Stavo nella posizione di chi vive i suoi giorni come fossero gli ultimi. In questo stato di grazia, mi fioriva nel cuore un intimo rapporto con Dio, una grande serenità e nella mente una scia di luce che volevo donare a chiunque si avvicinasse.
Allora mi rammaricavo con Dio: “Ma come e perché morire? Perché non mi permetti di guarire? Lasciami qui, almeno per poter donare e raccontare agli altri tutta questa luce”. Poi, da solo, mi rispondevo: “Signore, se non uscirò dall’ospedale, se non riuscirò a raccontare le tue meraviglie, io te le offro perché tu possa farle piovere dove, come e a chi tu sai.” E mi tornava la serenità.
Poi la guarigione. Qualche giorno prima di uscire dall’ospedale, uno dei chirurghi che intravedeva qualcosa dal mio volto, dal mio comportamento e da qualche mia frase, mi disse: “Lei ce l’ha fatta. È guarito. Fra qualche giorno lei uscirà, forse per poter raccontare a tutti le meraviglie che, nel dolore, Dio le ha dato.”
E ora sono contento di essere stato esaudito, di aver avuto questa opportunità di “predicare dai tetti”: tramite la tecnologia, la radio, la televisione e i miei libretti posso raccontare a tutti le meraviglie di Dio. Anche scrivendo posso narrare ciò che accade a me e ad ogni uomo che all’Amore ripete il suo “SI”.
Ciao da p. Andrea
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Infermiera / Pixabay CC0 - jaytaix, Public Domain
Donare la contemplazione
Narrare quello che accade ad ogni uomo che all’Amore ripete il suo “SI”.