Alcuni recentissimi dizionari riportano questa voce: wojtylismo. Che significa? Ci viene detto che si tratta del “complesso di idee, orientamenti, comportamenti ecclesiali e politici del pontefice Giovanni Paolo II”, ovvero “la sua eredità spirituale e politica”.
Politica? In effetti, agli occhi del mondo l’azione pastorale dei successori di Pietro appare sempre anche in una dimensione “politica”. Lo è stato nel passato, lo è anche oggi. L’ultimo esempio è papa Francesco, spessissimo interpretato dalla grande stampa con criteri ideologici. Interpretato, o addirittura filtrato e censurato.
Così pochi sanno che l’attuale pontefice si è pronunciato più volte su argomenti “fastidiosi” per certa cultura: ha condannato l’aborto, l’eutanasia, l’ideologia gender. Ma tutto questo viene taciuto, per costruire un’immagine di ciò che magari in futuro verrà chiamato “bergoglismo”.
Tornando al “wojtylismo”, anche qui la cultura dominante ha dato, e dà ancora, un immagine stereotipata del santo pontefice polacco. Cosa è stato invece Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II? Come disse nell’omelia tenuta per le sue esequie colui che doveva diventare il suo successore, il cardinale Ratzinger, “Seguimi” – questa parola lapidaria di Cristo può essere considerata la chiave per comprendere il messaggio che viene dalla vita di Papa Giovanni Paolo II.
“Seguimi”: fin da giovane studente Karol Wojtyła era entusiasta della letteratura, del teatro, della poesia. Lavorando in una fabbrica chimica, circondato e minacciato dal terrore nazista, ha sentito la voce del Signore: Seguimi! In questo contesto molto particolare cominciò a leggere libri di filosofia e di teologia, entrò poi nel seminario clandestino creato dal Cardinale Sapieha e dopo la guerra poté completare i suoi studi nella facoltà teologica dell’Università Jaghellonica di Cracovia. In quei testi interpretò il suo sacerdozio in particolare a partire da tre parole del Signore. Innanzitutto questa: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”.
La seconda parola era: “Il buon pastore offre la vita per le pecore”. E infine: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore” In queste tre parole vediamo tutta l’anima del Santo Papa Giovanni Paolo II. Un pontefice che andò ovunque ed instancabilmente per portare frutto, un frutto che rimane.
Aveva consegnato nelle mani del Signore tutti i suoi talenti, i suoi interessi, le sue passioni: l’amore alla parola, alla poesia, alle lettere fu una parte essenziale della sua missione pastorale e diede nuova freschezza, nuova attualità, nuova attrazione all’annuncio del Vangelo, proprio anche quando esso è segno di contraddizione.
Giovanni Paolo II fu sacerdote fino in fondo, perché offrì la sua vita a Dio per le sue pecore e per l’intera famiglia umana, in una donazione quotidiana al servizio della Chiesa e soprattutto nelle difficili prove degli ultimi mesi. Così diventò una sola cosa con Cristo, il buon pastore che ama le sue pecore. E infine “rimanete nel mio amore”: il Papa che ha cercato l’incontro con tutti, che ha avuto una capacità di perdono e di apertura del cuore per tutti, ci dice, anche oggi, con queste parole del Signore: Dimorando nell’amore di Cristo impariamo, alla scuola di Cristo, l’arte del vero amore.
Insieme al mandato di pascere il suo gregge, Cristo annunciò a Pietro anche il suo martirio. Con questa parola sul mandato di pastore universale, il Signore richiama un altro dialogo, tenuto nel contesto dell’ultima cena. Qui Gesù aveva detto: “Dove vado io voi non potete venire”. Disse Pietro: “Signore, dove vai?”. Gli rispose Gesù: “Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi”. Gesù dalla cena va alla croce, va alla risurrezione – entra nel mistero pasquale; Pietro ancora non lo può seguire. Adesso – dopo la risurrezione – è venuto questo momento, questo “più tardi”.
Pascendo il gregge di Cristo, Pietro entra nel mistero pasquale, va verso la croce e la risurrezione. Il Signore lo dice con queste parole, “… quando eri più giovane… andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”.
Nel primo periodo del suo pontificato Karol Wojtyla, ancora giovane e pieno di forze, sotto la guida di Cristo andava fino ai confini del mondo. Ma poi sempre più entrò nella comunione delle sofferenze di Cristo, sempre più comprese la verità delle parole: “Un altro ti cingerà…”. E proprio in questa comunione col Signore sofferente ebbe instancabilmente e con rinnovata intensità ad annunciare il Vangelo, il mistero dell’amore che va fino alla fine.
Infine la devozione a Maria, stile inconfondibile del suo pontificato, che ebbe come motto “Totus tuus”, un espressione del grande san Luigi Maria Grignion de Montfort.
Lui, che aveva perso in tenera età la mamma, tanto più ha amato la Madre divina. Ha sentito le parole del Signore crocifisso come dette proprio a lui personalmente: “Ecco tua madre!”. Ed ha fatto come il discepolo prediletto: l’ha accolta nell’intimo del suo essere: Totus tuus. E dalla madre imparò a conformarsi a Cristo.
Questo grande Papa volle dare tutto se stesso senza riserve, fino all’ultimo momento, per Cristo e così anche per noi.
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W come Wojtylismo
La cultura dominante ha dato, e dà ancora, un immagine stereotipata di San Giovanni Paolo II, un papa su cui molto si è detto ma molto c’è ancora da scoprire