Via Crucis dei Malati, Lourdes / Wikimedia Commons - AdaLuCaMmI, CC BY-SA 4.0

Scrivo a voi degenti ed ammalati…

Lettera dell’arcivesco di Catanzaro-Squillace in occasione della Giornata Mondiale del Malato, in programma domani, giovedì 11 febbraio, ricorrenza della Beata vergine di Lourdes

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Mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, presidente della Conferenza Episcopale Calabra, continua il suo viaggio giubilare, assieme al popolo di Dio, tra le varie realtà sociali, economiche, culturali del territorio su cui si svolge la sua missione quotidiana. In occasione dell’11 febbraio, ricorrenza della Beata vergine di Lourdes, scrive a degenti e ammalati, dopo averlo fatto con gli operatori del mondo della comunicazione e le consacrate e consacrati al Signore. Nove pennellate d’amore e di fratellanza che l’arcivescovo ha voluto tratteggiare sulla tela della sofferenza di chiunque conviva con la malattia, con uno sguardo attento verso medici e persone che a vario titolo vi ruotano attorno.
La lettera racchiude nel suo primo tratto la dolcezza del Pastore, con la quale manifesta ogni attenzione, senza violarne la privacy, verso chi è afflitto da una qualsiasi infermità. “…Permettetemi di avvicinarmi, in punta di piedi, ai vostri letti, in ospedale o in casa: voglio farmi prossimo a voi tutti, degenti e malati, incluso chi presenta disturbi e patologie di natura psichica. Permettetemi di affiancarmi per qualche momento anche a tutti coloro che temono che la malattia possa spegnere i loro giorni, oppure, a motivo di gravi lesioni neurocerebrali o altre patologie, hanno perso la possibilità di comunicare e di mettersi in relazione con gli altri”. Segue un’attenzione delicata e particolare ”…..possiate tutti sentire e percepire, per mio tramite, la mano tenera del Signore Gesù Cristo, che vi osserva amorevole dall’alto della croce e attraverso di voi vuole annunciare il Vangelo della sofferenza”.
Mons. Bertolone ricorda che la festa della Madonna di Lourdes, si lega per noi cristiani con la Giornata mondiale del malato che, per tutto il 2016, viene celebrata nella città di Nazaret. Non manca in proposito un riferimento al pensiero di Papa Francesco, volto ad evidenziare la sofferenza della Madonna sotto la croce, vedendo spirare il Figlio (cf Gv 19,25). “La Madre Addolorata, a cui la nostra gente è tanto devota, c’insegna che alle lacrime subentrano la speranza e la fiducia nella resurrezione”.
Spicca da subito uno squarcio, pieno di speranza, nell’invito che l’arcivescovo rivolge a tutti i sofferenti: “…non dobbiamo perdere mai la fiducia nell’azione potente e guaritrice dello Spirito Santo”. Poi, ricordando il fiume ininterrotto di persone, pellegrini, nella sofferenza e nella gioia, alla Grotta di Massabielle, in cerca di una guarigione fisica e morale, esorta ognuno ad unirsi a loro nella preghiera. Suggestiva, ma autentica, questa sua espressione sui tanti miracoli avvenuti: “…mai si conoscerà il numero di benefici che il mondo deve alla Vergine soccorritrice!”
Al centro della missiva emerge la profondità universale del pensiero cristiano sui malesseri corporali, attraverso le parole di Johann Wolfgang Goethe: “Ho imparato dalla malattia molto di ciò che la vita non sarebbe stata in grado di insegnarmi in nessun altro modo”. Ma cosa sono allora il dolore e la malattia? Mons. Bertolone precisa: “Il dolore è una componente dell’incompiutezza delle creature. Un dato che nell’orgogliosa e tecnologica società contemporanea, non a caso da più parti definita “post-mortale”, non si vuole accettare”. Stessa chiarezza di idee su ogni alterazione funzionale dell’organismo. “La malattia insegna la vera gerarchia dei valori, svelando l’impotenza della ricchezza che non salva dalla morte. E quando il dolore morale percuote una vita, spesso si assiste a una nuova tensione verso il mistero e verso Dio: l’urlo quasi blasfemo che in certi momenti affiora sulle labbra è forse un estremo appello lanciato al Padre celeste perché si chini sulla nostra umana impotenza”.
Non a caso l’alto prelato, “figlio” del beato Giacomo Cusimano, fondatore della Congregazione del Boccone del Povero, si è reso promotore dell’apertura della “Porta Santa” anche nei luoghi dove si “sperimenta la fragilità umana”, sulle orme di Papa Francesco. Il Santo Padre vede infatti la Chiesa come un ospedale di Campo e i luoghi di sofferenza, come realtà capaci, nell’incontro, di generare veri atti d’umanità e di misericordia. “Non si capisce il senso della vita se non conoscendo le sofferenze umane, soprattutto se colpiti da gravi malattie invalidanti…”.
Ai medici giunge forte una invocazione: “…ben preparati e formati nelle loro discipline scientifiche, diventino anche esperti in umanità”. Per mons. Bertolone l’ammalato deve essere sempre al centro dell’azione medica: “Curare… non è mai soltanto arte, scienza e tecnica, ma è prendersi cura del paziente per informarlo sui più efficaci rimedi”. Dinnanzi poi alla malattia terminale l’arcivescovo fa appello a tutta la comunità cristiana: ”Convinciamoci:  Dio non vuole la sofferenza: essa appartiene al regno della natura creata; contro di essa, insieme con lui, noi dobbiamo lottare fino all’esaurimento delle nostre possibilità”.
Attraverso alcune “scintille”, accese qua e là nelle pagine del vangelo, viene ricordata ai sofferenti, come la compassione riveli “la bontà misericordiosa del nostro Dio”. Ognuno dovrebbe sempre sapere infatti che “Il miglior dono per chi soffre in un letto è proprio ricordargli che il primo a condividere le sofferenze è Gesù Cristo, che si fa nostro fratello nell’amore e nella morte”.
Negli ultimi tratti della lettera si sente concretamente l’unità reale tra il Pastore, il suo gregge sofferente e quanti lo circondano: “Voi ammalati, con i vostri sguardi e sorrisi, mi date molto. I familiari e gli operatori che vi assistono mi edificano spesso per la loro compostezza nell’esperienza del dolore e per la loro fede”. A tutti loro un pensiero di serenità e di fiducia: “Il messaggio centrale del Giubileo è che noi crediamo in un Dio che è amore e misericordia, che ci aspetta, ci accoglie e ci abbraccia in ogni momento in cui siamo disposti a ritornare a Lui”.
Per piccoli ammalati, di cui benessere e dolore interessano anche la Chiesa, il presidente della Conferenza Episcopale Calabra si augura una medicina sempre di più umanizzata, in linea con l’OMS e l’UNICEF, per consentire la costruzione di “Ospedali amici dei bambini”. Citando Emmanuel Mounier, “è attraverso le ferite che Dio passa”, si sofferma sulla inevitabilità del dolore. “Forse è inesorabilmente così, nella storia di ogni uomo, soprattutto se bambino o giovane: la malattia esiste. Contro di essa, certamente, occorre reagire con le cure appropriate, e in questo senso la medicina ha fatto passi da gigante”. È necessario però che, al di là di ogni innovativo intervento medico, si affrontino i mali del corpo con un chiaro atteggiamento di fede. “…La fede nell’amore di Dio, che non abbandona mai nei momenti di sofferenza e di malessere”.
L’arcivescovo di Catanzaro chiude la sua comunicazione a degenti e ammalati, indicando la via sicura di Cristo: “Egli è diventato uomo ed è morto in croce per mostrare che senza la sofferenza la vita non sarebbe tale: l’ostentazione della salute renderebbe gli uomini ancor più prepotenti, la superbia della felicità inaridirebbe i cuori, la terra  sarebbe governata da capricci e da follie, l’esistenza priva di eroismi e di preghiere e la carità morirebbe di nostalgia”. Non manca un riferimento ai cristiani che, da credenti nella sofferenza, morte e resurrezione di Gesù, hanno sempre rivolto, anche con la creazione degli ospedali, una cura speciale verso gli ammalati. Verità spesso dimenticata! “Eppure, rammenta papa Francesco, quando il Figlio di Dio è salito sulla croce ha distrutto la sofferenza e ne ha illuminato l’oscurità. Ecco perché, come osservava Platone, si può perdonare un bambino che abbia paura del buio, ma non si può ignorare che la vera tragedia della vita è quando un uomo ha paura della luce e non sa guardare lontano, in alto e oltre”.
Vibrante e pieno di fraternità il suo saluto finale: “Carissime e carissimi,  contate sulla mia vicinanza umana e spirituale, sempre. Vi voglio bene, di gran cuore vi abbraccio e vi benedico uno per uno, baciando ogni vostra ferita e alleviando, per quanto posso, ogni vostro malessere”.

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Egidio Chiarella

Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, ha fatto parte dell'Ufficio Legislativo e rapporti con il Parlamento del Ministero dell'Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo "La nuova primavera dei giovani" e del saggio “Sui Sentieri del vecchio Gesù”, nato su ZENIT e base ideale per incontri e dibattiti in ambienti laici e religiosi. L'ultimo suo lavoro editoriale si intitola "Luci di verità In rete" Editrice Tau - Analisi di tweet sapienziali del teologo mons. Costantino Di Bruno. Conduce su Tele Padre Pio la rubrica culturale - religiosa "Troppa terra e poco cielo".

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