Martedì 24 novembre a Venezia, in Piazza San Marco, si è tenuto il funerale di Valeria Solesin, giovane ricercatrice all’Ined (Institut national d’études démographiques) della Sorbona uccisa nell’attacco al Bataclan di Parigi.
Nel corso della cerimonia civile sono intervenuti i rappresentanti delle comunità religiose, che hanno accolto l’invito del padre di Valeria e hanno lanciato messaggi contro il terrorismo.
“Ringrazio i rappresentanti delle religioni cristiana, ebraica, musulmana in presenza congiunta in questa piazza, simbolo del cammino comune degli uomini nel momento in cui il fanatismo vorrebbe nobilitare il massacro con il richiamo ai valori di una religione”, ha detto il padre di Valeria Solesin, Alberto.
Il saluto a Valeria ha unito persone, religioni e culture diverse dando al mondo una straordinaria lezione di civiltà. Ha dimostrato la forza degli ideali di una ragazza molto impegnata nel sociale che credeva nella libertà e nella pace.
“Valeria era contraria a qualsiasi guerra, a qualsiasi intervento militare. Diceva che l’unico modo per rispondere alla guerra era la pace”, ricordano i suoi amici.
Esistono persone che hanno arricchito i cuori della gente a tal punto da non poter essere dimenticate. La forza dei loro insegnamenti, l’esempio che hanno dato, li ha resi immortali nei pensieri e nelle azioni di chi ha avuto la fortuna di stargli accanto.
Valeria Solesin era, e sarà sempre, una di quelle persone. Un esempio, per tutti coloro che non vogliono arrendersi alla barbarie della guerra.
Sui libri di storia abbiamo studiato il passato, ne abbiamo esaltato le glorie e condannato le colpe. Ci siamo crogiolati nella convinzione che la consapevolezza di ciò che è bene e di ciò che è male fosse uguale per tutti e che la storia ci avesse evoluti a tal punto da impedirci di ricadere nei terribili sbagli del passato. Speravamo che fosse terminato il tempo in cui l’ignoranza e la perversità di un’ideologia malata partorivano automi da guerra, eppure quel tempo non è mai passato. Oggi, come ieri, dobbiamo continuare ad impegnarci nella costruzione di un futuro migliore. Un futuro di pace. Quello stesso futuro per cui le generazioni passate hanno tanto faticosamente combattuto.
Abbiamo il compito di rifiutare la resa e reagire alla paura trasformandola in coraggio. La nostra identità culturale, già ampiamente delineata nei secoli, ha aperto le porte a popoli diversi incentivando una sana e vantaggiosa integrazione. Lo sbaglio più grande che potremmo fare in questo momento sarebbe quello di lasciarci andare alla tentazione insana di generalizzare e credere che quest’integrazione sia totalmente fallita. Le testimonianze di solidarietà giunte da ogni religione e cultura ci hanno confermato quanto il terrorismo sfrutti la religione convertendola in una sgualcita ideologia del male.
Se compiamo un salto nel passato, e ripercorriamo ad esempio la vita di Cristo, Gandhi, Martin Luther King, ci rendiamo conto che gli insegnamenti di pace ed amore si sono diffusi e impressi nell’animo umano senza violenza o costrizione alcuna. Perché erano idee sane, morali, tanto potenti da potersi radicare anche solo con una parola.
Il terrorismo ha bisogno della violenza per affermare la disumanità dei suoi ideali, si nutre dell’odio perché è l’unico terreno in cui può reclutare i suoi ladri di vite, prova a trucidare la nostra libertà perché non accetta che valori di umanità e di concordia possano essere più forti e radicati delle loro folli ideologie.
Non lasciamoci tentare dall’odio. Perché nessuno è più grande e forte di chi ha il coraggio di diffondere idee di libertà, fede e pace senza puntare le armi.