La carezza di Bergoglio al Continente nero, segnato da violenze e povertà

Padre Lombardi presenta il viaggio del Papa in Kenya, Uganda e Centrafrica. Tappa, quest’ultima, confermata nonostante i problemi di sicurezza

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Il viaggio in Africa di Papa Francesco del 25-30 novembre – il primo non solo del suo pontificato, ma della sua vita – si può identificare in una sola parola: “Entusiasmo”. L’entusiasmo dei giovani che il Pontefice incontrerà nei tre paesi che visiterà: Kenya, Uganda e Repubblica Centraficana; l’entusiasmo di una Chiesa in crescita, desiderosa di svilupparsi e maturare; l’entusiasmo di un popolo che tira avanti e custodisce la fede nonostante violenze terroristiche e falle politiche.

Entusiasmo. Forse un antidoto ad un altro sentimento, la paura, che ha preceduto finora questo 11° viaggio apostolico internazionale, specie per la visita in Centrafica dove tensioni e conflitti hanno provocato morti e feriti e hanno fatto rimandare le elezioni presidenziali. Tanto che il segretario di Stato Parolin aveva dichiarato nei giorni scorsi: “L’ultima tappa si vedrà in base alla situazione sul terreno”. E il comandante Giani, capo della Gendarmeria vaticana, vi si dovrà recare tra pochi giorni per un ulteriore sopralluogo. Senza dimenticare i forti moniti dalla Francia ad annullare il viaggio.

Quella sul Centrafrica è quindi la prima domanda a cui risponde padre Federico Lombardi nel briefing di oggi in Sala Stampa vaticana, durante il quale ha illustrato i punti salienti del viaggio del Pontefice. “Non è cambiato niente, rispetto a quello che abbiamo detto 50 volte, per cui io lo ripeto la 51esima”, ha detto il gesuita, “il Papa desidera andare in Centrafrica, il programma continua a essere di andare in Centrafrica, noi ci orientiamo tutti in questo senso, come ogni persona saggia monitoriamo la situazione e si vede quello che succede… Tuttavia, allo stato attuale noi continuiamo a prevedere di andare in Centrafrica”.

E proprio in quella terra scossa oggi da violenze (si pensi, in Africa, anche alla Nigeria martoriata dalle azioni di Boko Haram), insieme a due paesi come Kenya e Uganda che in passato hanno sudato sangue sotto regimi totalitaristici e dittature, il Papa andrà a portare “un messaggio di pace e riconciliazione”. 

Messaggio che trae respiro dalla Esortazione Apostolica Africae Munus di Benedetto XVI, redatta dopo il secondo Sinodo straordinario per l’Africa del 2009, e che si inserisce nel solco dei Papi precedenti che da sempre hanno dedicato speciale attenzione al Continente nero. Paolo VI e il suo storico viaggio in Uganda del 1969, poco dopo il Concilio, e Wojtyla che visitò ben 42 paesi africani tanto da essere soprannominato “Giovanni Paolo II, l’africano”.

Ancora una volta l’Africa riceverà, dunque, la carezza del Successore di Pietro. Il programma che seguirà Bergoglio nei sei giorni di viaggio è particolarmente “intenso”, ha detto Lombardi, suddiviso tra i tradizionali incontri con autorità politiche, vescovi, giovani, malati e clero locale, distribuiti “equamente” in un giorno e mezzo di sosta in ogni paese. Ad accompagnare il Pontefice, il Segretario di Stato Parolin – che tuttavia non prenderà parte nell’ultima tappa del viaggio perché impegnato a Parigi per il vertice Onu sul clima – e i cardinali Fernando Filoni, prefetto di Propaganda fide e Peter Turkson, ghanese, presidente del Dicastero Giustizia e pace. Presente anche, come consuetudine, una dipendente vaticana: una donna del Burkina Faso impiegata in un negozio del Governatorato. 

Kenya

Il viaggio inizia quindi imercoledì 25 novembre, con la partenza da Fiumicino alle 7.45 e, dopo sette ore di volo, l’arrivo a Nairobi alle 17 (con il fuso di due ore), giusto in tempo per godersi il suggestivo tramonto che caratterizza i paesi vicino l’Equatore (intorno alle 18). In questa prima tappa, Francesco incontrerà il presidente Uhuru Kenyatta, figlio di Jomo Kenyatta padre della indipendenza del paese, insieme alle autorità e al corpo diplomatico.  

Il giorno successivo, giovedì 26, l’Incontro ecumenico e interreligioso alla Nunziatura, alla presenza di 25 rappresentanti delle diverse confessioni, in primis anglicani, poi evangelici, metodisti, pentecostali, religioni tradizionali, e musulmani, che costituiscono il 30% della popolazione. Poi il Papa si trasferirà nel campus dell’università di Nairobi, per la grande Messa per l’evangelizzazione dei popoli, dove si attendono circa 300mila persone. E forse anche di più considerando i due parchi attigui che “volendo possono raccogliere anche un milione di persone”, ha detto padre Federico.

<p>Superfluo ribadire che ogni spostamento avverrà in papamobile scoperta, vista l’‘esigenza’ del Santo Padre di avere un contatto diretto con la gente. Con una jeep il Pontefice si recherà nel pomeriggio al Collegio S. Mary School per l’incontro con il clero, dove verrà ricordata la figura di suor Irene Stefani, recentemente beatificata, “testimone di vita religiosa nel suo aspetto eroico”. Alle 17, poi, l’appuntamento nel palazzo delle Nazioni Unite, dove hanno sede le due agenzie Onu Unep e Un Habitat. Lì il Papa pronuncerà un discorso “ampio e articolato”, in spagnolo, in cui tratterà i temi di clima e ambiente a partire dalla Laudato Si’.

Il 27 novembre, invece, Francesco affronterà un altro tema cardine del suo pontificato: i poveri. Lo farà durante la visita allo slum di Kangemi, bidonville “non tra le più estreme” che raccoglie migliaia di persone quotidianamente in lotta contro violenza e rischi di incendi e inondazioni. In particolare, il Santo Padre si recherà nella parrocchia di San Giuseppe Lavoratore, gestita dai gesuiti che l’hanno resa centro nevralgico di numerose attività: ambulatorio, istituto tecnico, assistenza maternità, centro cura per malati di Aids. Duemila persone saranno lì ad attendere il Papa, tra questi alcuni rappresentanti dei Movimenti popolari già incontrati a Roma e in Bolivia.   

Altrettanto significativo sarà l’appuntamento del Papa con 60-70mila giovani nello Stadio Kasarani, pronti a danzare e cantare. “Sono fantastici”, ha detto Lombardi, sottolineando l’importanza delle testimonianze che i giovani presenteranno al Papa denunciando i problemi di droga, violenza, tribalismo che sono costretti a subire. Durante l’incontro probabilmente riaffiorerà anche l’incubo della strage nel campus universitario di Garissa, dove, lo scorso 2 aprile, un commando estremista ha ucciso 149 studenti cristiani. Seguirà poi l’incontro “informale e colloquiale” con l’Episcopato locale in una sala dello stadio, che rimarrà privato e che conclude la prima tappa in Kenya. 

Uganda

Alle 15.30 Francesco sarà infatti in volo verso Entebbe, in Uganda, dove verrà accolto dal presidente Yoweri Museveni che “da circa 30 anni governa il paese con mano ferma”. Filo conduttore del soggiorno ugandese sarà tuttavia la vicenda dei martiri: “i primi grandi martiri dell’Africa moderna” (1800), a cui anche Paolo VI rese omaggio e a cui gli africani, non solo gli ugandesi, sono profondamente devoti.

Al contrario dei suoi predecessori, Francesco non visiterà soltanto il Santuario di Namugongo, ma anche Munyonyo, il luogo in cui essi furono condannati. Una novità assoluta. Lì, dopo l’incontro coi catechisti (realtà preminente in Uganda, circa 15mila), benedirà anche una pietra angolare, proveniente dal sepolcro di San Francesco d’Assisi, di una nuova Chiesa che sarà costruita in occasione del 50° della canonizzazione.  

A Kampala, il 28 novembre, il Pontefice andrà quindi a Namugongo, dove i martiri – 22 cattolici e 10 anglicani – furono brutalmente uccisi, arrotolati in delle stuoie, poste una sopra l’altra e dati alle fiamme. In virtù di questo “ecumenismo del sangue”, Bergoglio visiterà prima il Santuario Anglicano e poi quello cattolico. Quindi celebrerà la Messa votiva in un grande parco alla presenza di circa 200mila persone. 

Altrettanto numerosi saranno i giovani che incontrerà al Kololo Ai
r Strip di Kampala, pista d’atterraggio di un aeroporto in disuso. Anche qui “testimonianze estremamente coinvolgenti”, ha anticipato Lombardi: quella di un ragazzo, ex seminarista, rapito da piccolo dai guerriglieri del nord e torturato in carcere, e di una giovane malata di Aids. La giornata proseguirà con una sosta alla Casa della Carità, dove i Padri Bianchi si stabilizzarono per la loro attività di catechesi, e che oggi ospita disabili – dagli 11 ai 107 anni – provenienti da diverse regioni. Alle 18, poi, l’incontro privato con i vescovi e alle 19 quello con il clero in Cattedrale.

Repubblica Centroafricana

Si giunge quindi al 29 novembre, prima domenica d’Avvento: il Papa, dopo un volo di 2 ore e 45 minuti sarà a Bangui per incontrare il capo di Stato della transizione, Catherine Samba-Panza, la classe dirigente e il corpo diplomatico a cui Francesco parlerà in francese. Alle 12, il Papa visiterà il campo profughi di una parrocchia adiacente alla nunziatura, che raccoglie gli sfollati, principalmente cristiani, fuggiti da villaggi distrutti e bruciati nella recente ondata di violenze. Segue il colloquio e il pranzo coi vescovi in Nunziatura e, nel pomeriggio, alle 15.45, la tappa alla Facoltà teologico-evangelica di Bangui. 

Alle 16.30, quindi, l’evento più atteso: l’apertura della Porta Santa nella Cattedrale di Bangui, come annunciato dal Papa nell’Angelus del 1° novembre, per dare il via al Giubileo straordinario della Misericordia in Africa. Il Santo Padre confesserà cinque giovani e benedirà sul sagrato centinaia di ragazzi e ragazze che trascorreranno la notte fuori dalla basilica per una Veglia di preghiera.

Ma non finisce qui. Il giorno successivo, Papa Francesco si recherà nella Moschea centrale di Koudoukou, il luogo più a rischio, da cui alcuni musulmani radicali hanno scacciato l’imam a causa del suo forte impegno al dialogo e alla pacificazione insieme all’arcivescovo Dieudonné Nzapalainga e al presidente dell’Alleanza di Chiese centroafricane protestanti. La visita sarà breve visto che il Papa, alle 9.30, dovrà trovarsi nello Stadio del complesso sportivo Barthélémy Boganda (sacerdote cattolico indigeno) per la Messa aperta con circa 35-40mila fedeli. Alle 12, quindi il congedo e l’arrivo alle 18.45 a Fiumicino “sperando che tutto sia andato bene”, ha sorriso padre Lombardi.

Attentati Parigi

Rispondendo infine ad una domanda sui recenti fatti di Parigi, il portavoce vaticano ha dichiarato che il dramma del 13 novembre “non cambia il messaggio” del Papa, che “è sempre quello del dialogo, dell’impegno comune per la pace, del costruire ponti, della responsabilità comune per la vita della società, del rispetto per le persone e per le credenze degli altri, e, allo stesso tempo, la convinzione che utilizzare il nome di Dio per giustificare la violenza è una bestemmia”.  “Quello che il Papa ha da dire per la convivenza tra cristiani e musulmani in Centrafrica non è diverso dal passato, ossia l’appello alla riconciliazione e al superamento delle divisioni interne”, ha aggiunto. “Quel che può cambiare è semmai l’intensità con cui questo messaggio verrà vissuto”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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