L’emergenza rifugiati siriani in Libano e il perdurante stallo politico-istituzionale che da 18 mesi ormai impedisce di eleggere un nuovo presidente della Repubblica. Sono stati questi i due temi ricorrenti della visita in Messico del card. Béchara Raï in occasione del 4° congresso mondiale degli arcivescovi e degli ordini monastici maroniti della diaspora, che si è concluso ieri nella capitale messicana.
All’apertura dell’incontro – riporta il quotidiano libanese L’Orient-le-jour – il patriarca maronita ha denunciato le gravi ripercussioni politiche, economiche, sociali e per la sicurezza del Paese dei Cedri del massiccio dell’afflusso massiccio di profughi siriani, che si aggiungono ai 500mila rifugiati palestinesi, portando a due milioni gli stranieri presenti sul territorio, pari alla metà della popolazione libanese.
Domandandosi perché il Libano dovrebbe reggere il peso di quelle che ha definito “guerre orchestrate dalle grandi potenze per soddisfare i loro interessi politici, economici e strategici”, Raï ha evidenziato il pericolo della presenza di tanti rifugiati per i già delicati equilibri politico-religiosi in Libano, che – ha ricordato – sono all’origine della mancata elezione del nuovo Capo dello Stato.
Concetti, questi, ribaditi durante la Messa celebrata domenica per i maroniti della diaspora in Messico. Nella sua omelia il cardinale ha poi rinnovato il suo appello alla comunità internazionale “a fare cessare la guerra in Siria, Iraq, Yemen e Palestina perché tutti gli sfollati , rifugiati e ostaggi possano tornare nei loro Paesi e rientrare in possesso delle loro case e beni”.
Attualmente – ricorda la Radio Vaticana – sono circa 1 milione e mezzo i siriani ospitati nei campi profughi in Libano.