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Parigi: il fronte contro l'utero in affitto è trasversale

Forum delle associazioni familiari e gruppi di femministe e lesbiche si sono ritrovati insieme a firmare una Carta per l’abolizione universale della maternità surrogata

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L’Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata di Parigi ha suscitato il favore di alcune associazioni familiari e persino di una associazione femminista lesbica.
Presente allo storico incontro la Fafce- Federazione europea della Associazioni familiari cattoliche (di cui fa parte l’italiano Forum delle associazioni familiari), è stata rappresentata da Genevieve Verdet, responsabile di Afc, Associazioni Familiari Cattoliche francesi. La Verdet ha “applaudito a tutto ciò che è stato detto durante l’incontro”, ma chiarisce subito che il punto delicato sono le profonde differenze tra le associazioni che portano avanti questa battaglia.
L’attacco alla maternità surrogata parte da diverse motivazioni. Co-organizzatori dell’evento sono state Cadac (Collettivo diritti delle donne), Clf (Coordinamento Lesbiche francese), CoRP (Collettivo Rispetto della Persona). La Verdet rileva che “alcune di queste associazioni, quelle più estreme, vogliono portare avanti anche aborto e matrimonio per tutti”.
Non a caso dal palco della Assise, José Bove, eurodeputata e vice-presidente della commissione Agricoltura e Sviluppo rurale al Parlamento Europeo, ha dichiarato che “bisogna smarcarsi dai gruppi reazionari”. Per questo – precisa la Verdet – “possiamo lottare con loro contro lo schiavismo, la commercializzazione, le lobby, ma non utilizzeremo gli stessi termini. E non condividiamo le stesse idee sul matrimonio”. La Verdet riconosce tuttavia che l’evento è stato organizzato bene, giacché sono stati portati “argomenti solidi, scientifici”.
Il quadro tratteggiato da Antoine Renard, presidente di Fafce, è ottimistico: “I gruppi femministi che partecipano stanno denunciando con forza non soltanto lo sfruttamento della donna”, ma anche, secondo la Carta che è stata firmata, che “la maternità surrogata fa del bambino un prodotto con valore di scambio”. Proprio questo spiega “come possano trovarsi insieme, tante associazioni dalla storia e dalla cultura tanto diverse, a combattere contro questa pratica”.
Secondo Renard, “il fatto che queste assisi si svolgano all’Assemblea nazionale di Parigi ha un valore simbolico non da poco. Soprattutto se pensiamo che sin dall’allargamento dell’istituto del matrimonio civile alle coppie dello stesso sesso, in Francia si attesta un aumento al ricorso di questa pratica”. Renard ricorda poi che “il primo ministro francese, Manuel Valls, ha inoltre fatto più volte dichiarazioni nelle quali esprime la sua opposizione, anche se di fatto finora nessuna iniziativa internazionale è stata presa dalla Francia”.
“Basterebbe aggiungere una frase, ad esempio, dell’art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, per chiarire il principio dell’inalienabilità della persona umana, della non commercializzazione del corpo umano. Si potrebbe anche proporre un Protocollo addizionale alla Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo o ex novo una specifica Convenzione internazionale che vieti la maternità surrogata” suggerisce il presidente di Fafce.
Il Coordinamento Lesbiche Francesi (Clf) denuncia che “esiste un rischio accertato che a livello europeo siano emesse raccomandazioni favorevoli alla maternità di sostituzione”. Secondo Jocelyne Fildard, Catherine Morin Lesech, Marie Josèphe Devillers, co-presidenti del Clf, per arrivare ad una strategia globale che fermi la Gpa è necessario “appoggiarsi, in Europa e oltre, alle associazioni femministe e lesbiche, a quelle legate al rispetto dei diritti umani, a ricercatori e ricercatrici che hanno rivelato la realtà di questa pratica di sfruttamento, alle personalità politiche che hanno preso posizione per l’abolizione universale della Gpa”.
“Il grande pubblico ignora la realtà della Gpa nel mondo – fanno notare le rappresentanti della Clf – ed è diviso tra un sentimento di rivolta verso questa pratica che gli sembra scioccante, una tentazione compassionevole verso il dramma dell’infertilità e dell’impossibilità per gli uomini di avere un bambino e infine una mancanza di risposta davanti a ciò che, a torto, è presentato come un avanzamento dei metodi di procreazione medicalmente assistita”.
In questo contesto, spiegano le tre donne, le diverse associazioni si sono riunite per lanciare un grande movimento contro la Gpa. L’assise di Parigi “costituisce la prima tappa di questo grande movimento, il suo successo ci incoraggia ad agire su tutti i piani di azione, politico, mediatico, militante”, continuano Fildard, Morin Lesech, Devillers. Che aggiungono: “Siamo coscienti che la pratica della Gpa è stata banalizzata, accettata o tollerata da molti Paesi. Operare un cambio di rotta nell’opinione pubblica è un compito difficile, ma noi sappiamo che è possibile. Altre cause difficile sono state vinte facendo appello alla coscienza sociale: l’abolizione della pena di morte, della schiavitù, ecc.”.
Secondo Mariano Calabuig, presidente del Foro Español de la Familia, le associazioni familiari possono fare molto per fermare la maternità surrogata “innanzitutto informando le loro basi che la donna, i cui servizi si possono vendere e comprare, è trattata come mercanzia, che la vita umana ha un prezzo, che si dimentica il bene del bambino. Bisognerebbe porre la Gpa in relazione alla prostituzione dove la donna utilizza il suo corpo per denaro. Se nella prostituzione la vittima è la donna, perché non nella maternità surrogata?”.
“Solo con questa consapevolezza si può conseguire una mobilitazione adeguata sui media e sui politici per convincerli della perversità di questo strumento. Le associazioni familiari hanno la responsabilità di fare informazione e formazione”. La Gpa, afferma Calabuig, non è stata chiesta dalla società, ma da piccoli gruppi minoritari.
L’unità trasversale nel mondo dell’associazionismo europeo è “possibile, ma difficile”, osserva Calabuig. “L’unità – spiega lo spagnolo – ha bisogno della verità. Alcune associazioni non cercano la verità, ma l’opportunità di apparire perseguendo il proprio interessasse. Ciò rende molto difficile questa ‘unità nella diversità’ che sarebbe auspicabile, soprattutto in un tema come questo”.

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Elisabetta Pittino

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