Lo spirito è quello del post-Firenze; lo sguardo è verso le sfide dell’attualità: dall’accoglienza ai migranti, alla gente in crisi per la disoccupazione, fino al dibattito su unioni civili, stepchild adoption e utero in affitto, ricordando, anzi tuonando, che i figli “non sono mai un diritto”, tantomeno “cose da produrre”, ma necessitano “rispetto, sicurezza e stabilità”. Nella sua prolusione per il Consiglio Permanente della CEI, al via oggi fino al 27 gennaio, il cardinale presidente Angelo Bagnasco inquadra il momento storico che la società italiana sta attraversando e, a nome della Chiesa, dà voce alle “preoccupazioni” della gente comune, specie quella debole e sotto attacco.
Bambini, deboli e esposti: “Il loro bene prevalga su ogni altro”
Come la famiglia, o ancora peggio i “figli”: bambini innocenti che “in questo scrigno di relazioni, di generazioni e di generi, di umanesimo e di grazia” rappresentano “una punta di diamante”, ma che tuttavia vengono trattati come beni di consumo o “problemi di biologia riproduttiva”.
L’arcivescovo di Genova ammonisce infatti senza troppi giri di parole: “Il loro vero bene deve prevalere su ogni altro, poiché sono i più deboli ed esposti: non sono mai un diritto, poiché non sono cose da produrre; hanno diritto ad ogni precedenza e rispetto, sicurezza e stabilità. Hanno bisogno di un microcosmo completo nei suoi elementi essenziali, dove respirare un preciso respiro”.
“I bambini – aggiunge – hanno diritto di crescere con un papà e una mamma. La famiglia è un fatto antropologico, non ideologico”. E pertanto – rimarca il cardinale citando le recenti parole del Papa alla Rota Romana – “non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”.
Famiglia sia tutelata e sostenuta da politiche incisive
La famiglia – prosegue – è “tesoro inesauribile e patrimonio universale”, “il fondamento e il centro del tessuto sociale”, per cui deve necessariamente essere “tutelata, promossa e sostenuta da politiche veramente incisive e consistenti”. Ogni Stato “assume doveri e oneri verso la famiglia fondata sul matrimonio”, perché “riconosce in lei non solo il proprio futuro, ma anche la propria stabilità e prosperità”.
E nella coscienza collettiva – è l’auspicio del cardinale – non venga mai meno “l’identità propria e unica di questo istituto, che, in quanto soggetto titolare di diritti inviolabili, trova la sua legittimazione nella natura umana e non nel riconoscimento dello Stato”. La famiglia, infatti, “non è per la società e per lo Stato, bensì la società e lo Stato sono per la famiglia”.
Denatalità: “Società senza figli è depressa”
Bagnasco punta poi l’occhio sul problema della denatalità, e, sulla scia del Santo Padre, ribadisce che “una società avara di generazione, che non ama circondarsi di figli, che li considera soprattutto una preoccupazione, un peso, un rischio, è una società depressa”.
Vescovi “uniti” di fronte alle sfide della famiglia
Davanti a queste sfide della famiglia, i vescovi italiani – afferma il presidente – “sono uniti e compatti” nel condividerne prove e difficoltà e nel riaffermarne “la bellezza, la centralità e l’unicità”. “Insinuare contrapposizioni e divisioni significa non amare né la Chiesa né la famiglia”. “Costituiti messaggeri e araldi del Vangelo della famiglia e del matrimonio – evidenzia Bagnasco – non solo crediamo che la famiglia è ‘la Carta costituzionale della Chiesa’, ma anche sogniamo un ‘Paese a dimensione familiare’, dove il rispetto per tutti sia stile di vita, e i diritti di ciascuno vengano garantiti su piani diversi secondo giustizia”.
Giustizia che significa “vivere nella verità, riconoscendo le differenti situazioni per quello che sono, e sapendo che quanti vivono in uno stato oggettivo di errore, continuano ad essere oggetto dell’amore misericordioso di Cristo e perciò della Chiesa stessa”.
Laici assumano le proprie responsabilità e partecipino al bene comune
Nessun invito esplicito, nella prolusione, a partecipare al Family day in programma a Roma il prossimo 30 gennaio al Circo Massimo, ma la precisazione che “i credenti hanno il dovere e il diritto di partecipare al bene comune con serenità di cuore e spirito costruttivo, come ha ribadito solennemente il Concilio Vaticano II: spetta ai laici di iscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Assumano la propria responsabilità alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del magistero”.
Scuola: collabori con famiglia per formazione giovani
Ricordando poi i giorni di Firenze, durante il V Convegno Ecclesiale Nazionale, giorni “di Chiesa”, di riflessione e di ascolto, Bagnasco parla anche di scuola, “il più ampio spazio sociale che ha il compito di affiancare la famiglia per coadiuvarla, secondo le proprie prerogative, nell’educazione dei figli”. Essa – dice – “deve essere maggiormente sostenuta e valorizzata, in modo che sempre meglio sia luogo di autentica formazione integrale e non solo di trasmissione di nozioni o capacità tecniche”. Scuola e famiglia sono perciò due mondi “chiamati sempre più a interagire con rispetto e spirito costruttivo in ordine alla formazione integrale delle giovani generazioni”.
Giovani e adulti umiliati dalla disoccupazione
Rallegrandosi per la “ripresa complessiva dell’economia”, il presidente dei presuli d’Italia esprime tuttavia il suo rammarico per le grosse ferite che la crisi ha inferto al paese e che continuano a ricadere in parrocchie e comunità. In primo luogo “l’umiliazione di giovani che bussano invano alla porta del lavoro e, quindi, non riescono a farsi una famiglia”; poi gli adulti “che, dopo aver perso l’occupazione, da anni resistono grazie a lavori occasionali o alla provvidenza dei nonni”.
“Veramente chi non ha lavoro sente di perdere anche la propria dignità!”, afferma il porporato, ed esorta tutti costoro – “che sono folla” – a “non arrendersi, che la Chiesa è vicina; che insieme cerchiamo strade non solo di immediato sostegno, ma anche di nuove opportunità lavorative”.
“Anche sul piano della solidarietà sociale – osserva poi Bagnasco – vediamo una contrazione preoccupante a diversi livelli, con indigenti di ogni tipo: bambini e anziani, donne e uomini. Purtroppo – e non è una sorpresa – aumentano anche il disagio psico-relazionale e gli stati ansiosi dovuti alla preoccupazione per il futuro dei figli, e ciò accresce le difficoltà nei rapporti familiari, nonché nella possibilità di trovare e di tenere il lavoro”.
C’è un bene sommerso che non fa notizia….
D’altro canto, però, c’è un impegno vivo da parte di Caritas, Centri di ascolto, Istituti religiosi e comunità cristiane per sconfiggere questa “povertà assoluta” in cui, secondo gli ultimi dati Istat, versano oltre 4 milioni di persone, come pure quelle “sabbie mobili dell’invisibilità” che attanagliano, in maniera più subdola, centinaia di giovani, adulti e famiglie.
Bagnasco cita alcuni dati, tra pasti erogati, posti letti assegnati, pacchi viveri o anche semplici sedute d’ascolto; quindi afferma: “C’è un bene sommerso che non fa notizia, ma crea rapporti e segna la vicenda umana: va incoraggiato per far crescere il fronte della generosità e del servizio ai poveri e agli indigenti, perché la vita di tante persone richiede risposte concrete e tempestive”.
Accogliere migranti, non rassegnarsi a cultura dell’indifferenza
A proposito di accoglienza, il cardinale presidente non manca, nella sua prolusione, di affrontare la questione dei migranti che, nel 2015, sono sbarcati sistematicamente sulle coste greche e italiane “in fuga da guerre, disastri ambientali, miseria e persecuzioni politiche e religiose”. Prima di analizzarla dal punto di vista politico, il porporato interpella il cuore di ogni cristiano: “La persistenza dei viaggi della disperazione e delle atrocità che si continuano a perpetrare contro i cristiani e le altre minoranze religiose ed etniche, non deve provocare l’assuefazione nell’opinione pubblica mondiale”, dice.
“Davanti alle tragedie umane, che si consumano quotidianamente nella vita di questi fratelli, nessuno può rassegnarsi a una cultura dell’indifferenza”, soggiunge il cardinale. “Sembra anche che vi sia una singolare differenza di reazione emotiva e politica rispetto a morti e vittime, quasi che la loro dignità dipendesse da classi o caste diverse a seconda dei Paesi di provenienza!”.
Necessaria una nuova politica migratoria
Europa e Onu – afferma quindi il numero uno della CEI – devono farsi carico “di individuare e consolidare soluzioni che vadano alla radice di situazioni, che gettano un’ombra pesante sulla stessa civiltà”. Allo stesso tempo, è necessario sollecitare “una nuova politica migratoria” europea, “affinché i Paesi dell’Unione non si chiudano, limitando la libera circolazione e riducendo l’impegno condiviso dell’accoglienza”.
Un augurio per il Giubileo
Alla luce di questo, il porporato ribadisce l’invito a comunità ecclesiali, associazioni e cooperazioni a garantire “un’accoglienza diffusa” a questi fratelli e sorelle “nei quali si riflette – come in ogni bisognoso – il volto stesso del Signore”, in modo che “i molteplici segni di accoglienza in atto sollecitino la politica locale e nazionale”.
“Le nostre comunità divengano sempre più luoghi ospitali e accoglienti, in cui le inevitabili e salutari differenze sono occasione di crescita, e non di divisione”, afferma. Perché “solo alla scuola della misericordia il nostro mondo può ritrovare la speranza e percorrere la via della pace”.
Quindi l’augurio che il Giubileo della misericordia “ci insegni a guardare le persone e le cose con occhi di bontà, sapendo che, così, le comprenderemo più a fondo, poiché la benevolenza si avvicina alla verità molto più del rancore o dell’indifferenza”.