Il rispetto per il “valore della vita”, e, ancor più, l’“amore per essa”, trovano una “attuazione insostituibile nel farsi prossimo, avvicinarsi, prendersi cura di chi soffre nel corpo e nello spirito”.
Lo ha detto papa Francesco ricevendo stamattina in udienza nella Sala Regia del Palazzo Apostolico Vaticano, i partecipanti alla XXX Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sul tema La cultura della Salus e dell’accoglienza al servizio dell’uomo e del pianeta, che si apre oggi in Vaticano, per concludersi sabato 21 novembre.
Dopo aver sottolineato la coincidenza del congresso con il ventesimo anniversario della pubblicazione dell’enciclica Evangelium vitae di san Giovanni Paolo II, il Pontefice ha ricordato che i valori della solidarietà, della prossimità e della compassione, propri degli operatori sanitari, saranno messi “in speciale risalto durante il Giubileo della Misericordia, che ci chiama tutti a stare vicino ai fratelli e alle sorelle più sofferenti”.
È proprio la Evangelium Vitae, del resto, a rintracciare gli “elementi costitutivi” della “cultura della salus” nell’“accoglienza”, nella “compassione”, nella “comprensione” e nel “perdono”; gli stessi atteggiamenti che mostrava abitualmente Gesù verso la “moltitudine di persone bisognose che lo avvicinava ogni giorno: malati di ogni genere, pubblici peccatori, indemoniati, emarginati, poveri, stranieri”, ha osservato il Santo Padre.
L’“inviolabilità della vita”, come specificava l’enciclica giovanpaolina, implica “esigenze positive” che «vanno dal prendersi cura della vita del fratello (familiare, appartenente allo stesso popolo, straniero che abita nella terra di Israele), al farsi carico dell’estraneo, fino all’amare il nemico» (EV n° 41).
Questa cultura della prossimità abbatte “ogni barriera di nazionalità, di estrazione sociale, di religione” e rende gli uomini più simili al “buon samaritano” della parabola evangelica.
In questo modo si supera anche la distinzione classista in base alla quale “sia nei Paesi ricchi che in quelli poveri, gli esseri umani vengono accettati o rifiutati secondo criteri utilitaristici, in particolare di utilità sociale o economica”.
Questo tipo di mentalità, ha aggiunto Francesco, si declina nella cosiddetta “medicina dei desideri” che, in particolare nei paesi ricchi, induce alla “ricerca ad ogni costo della perfezione fisica, nell’illusione dell’eterna giovinezza”, inducendo a “scartare o ad emarginare chi non è ‘efficiente’, chi viene visto come un peso, un disturbo”.
Al tempo stesso, il “farsi prossimo”, come afferma anche l’enciclica Laudato si’, “comporta anche assumerci responsabilità inderogabili verso il creato e la “casa comune”, che a tutti appartiene ed è affidata alla cura di tutti, anche per le generazioni a venire”, ha rammentato il Papa.
La Chiesa intende infatti educare a “custodire” e “amministrare” la “famiglia umana” e la “creazione nel suo complesso”, perché le generazioni future la rendano il più possibile “umanamente vivibile”, andando incontro ai “più poveri ed esclusi”, in nome della “dignità umana”.
Il Santo Padre ha quindi lanciato un appello affinché, nell’imminenza del Giubileo, “questo grido possa trovare eco sincera nei nostri cuori, cosicché anche nell’esercizio delle opere di misericordia, corporale e spirituale, secondo le diverse responsabilità a ciascuno affidate, possiamo accogliere il dono della grazia di Dio”.
L’auspicio del Pontefice è che le giornate di studio promosse dal dicastero vaticano della salute possano “contribuire ad un nuovo sviluppo della cultura della salus, intesa anch’essa in senso integrale”.
A tale scopo, Francesco ha infine incoraggiato i congressisti a tenere presente nei loro dibattiti “la realtà di quelle popolazioni che maggiormente subiscono i danni provocati dal degrado ambientale, danni gravi e spesso permanenti alla salute”.