Anche quest’anno, con un po’ di anticipo rispetto al solito, è scoppiata la polemica su come festeggiare – e se festeggiare – il Natale nelle scuole.
Il primo caso si è verificato in una scuola di Casazza (BG) dove la prof.ssa Antonia Savio, preside dell’istituto, avrebbe impedito di inserire il brano Adeste Fideles in uno spettacolo che si dovrà svolgere pochi giorni prima delle vacanze natalizie. Contattata dalla stampa, la preside, fra l’altro, ha dichiarato: “È tutto falso. Nessuno ha vietato niente a nessuno. 240 bambini avrebbero dovuto imparare a cantare in latino una canzone difficile come Adeste fideles”.
Dunque, secondo la responsabile dell’istituto, nessuna polemica contro il celebre canto natalizio, ma solo una preoccupazione di “natura didattica” legata alla difficoltà della lingua latina. Eppure è strano che una simile preoccupazione possa venire dalla prof.ssa Savio che, come possiamo leggere nel suo curriculum vitae pubblicato sul sito della sua scuola, dal 2007 al 2010 è stata direttore di corsi di lingua araba per adulti e alunni e direttore di corso di lingua rumena per alunni!
Il secondo episodio si è verificato a Rozzano (MI), dove il prof. Marco Parma, dirigente dell’Istituto Comprensivo Garofani, alle tradizionali manifestazioni legate al Natale ha preferito organizzare un Concerto d’Inverno per il 21 gennaio. A differenza del primo caso, il preside non ha cercato di smentire o minimizzare, ma si è giustificato dicendo: “A me interessa che a scuola ogni momento sia condivisibile per tutti e che nulla possa creare imbarazzo o disagio a qualcuno”.
Verrebbe da chiedere al prof. Parma: Ma perché bisogna inventarsi dal nulla una festa per tutti che poi, non avendo nessuna radice storica, finisce per essere la festa di nessuno? Perché non consentire agli alunni stranieri la possibilità di conoscere le usanze del paese che li ospita? Vogliamo che questi ragazzi crescano nel nostro paese senza sentirsi parte di esso? Non si potrebbe poi chiedere agli alunni stranieri di spiegare, in un altro momento, usi e costumi dei loro paesi di origine, anziché autocensurarsi?
La vera integrazione avviene “per addizione” e attraverso la reciprocità. Il dialogo si costruisce quando le identità si confrontano e si compongono e non certo con l’annullamento di una di esse. Che cosa accadrebbe se prendessimo sul serio la posizione del prof. Parma e la applicassimo in maniera coerente? Innanzitutto dovremmo iniziare ad abolire le vacanze di Natale e dovremmo tenere le scuole aperte per chi non festeggia la nascita di Gesù!
E poi magari non dovremmo più parlare di domenica (Giorno del Signore), ma di Giorno del Sole, come fanno gli inglesi. Anzi no, dovremmo sostituire la settimana, troppo legata al racconto della genesi, con la più neutra decade e alla fin fine, per non legare il tempo alla nascita di Cristo, saremmo obbligati a contare gli anni dalla fondazione di Roma!
È poi importante notare che le proteste non sono giunte da genitori di alunni stranieri, ma da responsabili di istituzioni dello stato italiano. Ogni tentativo di strumentalizzare queste vicende in chiave anti-immigrati risulta dunque del tutto fuorviante. Anzi, ad esempio, alcuni genitori musulmani sono stati intervistati e hanno dichiarato di non provare alcun disagio davanti a presepi e concerti natalizi.
Si tratta dunque di capire bene che la responsabilità delle solite polemiche nel periodo natalizio sono da attribuire a nostri connazionali che, con la scusa della tolleranza e del rispetto verso le altre religioni, vorrebbero abolire i simboli e le tradizioni tipiche della nostra cultura.
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[Fonte: L’Ancora Online]