Subito dopo l’ascesa al potere dell’ustaša Ante Pavelić e la proclamazione dell’indipendenza della Croazia nell’aprile del 1941, il nuovo governo, improvvisamente, procedette all’inasprimento della legislazione antisemita sferrando una feroce pulizia etnica al punto che, per sfuggire alle rappresaglie molti profughi ebrei furono costretti, loro malgrado, a riversarsi in massa nella provincia del Carnaro alla disperata ricerca di un luogo che garantisse maggiore sicurezza.
Effettivamente, sembra proprio che questo “canale” sull’Eneo in quel periodo fosse piuttosto frequentato per poter approdare a Fiume, come ci conferma anche Franco Avallone, figlio della Guardia Scelta di P.S. Raffaele Avallone– una delle tante vittime delle Foibe, fucilato il 14 giugno 1945 dagli uomini dell’OZNA, il servizio segreto jugoslavo –, stretto collaboratore di Palatucci sia a Genova che a Fiume, il quale riferisce un interessante episodio che vide per protagonista il giovane funzionario dell’Ufficio Stranieri della questura di Fiume, la madre Anna Casaburi e l’allora rabbino di Sušak, nonché referente locale della Delasem, Otto Deutsch, che a quel tempo si prendeva cura dei profughi ebrei provenienti dalla Croazia in seguito all’emanazione delle leggi antisemite ad opera del poglavnik ustaša Ante Pavelić.
«Ricordo – dichiara Avallone –che mio padre spesso usciva con Palatucci per organizzare il salvataggio di molte persone, per la maggior parte ebree, cercando di trovare una sistemazione sicura per poi smistarle in altre città d’Italia e anche all’estero, dove poteva contare su riferimenti sicuri. In seguito anche mia madre fu coinvolta nel salvare numerosi ebrei. Infatti, spesso si recava nel quartiere di Sušak, in territorio Jugoslavo, noto per un ponte su un piccolo torrente che divideva lo Stato Italiano da quello Jugoslavo. Secondo la versione ufficiale, mia madre si recava in questo quartiere per comprare delle primizie agricole provenienti dalle campagne jugoslave ma in effetti lo scopo principale era quello di conoscere quante persone (ebrei) aspettavano di varcare i confini con l’Italia. Nella zona di Sušak – continua Avallone –operava un Rabbino che era un punto di riferimento importante per gli ebrei dei paesi dell’Europa orientale. Il commissario Palatucci aveva creato con lui, attraverso una rete di amici comuni, una strada per salvare tanti ebrei dai campi di sterminio nazisti».
Proprio per questo motivo, il 21 giugno 1941, Palatucci aveva fatto rilasciare dalla questura di Fiume alla moglie del suo collaboratore una Tessera di frontiera per il confine Jugoslavo. Il rabbino della Comunità ebraica di Sušak, Otto Deutsch, era infatti il referente locale della Delasem che sorgeva in via Vittorio Veneto 3 e, giacché all’epoca le norme vigenti vietavano categoricamente a chiunque di entrare in contatto e finanche prestare assistenza morale o materiale ai profughi, il 23 agosto 1941 – dunque a distanza di soli due mesi dai contatti allacciati con l’inviata di Palatucci – fu tratto in arresto dopo che la questura «riuscì a intercettare e a interrogare una delle persone incaricate di portare i soldi per i sussidi».
A quel punto le autorità di Pubblica Sicurezza lo fermarono intimandogli di consegnare l’elenco dei profughi da lui assistiti, ma di fronte al suo fermo diniego, lo arrestarono con l’accusa di nutrire «accesi sentimenti antitaliani e antifascisti» e per «l’attività svolta nei confronti di ebrei provenienti dalla Croazia agevolandoli con qualsiasi mezzo per eludere la vigilanza ed i provvedimenti dell’Autorità». In effetti la Tessera di frontiera per il confine jugoslavo rilasciata ad Anna Casaburi il 21 giugno 1941 dalla questura di Fiume, scadeva proprio alla fine di settembre di quello stesso anno.
In seguito all’avvento al potere in Croazia del poglavnik ustasha filonazista Ante Pavelić, dopo la dissoluzione della Jugoslavia, improvvisamente, gli ebrei appena fiutarono il pericolo che incombeva su di loro, subito avevano cominciato a darsi alla fuga seguendo soprattutto le direttrici che conducevano a Fiume e Sušak. Molti profughi ebrei provenienti dalla Croazia si avventuravano lungo le frontiere cercando di evitare il respingimento ad opera dell’inflessibile prefetto Temistocle Testa, oppure rimanevano nascosti nei boschi della folta boscaglia, oppure – se erano fortunati – riuscivano a introdursi clandestinamente in Italia preferendo essere trasferiti nei campi d’internamento, anziché affrontare la sorte che li attendeva restando in patria.
Difatti, proprio nell’agosto del 1941, il segretario della Comunità ebraica di Fiume riferiva al segretario della comunità israelitica di Trieste e presidente della sezione triestina del Comitato italiano di assistenza agli emigrati, Carlo Morpurgo, che nei giorni precedenti l’arresto del Rabbino Deutsch, oltre ai 400 ebrei ufficialmente registrati, gravitavano nella zona di Sušak parecchi profughi nascosti nei boschi circostanti «costretti ad implorare l’elemosina dai cittadini».
Come, del resto, avevano fatto sia Dragica Braun, madre della giovane ebrea originaria di Karlovać Mika Eisler (al secolo Maria) – di cui molto si è scritto sulla sua liaison con Palatucci –e sia la famiglia di Carl Selan che, dopo un viaggio rocambolesco erano riusciti a raggiungere Fiume, dopodiché furono aiutate dal giovane responsabile dell’Ufficio Stranieri a trovare dapprima un alloggio nella pittoresca città quarnerina e poi nella vicina e più appartata Laurana, prima di farle trasferite al sicuro a Serramazzoni, un paesino adagiato sull’Appennino modenese,dove, evidentemente, poteva contare sull’aiuto di qualche persona di sua conoscenza, visto e considerato che proprio quelle zone saranno la meta preferita di molti ebrei provenienti da Fiumedi cui abbiamo avuto modo di accennare con dovizia di particolari nei paragrafi precedenti.
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Il questore che assisteva gli ebrei in fuga dalla Croazia
Un capitolo tratto dal libro “La rete segreta di Palatucci”