La collina di Lagiewniki è un rifugio spirituale alla periferia di Cracovia. In un’atmosfera di pace sorge un convento di suore in pregevole stile gotico. È qui che visse e morì Santa Faustina Kowalska, ed è qui che in una sera d’inverno del 1931 le apparve Gesù in veste bianca. Episodio, quest’ultimo, da cui scaturisce la Festa della Divina Misericordia, proclamata da San Giovanni Paolo II.
Fu lo stesso papa Wojtyla che, nel 2002, consacrò la basilica della Divina Misericordia, un grande edificio moderno eretto proprio accanto al convento. Questi due luoghi, che specie nel fine settimana pullulano di pellegrini, svettano tra i grigi palazzoni d’architettura socialista.
La loro presenza è un simbolo dell’identità cattolica polacca, che ha resistito e vinto dinanzi all’incedere nel secolo scorso di un’ideologia atea e massificante. Assume dunque un valore speciale che si sia svolta qui sabato scorso, in una sala conferenze intitolata a Giovanni Paolo II, la seconda giornata del Congresso Europeo per la Difesa dei Cristiani (patrocinato da Adrzej Duda, presidente della Repubblica polacca).
Alla seconda giornata di dibattito, aperto dal vicepresidente del gruppo europarlamentare dei Conservatori e Riformisti, il prof. Ryszard Legutko, hanno partecipato gli esponenti polacchi di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), politici, studiosi, esperti di diritto e uomini di Chiesa. Tra questi ultimi, spiccava la presenza del card. Stanislaw Dziwisz, Arcivescovo metropolita di Cracovia.
Momento di particolare intensità è stato vissuto nel momento in cui l’ex segretario particolare di Giovanni Paolo II ha consegnato una reliquia di papa Wojtyla a mons. Kyrillos William Samaan. Nella diocesi di cui Samaan è vescovo (quella di Assiut, in Egitto) procedono i lavori per l’edificazione di una chiesa intitolata a Giovanni Paolo II. Le reliquie verranno dunque poste al suo interno.
Si tratta di un privilegio raro, giacché la costruzione di una nuova chiesa, in un Paese come l’Egitto, è un dato affatto scontato. Gli impedimenti burocratici – ha raccontato il presule copto-cattolico – emergono come funghi ogni qual volta viene avanzata dalla minoritaria comunità cristiana una richiesta di questo tipo.
Ma è forse l’aspetto più marginale di una discriminazione religiosa assai poderosa in Medio Oriente e non solo. Nel corso dell’evento, è stato presentato il rapporto di Acs sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo: un quadro impietoso di una realtà che assume ogni anno contorni sempre più marcati.
Esperti provenienti da tutto il mondo si sono dunque interrogati su questo tema, cercando soluzioni. Tra loro, anche l’italiano Luca Volontè, già europarlamentare e presidente di Novae Terrae, Fondazione che si prefigge di promuovere i diritti umani e sviluppare studi e collaborazioni internazionali e nazionali.
Intervistato da ZENIT, Volontè ha definito il bilancio del Congresso “positivo”, e “non solo per la presenza dei vescovi di Paesi colpiti dalla terribile piaga del terrorismo (oltre a mons. Samaan, c’erano mons. Warduni dall’Iraq e mons. Coutts dal Pakistan, ndr), ma anche per i contributi di altissima competenza di esperti e avvocati di ogni parte del mondo”.
Al di là delle parole, Volontè ha sottolineato come “non si sia perso l’appello alla concretezza, invocato sin dal primo giorno del Congresso”. Concretezza che non può non rivolgersi anzitutto verso l’Europa stessa, le cui radici cristiane appaiono essiccate a chi legge il Rapporto OSCE-Odhir, pubblicato in questo mese sui cosiddetti Hate Crimes, i crimini causati da odio.
“Il dato che emerge dimostra una persecuzione chiara verso i fedeli e i beni dei cittadini europei che credono nelle religioni e nella fede abramitica – spiega Volontè -. È un fatto, emerge in Europa un forte sentimento anti religioso, un laicismo che non solo abolisce e restringe la memoria cristiana ma vuole punire Dio e i suoi fedeli”.
Secondo l’ex europarlamentare, “l’abolizione di Dio, l’usurpazione del senso religioso dell’uomo si trasforma in violenza grave. Questi fatti, questo gravissimo pericolo non è preso in considerazione né dai mass media, né dai governi, né dalla cultura europea”. Se non si interviene, si avranno allora “nuove violenze e nuove privazioni di diritti umani”. Volontè ricorda che non solo in Medio Oriente, ma anche in Europa “il totalitarismo è sempre possibile e sempre attacca l’esperienza religiosa come fatto intollerabile per il potere”.
L’esperienza polacca giunge però come un fascio di luce che può illuminare Europa e mondo intero. Ne è convinto Volontè: “C’è un messaggio che ci viene dalla Polonia come da tutti i Paesi che hanno vissuto la privazione della libertà e la persecuzione religiosa: vivere la verità può cambiare il mondo. Il coraggio e l’intelligente attenzione che ci viene dalla storia e dalla cultura di questi Paesi devono insegnare molto al resto d’Europa”. E mentre ci salutiamo, un tenue sole prova a irradiare luce tra le dense nuvole del cielo di Cracovia.