A cargo airplane of the World Food Programme (WFP) flies over a refugee camp for internally displaced persons as it touches down at the Airport of Mpoko

ANSA

Il Papa atterrato a Bangui. Senza alcun bisogno di paracadute…

Cerimonia regolare all’aeroporto di M’Poko. I gendarmi con il giubotto anti-proiettile. Si realizza il desiderio del Pontefice di aprire il Giubileo nel paese martoriato da povertà e violenza

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Non era scontato che Papa Francesco arrivasse in Repubblica Centroafricana. La guerra civile in corso e il serio rischio di attentati – non solo alla persona del Papa, ma a tutti i fedeli riuniti per i diversi eventi papali – avevano fatto vacillare più volte la decisione di compiere questa terza tappa del viaggio apostolico. Senza dimenticare il carico da 90 posto dagli 007 francesi che, nei mesi scorsi, avevano provato più e più volte a far desistere l’entourage papale.

Invece Bergoglio è arrivato a Bangui, stamane alle 10, nell’aeroporto internazionale M’Poko. D’altronde lui stesso aveva annunciato ai giornalisti che lo accompagnano in volo: “Andrò anche a costo di buttarmi con il paracadute”. Fortunatamente non ce n’è stato bisogno: il Papa è atterrato regolarmene con un aereo Alitalia, dove tra l’altro ha avuto modo di offrire anche una torta di compleanno ad un’assistente di volo e alla giornalista francese Caroline Pigozzi.

Era una tappa, questa nel poverissimo e martoriato paese africano, troppo importante per rinunciarvi. Non solo perché il Papa vuole portare un annuncio di pace lì dove regna la guerra o per dare un respiro di sollievo dopo secoli di sfruttamento e di difficoltà dei governi locali di risollevare le sorti delle popolazioni, ma anche per suggellare il desiderio di aprire nel cuore dell’Africa il Giubileo straordinario della Misericordia. 

Gesto dall’enorme valore simbolico, paradigma di quella ritorno alle “periferie” predicata sin dai primi giorni di pontificato. Gesto che “se non ci saranno sorprese”, come ha detto padre Lombardi, dovrebbe avvenire oggi pomeriggio con l’apertura della Porta Santa nella Cattedrale di Bangui, alla presenza di tutto il clero e migliaia di giovani riuniti in preghiera.  L’apertura della Porta Santa “sarà un nuovo inizio per la Repubblica Centrafricana”, ha detto ieri l’arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalainga, in un’intervista a Tv2000. Un arcivescovo coraggioso che, insieme all’imam e al pastore protestante di Bangui, ha dato vita alla ‘Piattaforma religiosa per la pace’, impegnata per la riconciliazione e l’ecumenismo non solo a livello locale, ma anche internazionale.  

“Noi abbiamo tanto sofferto con tribolazioni, esitazioni, dubbi, massacri e con tutto quello che ci ha diviso”, ha detto. “Papa Francesco viene per aprire il nostro cuore alla tenerezza, alla misericordia, alla riconciliazione. È un modo per dirci: è tempo di perdonarci, è tempo di ricostruire il nostro Paese”. E tutti a Bangui affermano che sarebbe stata una delusione troppo grande – l’ennesima – per il popolo centroafricano se il Vescovo di Roma avesse rinunciato a questa visita.

Certo, i rischi non si possono ignorare. Ad accogliere il Papa nell’aeroporto, dove ha avuto luogo la cerimonia di benvenuto, c’erano infatti i Gendarmi per la prima volta con il giubbotto antiproiettile. Fuori si aggiravano circa 300 Caschi blu dell’Onu e anche alcuni gruppi di scout si sono dispiegati in strada per garantire l’ordine. Un segno di come anche la Chiesa locale abbia voluto scendere in campo per dare sicurezza al Papa. 

Alla gente tutto questo non importa: erano in centinaia agli angoli della strada ad attendere il passaggio del Successore di Pietro. Una folla colorata e urlante entusiasta, emozionata di vedere un nuovo Pontefice, dopo 20 anni, varcare quei territori polverosi, così ricchi di risorse (Francesco, tra l’altro, li ha accontentati tutti percorrendo un breve tragitto in jeep scoperta).

In aeroporto, era stato accolto da Catherine Samba-Panza, il cosiddetto capo di Stato della Transizione, in carica fino a che le elezioni – quelle in programma per novembre, ma rimandate a causa delle violenze – non proclamino ufficialmente il nuovo presidente. Insieme a lei, il nunzio apostolico mons. Franco Coppola, alcune autorità dello Stato, i vescovi e una rappresentanza di fedeli. La cerimonia si è svolta in modo regolare: l’esecuzione degli inni, gli onori militari, la presentazione delle rispettive delegazioni. 

Dopodiché il Santo Padre e il capo di Stato ad interim si sono intrattenuti brevemente nel Salone Presidenziale dell’aeroporto. Da lì il trasferimento al Palais de la Renaissance, il Palazzo Presidenziale, dove si è svolto l’incontro privato nello studio e poi quello con la famiglia, mentre intanto si parlavano la delegazione Vaticana e quella del governo del Centrafrica. Al termine del colloquio privato, il Pontefice ha incontrato quindi le autorità dello Stato, la classe dirigente e il corpo diplomatico, ai quali ha espresso simbolicamente il suo affetto e la sua vicinanza spirituale a tutta la popolazione. Una popolazione sofferente a cui il Papa non ha voluto, a tutti costi, far mancare il suo abbraccio.

Domani la giornata si prevede altrettanto impegnativa. Bergoglio visiterà la moschea nel quartiere musulmano “Km 5”, a nord, nel cuore della zona residenziale, lo stesso che lo scorso settembre ha visto morire 36 persone per gli scontri interreligiosi. Dalla stessa moschea i ribelli Selekà hanno costretto l’imam Oumar Kobine Layama a fuggire, minacciandolo per le sue posizioni troppo aperturiste e moderate. Attualmente è ospite nell’arcivescovado. 

La situazione sembra tuttavia essere tornata alla normalità nelle ultime settimane. Merito dei Caschi blu, ma anche del contributo degli abitanti del quartiere. La visita nella moschea è stata infatti confermata da padre Lombardi. Tanto il Papa ci sarebbe andato ugualmente. A lui, in fin dei conti, a parte le zanzare, non lo spaventa nessuno.

 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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