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Nel Pd è scontro sull'utero in affitto

Un emendamento al ddl Cirinnà di Dalla Zuanna punisce finanche con il carcere chi ottiene figli con questa pratica. L’ira dei suoi colleghi di partito in nome della “unità del gruppo”

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L’utero in affitto è una forma di schiavismo. Dopo la presa di posizione persino di alcuni gruppi femministi, sembra che sia diventato un parere diffuso. Quando però si passa dalla teoria alla pratica, il consenso intorno a questo assunto non è poi così unanime. Anzi.
Lo testimonia la bufera che sta avvenendo in queste ore negli uffici del Nazareno, sede del Partito Democratico. È bastato che il senatore Gianpiero Dalla Zuanna presentasse un emendamento al ddl Cirinnà che punisce chi ricorre all’utero in affitto, per provocare l’alzata di scudi di un’importante fetta di suoi colleghi di partito, i quali lo hanno caldamente invitato a non depositare il testo.
Un emendamento, quello del senatore definito come appartenente all’area cattolica del Pd, che obbliga chiunque voglia accedere allo stato di madre o di padre di un bambino a dichiarare e documentare che il piccolo non è stato ottenuto attraverso l’utero in affitto.
Se, al contrario, si dimostra l’utilizzo di tale pratica la sanzione prevista è “la reclusione da tre mesi a due anni e una multa da 600 mila a un milione di euro”. L’ufficiale di stato civile trasmette quindi gli atti alla procura e “viene dichiarato lo stato di adottabilità del minore” in assenza di alcun legame biologico.
Punizioni severe anche nei confronti di “chiunque organizza, favorisce o pubblicizza la pratica di surrogazione della maternità”. La punizione in questo caso prevede “la reclusione da 6 a 12 anni e con una multa da 600 mila a un milione di euro”, si legge nel testo.
L’emendamento ha trovato subito il sostegno di Maurizio Sacconi, senatore di Area Popolare che è del parere che bisognerebbe rispedire il ddl Cirinnà in Commissione Giustizia in quanto l’Italia ha già troppi “fattori di rottura della sua coesione nazionale”. Su Twitter ha scritto: “Bene emendamenti Pd su utero in affitto. Almeno su questo siamo d’accordo”.
Chi non è d’accordo con Dalla Zuanna, tuttavia, lo si trova proprio all’interno del suo stesso partito. In una nota diffusa poco fa, i senatori dem Massimo Caleo, Laura Cantini e Francesca Puglisi sottolineano che “l’obiettivo che ci siamo posti è unire il più possibile il Pd e approvare le unioni civili”.
Pertanto – aggiungono – “l’emendamento del collega Dalla Zuanna non aiuta, anzi rischia di creare ulteriori fossati” e quindi chiedono “che non venga depositato”. Il drappello di sostenitori Pd alla legge sulle unioni civili dice sì di condannare la maternità surrogata, però quando c’è da farlo coi fatti si tira indietro, adducendo le seguenti motivazioni: “Non possiamo giustificare emendamenti che appaiono non rispettosi della vita delle persone e che allontanano l’unità del gruppo”.
Il clima nel Partito Democratico a proposito del ddl Cirinnà è dunque tutt’altro che sereno. La vicenda che riguarda l’emendamento di Dalla Zuanna è solo l’ultimo episodio che lo dimostra. Il 14 gennaio una parte del gruppo, “reo” di essersi schierato contro la stepchild adoption, ha ricevuto gli strali del mondo omosessuale vicino al partito di Renzi.
Il sito Gay.net, diretto da Alessio De Giorgi, membro della prima Assemblea del Partito Democratico e considerato un indefesso sostenitore del presidente del Consiglio, ha pubblicato una sorta di lista di proscrizione con i nomi dei 30 senatori Pd contrari all’adozione omosessuale. Il gesto ha suscitato indignazione soltanto presso gli interessati, che hanno parlato di atteggiamento “squadrista”.
La data del 28 gennaio, quando il testo approderà in Aula, è vicina. Tuttavia all’interno del Partito Democratico non sembra proprio aleggiare un consenso unanime sul da farsi. Domani intanto, scadenza del termine per gli emendamenti, sapremo se Dalla Zuana avrà sacrificato sull’altare della “unità del gruppo” la condanna verso chi sfrutta le donne e tratta i bambini come merce.

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Federico Cenci

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