guarirà. Il medico risponde che “fa quello che può”, semmai, se c’è uno che può davvero guarire… e gli indica padre Leopoldo.
Che cosa la colpisce nella storia di padre Leopoldo? Che cosa pensa che colpirà il pubblico?
Lui diceva che dovremmo passare sulla terra come un’ombra – da cui il sottotitolo del film – e così ha vissuto, per quello che ho potuto capire io, per quello che ho seguito, che ho letto e per come lo desidero veder interpretato: un uomo che, nel suo silenzio, nella sua pazienza, nella sua misericordia, ha suscitato l’interesse di papa Francesco che ha visto nel santo padovano, il suo stesso modo di pensare. Il mio lavoro, a differenza del film su Sant’Antonio, non è tanto biografico, è piuttosto una ricerca introspettiva per rivelare questo personaggio, quest’uomo quasi sconosciuto, al confronto con tanti altri santi o personaggi della storia eppure prediletto, oggi, perché ha saputo dare un volto al Dio della misericordia. Per quello che sono riuscito a fare, ho cercato di capire, come ho fatto con Sant’Antonio, chi fosse quest’uomo e ho cercato di immaginarlo nella relazione con le persone che lui ha incontrato. Nei dialoghi tra San Leopoldo e le persone c’è un continuo confronto tra la scienza e la fede. “Dio è medico e medicina”, era il pensiero di padre Leopoldo e a qualcuno che gli diceva che alcune cose sono questioni di chimica, ribatteva che è pur vero che “Dio è un grande chimico. Se non fosse fisico, matematico e chimico non ci sarebbe quello che c’è”. Ogni cosa la riconduceva a Dio. C’è questo rapporto tra materiale e spirituale che lui fa emergere, anche nel film, in modo delicato e con il sorriso. Sicuramente chi vedrà il film si sentirà toccare dentro.
Quando è nata l’idea del film?
Nel 2013, ricordo che era gennaio. Da qualche settimana, non saprei dire perché, pensavo di fare qualcosa su padre Leopoldo. In giugno avrei girato Il segreto d’Italia. Mi sono trovato a casa di un amico che aveva tantissimi libri e voleva regalarli. Me li ha fatti vedere. Tra i tanti mi è capitato tra le mani un libro degli anni ‘70, la riedizione di un volume pubblicato appena dopo la sua morte che conteneva i suoi scritti, i suoi detti. Il libro adesso è sparito, non lo trovo più, spero sia in buone mani. È come se avesse fatto il suo servizio, poi se n’è andato. Allora, a maggior ragione, scrissi un progetto, chiesi appuntamento al rettore del santuario e nacque l’idea di seguire il progetto.
A che punto sono i lavori?
Abbiamo fatto riprese e fotografie durante la ricognizione della bara e gli studi sul corpo. Le riprese inizieranno a marzo, per la parte invernale; poi a maggio girerò la parte primaverile. Spero di poter ottenere le riprese del momento in cui, nei giorni scorsi, papa Francesco si è avvicinato a San Leopoldo, durante l’esposizione del suo corpo in Vaticano, assieme alle reliquie di Padre Pio. Queste immagini verranno messe dopo la fine del film: un documento storico. Sarà l’appendice del film, come riconoscimento di un’ombra che non è più ombra.

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Valentina Raffa

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