“Bangui diviene la capitale spirituale del mondo. L’anno Santo della Misericordia viene in anticipo in questa terra. Una terra che soffre da diversi anni per la guerra, per l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. In questa terra sofferente ci sono anche tutti i paesi del mondo che passano attraverso l’esperienza della croce e della guerra. Bangui diviene la capitale spirituale della preghiera per la misericordia del Padre. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore. Per Bangui e tutta la Repubblica Centroafricana e per tutti i paesi del mondo che soffrono la guerra chiediamo la pace. E tutti insieme chiediamo amore e pace. Tutti insieme… E adesso con questa preghiera incominciamo l’Anno Santo, qui, in questa capitale spirituale del mondo”.
Si apre così il Giubileo straordinario della Misericordia, con queste poche parole a braccio di un Papa venuto della fine del mondo che, con un sottofondo di canti tribali, varca la Porta Santa in legno verniciato di una cattedrale fatta tutta di mattoni, situato in una delle zone più povere del mondo: Bangui, Repubblica Centrafricana, dove gli scontri tra le religioni provocano sofferenza e morti (3 giovani, si dice, proprio questa mattina poco prima dell’arrivo del Papa) e dove gli stessi luoghi di culto sono teatro di saccheggi e atti terroristici.
Da questa terra ferita, Francesco ha voluto emanare questo vortice di Misericordia che investirà tutto il mondo dal prossimo 8 dicembre, con l’apertura della Porta Santa della Basilica Vaticana. “Apritemi le porte della Giustizia entrerò a rendere grazie al Signore”, recita il Papa seguendo il Rito, “… io entro nella tua casa mi prostro dentro il tutto Tempio santo”. Poi, dopo aver battuto tre colpi di martelletto, si ferma per pochissimi attimi in silenziosa preghiera sulla soglia; infine spalanca la porta ed entra, per primo, da solo, nella Cattedrale intitolata all’Immacolata Concezione.
L’aveva detto e l’ha fatto, a dispetto dei rischi per la sicurezza, del pericolo degli attentati, di una violenza che sembra essere l’unica caratteristica di questo territorio. Un gesto mai avvenuto in duemila anni di Chiesa, in cui si intrecciano storia, simbologia, speranza. E fede. Tanta fede. Quella di un popolo inginocchiato in cattedrale, pronto ad accompagnare con la preghiera e il canto il passaggio del Successore di Pietro attraverso la sacra Porta. Quella dei migliaia di giovani disposti sul sagrato della Cattedrale, che seguono la Messa dai maxi schermi e che, con lo stesso coraggio dimostratogli dal Papa, trascorreranno tutta la notte in una Veglia di preghiera per salutare l’Anno giubilare.
Circondato da una cinquantina di vescovi africani, ‘sorvegliato’ alle spalle dalla effigie di Nostra Signora di Fatima, e accompagnato da circa 2.500 tra sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti e fedeli, il Papa dà quindi inizio alla celebrazione. “In questa Prima Domenica di Avvento – dice nell’omelia – Dio ha guidato i miei passi fino a voi, su questa terra, mentre la Chiesa universale si appresta ad inaugurare l’Anno Giubilare della Misericordia”. Con il cuore ed il pensiero il Vescovo di Roma raggiunge quindi tutti i sacerdoti, i consacrati, gli operatori pastorali del paese, e saluta tutti i malati, gli anziani, i feriti dalla vita. “Alcuni di loro sono forse disperati e non hanno più nemmeno la forza di agire, e aspettano solo un’elemosina, l’elemosina del pane, l’elemosina della giustizia, l’elemosina di un gesto di attenzione e di bontà”, dice.
A loro il Papa offre “la forza e la potenza di Dio che guariscono l’uomo, lo fanno rialzare e lo rendono capace di cominciare una nuova vita, passando all’altra riva”. “Gesù non ci manda soli all’altra riva – rassicura – ma ci invita piuttosto a compiere la traversata insieme a Lui, rispondendo, ciascuno, a una vocazione specifica”. Tutti perciò “dobbiamo essere consapevoli che questo passaggio all’altra riva non si può fare se non con Lui, liberandoci dalle concezioni della famiglia e del sangue che dividono, per costruire una Chiesa-Famiglia di Dio, aperta a tutti, che si prende cura di coloro che hanno più bisogno”.
Ciò implica “uno spirito di comunione”, non è “una questione di mezzi finanziari”. “Dopo aver fatto noi stessi l’esperienza del perdono, dobbiamo perdonare”, esorta il Santo Padre. Ecco la nostra “vocazione fondamentale”: “l’amore per i nemici, che premunisce contro la tentazione della vendetta e contro la spirale delle rappresaglie senza fine”.
Dunque, “gli operatori di evangelizzazione devono essere prima di tutto artigiani del perdono, specialisti della riconciliazione, esperti della misericordia”, afferma Francesco. Perché solo così si possono aiutare i nostri fratelli e sorelle a “passare all’altra riva”, rivelando loro “il segreto della nostra forza, della nostra speranza, della nostra gioia che hanno la loro sorgente in Dio, perché sono fondate sulla certezza che Egli sta nella barca con noi”. Egli ci promette “la felicità” che “è annunciata in termini di giustizia”, spiega il Papa. “L’Avvento è il tempo per preparare i nostri cuori al fine di poter accogliere il Salvatore, cioè il solo Giusto e il solo Giudice capace di riservare a ciascuno la sorte che merita”.
“Qui come altrove, tanti uomini e donne hanno sete di rispetto, di giustizia, di equità, senza vedere all’orizzonte dei segni positivi”, prosegue. “A costoro, Egli viene a fare dono della sua giustizia. Viene a fecondare le nostre storie personali e collettive, le nostre speranze deluse e i nostri sterili auspici. E ci manda ad annunciare, soprattutto a coloro che sono oppressi dai potenti di questo mondo, come pure a quanti sono piegati sotto il peso dei loro peccati: ‘Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra -giustizia’”.
“Sì, Dio è Giustizia! Ecco perché noi, cristiani, siamo chiamati ad essere nel mondo gli artigiani di una pace fondata sulla giustizia”, rimarca Papa Francesco. Una salvezza, questa, che ha “il sapore dell’amore”: “Dovunque, anche e soprattutto là dove regnano la violenza, l’odio, l’ingiustizia e la persecuzione, i cristiani sono chiamati a dare testimonianza di questo Dio che è Amore”, sottolinea Papa Bergoglio.
E incoraggia “i sacerdoti, le persone consacrate e i laici che, in questo Paese, vivono talvolta fino all’eroismo le virtù cristiane”, riconoscendo “che la distanza che ci separa dall’ideale così esigente della testimonianza cristiana è a volte grande”. Ma la salvezza di Dio annunciata è “una potenza invincibile che avrà la meglio su tutto”, assicura. Anche in mezzo “a sconvolgimenti inauditi” Gesù vuole mostrare “la sua grande potenza, la sua gloria incomparabile e la potenza dell’amore che non arretra davanti a nulla, né davanti ai cieli sconvolti, né davanti alla terra in fiamme, né davanti al mare infuriato”.
“Dio è più forte di tutto”, ribadisce il Pontefice. “Questa convinzione dà al credente serenità, coraggio e la forza di perseverare nel bene di fronte alle peggiori avversità. Anche quando le forze del male si scatenano, i cristiani devono rispondere all’appello, a testa alta, pronti a resistere in questa battaglia in cui Dio avrà l’ultima parola. E questa parola sarà d’amore!”.
Infine un appello “a tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo”: “Deponete questi strumenti di morte – dice Bergoglio – armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace”.