Ventuno salve di cannone hanno salutato l’arrivo di papa Francesco in Kenya, prima tappa del suo undicesimo viaggio apostolico in Africa. Tra canti e danze - tipica manifestazione di gioia del popolo africano - il Pontefice è stato accolto al suo arrivo, alle 18, dal presidente della Repubblica, Uhuru Kenyatta, che lo ha accompagnato sul podio.
Dopo l’esecuzione degli inni, gli onori militari e la presentazione delle rispettive delegazioni, il Papa si è recato subito nel Palazzo Presidenziale. Lì la firma del Libro d’Oro e la visita di cortesia al capo di Stato, nel cui studio si è svolto un colloquio privato.
Mezz’ora dopo, nel giardino della State House di Nairobi, Francesco ha incontrato le autorità del Kenya e i membri del Corpo Diplomatico, insieme ad autorevoli esponenti e personalità del mondo della politica, dell’economia e della cultura.
Nel suo discorso, il Santo Padre ha esordito parlando di una “Nazione giovane e vigorosa”, animata da una “comunità con ricche diversità, che interpreta un ruolo significativo nella regione”.
L’esperienza del Kenya nel “plasmare una democrazia”, ha proseguito il Pontefice, è “condivisa in vari modi da molte altre Nazioni africane”, le quali “operano per edificare sulle solide basi del rispetto vicendevole, del dialogo e della cooperazione una società multietnica che sia realmente armoniosa, giusta e inclusiva”.
Il Kenya, ha aggiunto il Papa, è anche una “Nazione di giovani” e “la gioventù è la risorsa più preziosa di ogni Paese”, su cui bisogna “investire” per “poter assicurare un futuro degno della saggezza e dei valori spirituali cari ai loro anziani, valori che sono il cuore e l’anima di un popolo”.
Francesco ha quindi sottolineato la “immensa bellezza” delle risorse naturali del paese africano: le “montagne”, i “fiumi e laghi”, le “foreste”, le “savane”, i “luoghi semi-deserti”, accompagnate dalla “abbondanza di risorse naturali”. La “grave crisi ambientale” che stiamo vivendo, ha continuato, “esige una sempre maggiore sensibilità nei riguardi del rapporto tra gli esseri umani e la natura”.
Secondo il Santo Padre, la trasmissione della “bellezza della natura nella sua integrità alle future generazioni” fa parte di valori “profondamente radicati nell’anima africana” e “in un mondo che continua a sfruttare piuttosto che proteggere la casa comune, essi devono ispirare gli sforzi dei governanti a promuovere modelli responsabili di sviluppo economico”.
Richiamandosi alla sua enciclica Laudato si’, il Pontefice ha ricordato che “non vi può essere un rinnovamento del nostro rapporto con la natura senza un rinnovamento dell’umanità stessa” (cfr n° 118).
Di fronte alle “divisioni, siano esse etniche, religiose o economiche, tutti gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati a operare per la riconciliazione e la pace, per il perdono e per la guarigione dei cuori”, per poter dare vita a un “solido ordine democratico”, dove “il perseguimento del bene comune dev’essere un obiettivo primario”.
“L’esperienza dimostra che la violenza, il conflitto e il terrorismo si alimentano con la paura, la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla povertà e dalla frustrazione”, ha detto il Papa, auspicando che la “lotta contro questi nemici della pace e della prosperità” sia portata avanti da “uomini e donne che, senza paura, credono nei grandi valori spirituali e politici che hanno ispirato la nascita della Nazione e ne danno coerente testimonianza”.
La “responsabilità” che investe le élite keniote, è quindi una “vera e propria vocazione al servizio dell’intero popolo”, ha detto Francesco, esortando le autorità presenti a “operare con integrità e trasparenza per il bene comune” e, in particolare, a “mostrare una genuina preoccupazione per i bisogni dei poveri, per le aspirazioni dei giovani e per una giusta distribuzione delle risorse umane e naturali”.
Ha quindi assicurato “il costante impegno della comunità cattolica, mediante le sue opere educative e caritative, al fine di offrire il suo specifico contributo in tali ambiti”.
Dopo aver piantato un ulivo nel giardino presidenziale, in omaggio alla tradizione keniota, per la quale i giovani piantano alberi per la posterità, Francesco ha concluso con l’augurio che tale “segno eloquente di speranza nel futuro e di fiducia nella crescita donata da Dio”, possa sostenere il popolo keniota “negli sforzi di coltivare una società solidale, giusta e pacifica sul suolo di questo Paese e in tutto il grande Continente africano”.