È Lina Sastri, la “lupa” di Giovanni Verga, in scena al teatro Quirino di Roma, fino al 29 novembre. Una Sicilia rurale, ancora legata alla “roba” e alla ritualità delle processioni è teatro della bramosia della protagonista, una vedova “pericolosa”, “amorale”, che “spolpa vivi gli uomini solo a guardarli” e suscita il terrore di ogni donna sposata.
L’adattamento di Guglielmo Ferro rispetta l’ambientazione verghiana tardo-ottocentesca: la vita agreste scandita dal ciclo della semina e un linguaggio semplice, un siciliano italianizzato, comprensibile ai più.
“Gna Pina”, alias “la lupa”, irrompe nella quiete contadina del suo paese, per prendersi ciò vuole, senza remore etiche o sociali. Fa la sua comparsa durante una pizzica, organizzata dai contadini al termine della giornata di mietitura, per stanare il suo amato “Nanni Lasca”, che di lei non vuole proprio saperne.
E allora la Lupa, “occhi grandi, volto pallido e labbra rosse”, con istinto da predatrice indefessa, tesse abilmente la sua tela per raggiungere il suo scopo: accaparrarsi il giovane mezzano, incurante dei sentimenti altrui. E così Nanni, come qualunque altro uomo del villaggio, come in balia di un sortilegio, la teme ma allo stesso tempo, la brama, ammaliato dai suoi “occhi da strega”. E la Lupa arriverà a offrire sua figlia in sposa a Nanni, insieme a tutta la sua “roba”, pur di garantirsi la sua vicinanza.
Nessuna più di Lina Sastri, con la sua intramontabile bellezza e il suo temperamento indomito, si presta a interpretare la Lupa, enfatizzandone l’umanità e la debolezza di donna sola ed emarginata piuttosto che l’incontenibile appetito sessuale.
Commovente è il suo canto disperato e ripetitivo: una litania per colpire dritto al cuore della sua vittima. “Amore duce, dal cuore di pietra”: intona con il tuo timbro roco e sensuale la Sastri, sulle note di Massimiliano Pace e l’arrangiamento di Franco Battiato.
Le scenografie essenziali, riproducono la semplicità della vita nei campi, con la rappresentazione della luna e del sole, volutamente più grandi e sproporzionati rispetto al resto. Si evince in ciò, una volontà di enfatizzare l’importanza degli influssi ambientali sui comportamenti dei personaggi: il sole rovente e la luna piena che condizionano non solo i raccolti ma anche le scelte dei siciliani, che soccombono alla supremazia della natura aspra del territorio di cui la Lupa è il simbolo.
Amore e morte si sfidano in una logica freudiana e triviale, col trionfo dell’una sull’altra fino al climax finale, dall’esito catartico. Imperdibile tragedia, dove eros e thanatos si sfidano a colpi di ascia e di cuori.
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Al Teatro Quirino fino al 29 novembre
La Lupa
di Giovanni Verga, per la regia di Guglielmo Ferro
Con Lina Sastri
adattamento di Micaela Miano
Con Giuseppe Zeno con Clelia Piscitello Enzo Gambino
Eleonora Tiberia Simone Vaio Giorgio Musumeci
Valeria Panepinto Giulia Fiume
Arrangiamenti musicali di Franco Battiato
Musiche Massimiliano Pace
Scene e costumi Françoise Raybaud
coreografia Giovanni Velardi