Il 3 febbraio ricorre la festa di San Biagio di Sebaste ma in pochi conoscono la sua storia di vita e di martirio. Le origini sono antichissime e proprio nell’anno giubilare della Misericordia trascorrono 1700 anni dalla sua morte, avvenuta nel 316 dc.
San Biagio era originario dell’Armenia, medico e vescovo eletto dalla sua città Sebaste. Invalidando quell’editto di Milano che pur ne definiva la fine, nel 313 dc Licinio diede inizio all’ultima persecuzione dei cristiani, una delle più cruente nella storia dell’impero romano d’Oriente e lo stesso vescovo fu costretto a nascondersi in una grotta sul monte Argias. Ritrovato dai Romani venne imprigionato e, rifiutando di negare la propria religione, sottoposto ad atrocissime torture. Fu frustato, dilaniato con i pettini di ferro, rinchiuso in una carrozza rovente, addirittura gettato in un fiume legato ad un masso con il suo corpo che rimase a galla seduto, ricordando il miracolo di Gesù che camminava sulle acque. Questi furono solo alcuni dei supplizi che subì pur di difendere la propria fede.
Nonostante fosse in carcere, guarì molti da diverse malattie tra cui un ragazzo che stava soffocando per una lisca di pesce, ecco perché ad oggi viene definito come il protettore della gola. Licinio lo condannò nel 316 dc alla decapitazione e quando la sua testa fu mozzata fece tre giri intorno a se stessa, continuando a parlare.
Nella cittadina calabrese di Serra San Bruno, conosciuta per la presenza di una Certosa e dell’ordine certosino di San Bruno, la figura di San Biagio è venerata da secoli e fino a pochi anni fa egli ne era il patrono. Le notizie storiografiche insegnano che la sua immagine venne ritrovata intorno all’ottavo secoloin una chiesa abbandonata vicino la cittadina e poi trasferita in quella che ad oggi è l’attuale chiesa Matrice dedicata al Santo, la principale di tutte. Ogni 3 febbraio le celebrazioni solenni hanno inizio con il Canto dell’Ufficio che ripercorre la vita di Biagio fino alla morte. A termine della liturgia, si impone la “benedizione della gola”: incrociando due candele alla gola di ogni fedele, il sacerdote recita << per intercessione di San Biagio, il Signore ti liberi dal mal di gola e da qualsiasi altro male>>, un rinnovo continuo del miracolo compiuto in prigione. Il pomeriggio invece è occasione per benedire dei biscotti tradizionali denominati “abaculi”, a forma di pastorale vescovile conceste di biscotti innalzate al passaggio del sacerdote e dell’aspersorio con acqua benedetta. Infine una tradizione riportata in vita questo anno è una piccola processione di tre giri intorno al perimetro della Chiesa Matrice, in onore dei tre giri che fece la testa del Santo dopo la decapitazione.
La raffigurazione di San Biagio è quella da Vescovo con in mano un libro, un pettine di ferro e il pastorale, in riferimento rispettivamente alla sua cultura medica, al suo martirio con lo strazio delle carni e la sua professione di medico delle anime. Tradizioni, devozioni e culture mantenute nel tempo, grazie all’importante figura di San Biagio che riesce ancora oggi ad essere anello di congiunzione fra due chiese: quella cattolica e quella orientale ortodossa perché è anche un santo armeno. Modello di vita da cui attingere, per fermezza di animo, cura del prossimo e del malato, medico del corpo ma anche dello spirito, pieno servo di Cristo e del suo mistero.
San Biagio di Sebaste: il Vescovo Martire protettore della gola
Storia e devozione del santo di cui si celebra oggi la festività