800 969 878. Questo il nuovo numero verde che è operativo dal 21 novembre per ascoltare e aiutare le donne, ma anche per gli uomini, che hanno perso un bambino di età embrionale e fetale.
Questo progetto nasce in concomitanza al Giubileo della Misericordia, per il quale il Santo Padre ha autorizzato tutti i sacerdoti ad assolvere dal peccato di aborto o più precisamente a togliere la scomunica immediata in cui si trova chi compie il peccato di aborto per il fatto di averlo compiuto.
Solo il Vescovo o chi sia delegato dal Vescovo stesso può togliere la scomunica. Questo per la gravità dell’aborto procurato. Soggetti alla scomunica sono tutti coloro che hanno eseguito, partecipato, voluto, spinto l’aborto procurato (i medici, le madri, i padri che hanno obbligato ad abortire o hanno abbandonato la madre dei loro figli, i genitori che hanno spinto o forzato la loro figlia ad abortire….).
Allora questa opera di misericordia è grande per ricostruire di nuovo ogni persona. Per capire come funziona il numero verde, che fa parte del progetto “Fede e Terapia”, ZENIT ha intervistato la dott.ssa Benedetta Foà, psicologa, membro di “Fede e Terapia”, e autrice di varie pubblicazioni tra cui “Dare un nome al dolore” e co-autrice di “Maternità interrotte”.
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Fede e Terapia: come e quando nasce questo progetto?
Il progetto è un’idea della “Associazione Difendere la Vita con Maria”, il cui fondatore e presidente è don Maurizio Gagliardini. Questa iniziativa si colloca all’interno del progetto “Asciugare le lacrime e guarire le ferite”, tema della Preghiera Universale per la Vita presso il Santuario di Civitavecchia per il triennio 2012/2015.
Un numero verde per il post aborto. Come funziona?
Il progetto Fede e Terapia è composto da un gruppo di professionisti (sacerdoti, psicologi, ginecologi), dalla segreteria e dai volontari che rispondono al telefono che è attivo 24 ore su 24. I volontari sono stati formati in un percorso curato dal prof. Massimo Petrini, preside dell’Ateneo Camillianum di Roma. Se ci fossero altre persone interessate a collaborare possono chiamare direttamente l’Associazione Difendere la Vita con Maria. Il volontario accoglie la chiamata e la necessità della persona nella riservatezza di un colloquio telefonico e propone, in base alle indicazioni ricevute dal gruppo di professionisti, un percorso adeguato alla situazione. Un sacerdote è sempre a disposizione per seguire le persone che si rivolgono al numero verde. Ci occupiamo inoltre della formazione per tutti i professionisti che desiderano contribuire al progetto, proponiamo progetti ed iniziative a carattere pastorale e scientifico-divulgativo e siamo disponibili per le persone che chiamano su Milano e dintorni. A giorni uscirà il volume che accompagna il progetto, “Fede e Terapia. Ferite dell’anima, genitori in cerca di guarigione”, in stampa presso l’editrice Cantagalli di Siena, con i nostri contributi, del cardinal Elio Sgreccia, Presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, del Prof. Massimo Petrini, di mons. Jean Laffitte, Segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia e del noto psichiatra prof. Eugenio Borgna.
Il servizio è stato inaugurato il 21 di novembre: quante telefonate avete avuto in questi due mesi circa?
Il numero verde è nato operativamente il 21 novembre ed è in corso la diffusione del materiale informativo in collaborazione con la pastorale ordinaria e il mondo pro-vita. Questo lavoro è in crescendo verso la Giornata per la Vita (7 febbraio, ndr). In queste settimane stanno uscendo diverse puntate sul tema all’interno dell’inserto È Vita di Avvenire. I dati numerici delle chiamate pervenute al numero verde non sono ancora a nostra disposizione. Sorprendentemente (e forse significativamente) alcune chiamate sono arrivate dal mondo maschile.
Questo servizio si rivolge sia a coloro che sono vittime di aborti procurati che di aborti spontanei?
Questo progetto vuole ascoltare la sofferenza di un mondo di uomini e donne della famiglia nell’ambito di una mancata genitorialità. Il servizio è a disposizione di tutti coloro che sono in lutto per la perdita di un figlio in stato fetale. Singoli o genitori, aborti spontanei, procurati. Nell’Anno della Misericordia ci sentiamo guidati dal Volto misericordioso che il Papa ci ha invitato a guardare, nella certezza di poter aiutare ad asciugare le lacrime.
Cos’è il post aborto e chi sono le “vittime tipo”, oltre ai bambini?
Dopo un aborto il bambino muore. Lui è la prima vittima ma non è la sola. Lo stress post-aborto esiste sia per la donna che per l’uomo. Anche se è più evidente la sofferenza materna, oggi ci sono molte donne che non accolgono il desiderio dell’uomo di tenere il bambino e in questo caso l’uomo soffre tanto quanto la donna. Poi esistono anche uomini che spingono la donna ad abortire e poi se ne pentono. Anche in questo caso l’uomo soffre di stress post-aborto. Da un punto di vista medico questo evento si estende ad un vasto mondo di sofferenza: depressione/commiserazione, umore nero, tristezza, angoscia, pianto continuo, senso di colpa e vergogna, rabbia contro il partner, la famiglia e i medici, stati ansiogeni e conseguente necessità di assumere calmanti, tranquillanti, sonniferi, abuso di sostanze, idee ossessive, flashback, rifiuto di guardare altre donne incinte, rifiuto di ospedali, bambini e medici per non pensare all’aborto, pensieri ossessivi, incubi notturni, disturbi del sonno (insonnia o, al contrario, letargia come fuga dalla realtà), bassa autostima, convinzione di essere cattivi, di non meritare felicità o altri figli, tendenza all’isolamento e autocommiserazione, difficoltà cognitive, mnemoniche e di concentrazione, difficoltà relazionali specialmente rispetto a eventuali discorsi relativi al bambino perduto, introversione, difficoltà con i figli presenti o futuri, difficoltà sessuali (ritiro dal partner o, al contrario, promiscuità sessuale ed eccessi), anoressia e/o bulimia, perfino pensieri di suicidio. Quando si viene a contatto con il dolore e le lacrime di queste madri e padri non si può che desiderare di consolarli. Ascoltare il loro dolore è già un modo per dare a questo dolore un nome, per identificarlo e cercare la cura. Io stessa ho scritto un libro Dare un nome al dolore (ed. Effatà) che è disponibile in libreria.
Cosa può “guarire” dal post aborto? Il professor Petrini parla di Cristoterapia: solo i credenti possono guarire?
Il nostro lavoro fa riferimento costante al Magistero della Chiesa Cattolica e perciò si propone come un progetto pastorale. Il messaggio evangelico è per tutta l’umanità e l’efficacia della Parola di Gesù ha strade spesso a noi sconosciute in grado di raggiungere i cuori in ogni cultura e in ogni situazione e accendere così la speranza.
Quindi è possibile elaborare il dolore del post-aborto?
In anni di lavoro con le donne e gli uomini che hanno abortito un figlio ho toccato con mano come rompere l’omertà sia fondamentale oltre che terapeutico. Avere qualcuno esperto di lutto con cui parlare è fondamentale. Personalmente ho ottenuto risultati insperati grazie al mio metodo “centrato sul bambino”, ma so che anche altri terapeuti di orientamento diverso dal mio, ottengono buoni risultati. Per cui sì, c’è speranza per riacquistare pace dopo un dolore enorme. Poi ognuno ha la propria capacità di perdonarsi e sentirsi perdonato. Non è un cammino per tutti uguale. Chi ha abortito da minorenne fa molta fatica a perdonare i genitori, anche questo è un cammino. Però vedo che la svolta avviene quando si ha la percezione di fare qualche cosa di positivo per il bambino, per esempio pregare per lui, questo aiuta a sentirsi perdonati dal bambino abortito. Il percepirlo veramente nella pace di Dio aiuta le madri/padri a poter godere anch’essi di questa pace. Credo che la fede possa aiutare le persone a raggiungere una pace più profonda, anche se per tutti il bimbo abortito resta nel cuore e molti farebbero qualunque cosa pur di tornare indietro e non abortire.
Dottoressa, qualche nuovo progetto nel prossimo futuro?
Grazie per la domanda! Sono aperte le iscrizioni per il mio prossimo seminario di guarigione sul post-aborto. Sarà a Malnate (Va) dal 27 febbraio al 1° marzo. Sto organizzando anche un seminario in Canada, nel Quebec. Sarebbe veramente un grande successo poterlo fare anche lì perché sembra che al momento in quella zona nessuno si occupi del post-aborto! Devo dire che sto avendo grandi soddisfazioni con il mio libro Dare un nome al dolore. Non mi aspettavo piacesse tanto e soprattutto che ci fossero tanti uomini disposti a leggerlo.
Desperate girl - Pixabay (Counselling)
Guarire dal trauma post-aborto è possibile
Attivo dal 21 novembre scorso un numero verde che accoglie e aiuta donne e uomini feriti per aver avuto, procurato o indotto un’interruzione di gravidanza