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Mons. Leuzzi: “Opera di misericordia è anche la testimonianza dell’amore coniugale”

Il delegato per la Pastorale Sanitaria della Diocesi di Roma celebra messa in occasione della Giornata per la Vita

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Riportiamo di seguito, l’omelia pronunciata da monsignor Lorenzo Leuzzi, delegato per la Pastorale Sanitaria della Diocesi di Roma, durante la messa celebrata ieri mattina nella chiesa di Santa Maria in Traspontina, con i docenti e gli allievi delle Cliniche romane di ostetricia e ginecologia, in occasione della Giornata per la Vita.
***
Cari amici,
il tema della 38° giornata per la Vita promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana – La misericordia fa fiorire la vita – ci conduce al cuore del Giubileo.
Accogliendo l’invito di Gesù a “prendere il largo e gettare le reti per la pesca” siamo un po’ tutti intimoriti o forse delusi come Simone e i suoi amici che “non avevano preso nulla”. Ma sulla Sua Parola oggi vogliamo riprovare!
Vogliamo insieme rigettare la rete, nonostante la società contemporanea si presenti refrattaria all’annuncio del Vangelo. È questa la nostra fede: accogliere la grande sfida che distingue il Vangelo della misericordia dal generico ‘dio misericordioso’. È la cultura contemporanea che non comprende che la società non ha bisogno di annunci misericordiosi o di opere di misericordia, ma della presenza di Dio nella storia.
Nella seconda lettura, San Paolo ci ha ricordato che: il “Crocifisso è risorto il terzo giorno ed è apparso a Cefa e quindi ai Dodici”. Questo è l’annuncio della misericordia di cui ha bisogno la società contemporanea; se il Crocifisso non fosse risorto noi potremmo sì parlare di misericordia, però non per l’oggi della storia umana, ma solo come risposta a quel sentimentalismo religioso che ancora pervade il cuore dell’uomo.
Per questo la pesca talvolta è sterile: perché l’annuncio del Vangelo è reso vuoto dal nostro sentimento religioso che impedisce al nostro cuore di accogliere la novità della fede. Cristo è risorto, ed è Lui il centro della storia!
Anche noi siamo chiamati a liberare il nostro cuore dai falsi miti della misericordia, per essere umili come Pietro: “allontanati da me, perché sono un peccatore” (Lc 5,8).
È di fronte all’evento della Resurrezione che noi possiamo scoprire i miti della misericordia che offuscano la realtà e la proiettano fuori della storia, verso mete talvolta più appaganti del Vangelo della misericordia.
Non c’è Vangelo della misericordia senza l’annuncio della Resurrezione e non c’è servizio alla società contemporanea senza la presenza di Cristo nella storia. Molte volte papa Francesco ci ha ricordato che bisogna saper guardare la realtà dalla periferia, evitando di anteporre i nostri desideri di misericordia alla nostra responsabilità verso se stessi e i fratelli.
È il Risorto, che oggi, Dies Domini, giorno del Signore, ancora una volta incontreremo nello spezzare del pane che ci esorta: “Non temere”.
Non temete voi giovani, che siete chiamati a scegliere la meta definitiva della vostra esistenza storica;
non temete voi coppie, che siete chiamate a testimoniare la fecondità dell’amore coniugale;
non temete voi docenti delle Facoltà di Medicina, che siete chiamati a servire la vita nascente;
non temete voi nonni, che siete chiamati a ricordare la genealogia dei vostri figli e nipoti;
non temete voi educatori, che siete chiamati a far scoprire la grandezza della dualità maschio-femmina.
Non temiamo, cari amici, di annunciare il vangelo della Misericordia. La società ha bisogno di quest’annuncio per capire se stessa, per orientarsi nella costruzione del casa comune, per garantire a tutti la pari dignità.
E la prima opera di misericordia di cui c’è grande urgenza è l’annuncio e la testimonianza dell’amore coniugale, prima e fondamentale esperienza umana che fa fiorire la vita, che fa crescere il rispetto per ogni uomo e pone le basi per la democrazia. Siamo chiamati a costruire la società del noi-tutti, dove ogni uomo e ogni donna partecipa non come elemento di un prolungamento biologico, ma come soggetto storico, che con le sue radici contribuisce a progettare il futuro non in astratto e secondo i propri interessi ma per la promozione di ogni uomo e di ogni donna.
Una responsabilità enorme per chi crede che la Resurrezione di Cristo sia una realtà e non un mito, o un semplice messaggio religioso o sociale. Ce lo chiedono gli uomini e le donne di buona volontà, di cui abbiamo letto inaspettate conferme, come l’invito del presidente della fondazione Gramsci.
Chiediamo perdono al Signore se abbiamo dubitato della potenza della Sua Parola e con coraggio, insieme, rispondiamo al Signore con le stesse parole del profeta Isaia: “Eccomi, manda me!” (Is 6,8).
Sì, Signore, sulla tua parola lascio tutto e ti seguo per annunciare a tutti il Vangelo della misericordia, primo ed inesauribile dono per far fiorire la vita che tutti amiamo! Amen.

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ZENIT Staff

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