“O Signore, / c’è una guerra / e io non possiedo parole”, scriveva Madre Teresa in un suo componimento poetico. Ed è proprio così: di fronte all’abisso del dolore, tutte le parole rischiano d’apparire vacue, sterili simulacri incapaci esprimere un sentimento di umana partecipazione. Ma poi Madre Teresa aggiunge: “Tutto quello che posso fare / è usare le parole / di Francesco d’Assisi”. E ci ricorda che la parola è purtuttavia dotata d’una sacra discendenza dal “Verbo” e possiede poteri spirituali che oltrepassano la nostra soglia percettiva. È la testimonianza dei Santi, il linguaggio dell’anima, la parola della poesia.
Queste riflessioni ci sono sovvenute di fronte all’atrocità degli attentati terroristici che hanno insanguinato la Francia, gettando un’ombra di cupa tristezza in tutte le persone dotate di un sentimento di umana appartenenza. In certi momenti si è fragili rispetto alle aggressioni della vita, e si ha bisogno di ancorarsi a punti fermi. Ecco dunque che torna ad affacciarsi l’esigenza di Dio. E l’individuo contemporaneo, chiuso nell’orgoglio del suo potere tecnocratico, scopre che questo potere non può sottrarlo ai mali dell’esistenza. Scopre che la battaglia della vita si svolge sul piano spirituale e, senza il solido ancoraggio della fede, siamo in balia di forze che ci sovrastano.
Quando questa consapevolezza prende forma, allora le parole diventano preghiera, cantano con la voce della poesia. Scrive infatti Madre Teresa: “E mentre prego / questa antica preghiera / io so che, ancora una volta, / tu trasformerai la guerra in pace / e l’odio in amore…”. La bellissima poesia della Beata di Calcutta, da cui sono tratti i versi citati, è intitolata Preghiera per la pace. Eccola nella sua versione completa:
PREGHIERA PER LA PACE
O Signore,
c’è una guerra
e io non possiedo parole.
Tutto quello che posso fare
è usare le parole
di Francesco d’Assisi.
E mentre prego
questa antica preghiera
io so che, ancora una volta,
tu trasformerai la guerra in pace
e l’odio in amore.
Dacci la pace,
o Signore,
e fa che le armi siano inutili
in questo mondo meraviglioso.
Amen.
***
Fra le molte testimonianze pubblicate sui media, ci ha colpito in particolare quella di un’insegnante parigina che ha dovuto confrontarsi con i piccoli allievi della sua classe all’indomani della strage. Quasi tutti i bambini, di appena sei anni, avevano visto alla televisione le immagini del barbaro attacco terroristico. E le loro reazioni sono commoventi: “Maestra, come fai tu a non avere paura?”; “Maestra, ma i terroristi hanno pianto?”; “Maestra, io ho voglia di dimenticare tutto…”.
La realtà, attraverso la forza dei media, irrompe in modo dirompente anche nella vita dei bambini. Che sono circondati da immagini di violenza proposte dai film, dai videogiochi e dai programmi Tv. Alcuni insegnanti ritengono che, per limitare l’impatto emotivo prodotto dalle immagini sconvolgenti, è necessario parlare ai bambini e far emergere i loro stati d’animo.
Il grande scrittore Lev Tolstoj era, a sua volta, convinto dell’importanza della letteratura in pedagogia, e riteneva che esercitare la fantasia dei più piccoli fosse un modo efficace per aiutarli a prendere coscienza della realtà e del loro posto nel mondo. Ecco dunque una bella poesia per la pace che dobbiamo alla penna di Gianni Rodari (1920-1980), uno degli autori per l’infanzia più importanti del Novecento:
DOPO LA PIOGGIA
Dopo la pioggia viene il sereno
brilla in cielo l’arcobaleno:
è come un ponte imbandierato
e il sole vi passa, festeggiato.
È bello guardare a naso in su
le sue bandiere rosse e blu.
Però lo si vede – questo è il male –
soltanto dopo il temporale.
Non sarebbe più conveniente
il temporale non farlo per niente?
Un arcobaleno senza tempesta
questa sì che sarebbe festa.
Sarebbe una festa per tutta la terra
fare la pace prima della guerra.
***
Per concludere queste brevi riflessioni ispirate dai drammatici eventi di Parigi, pubblichiamo un’intensa poesia di Elio Fiore, intitolata Il canto che singhiozza è un canto di pace. Elio Fiore (1935-2002) assistette, ancora bambino, al dramma della deportazione nazista. Bibliotecario per vent’anni al Pontificio Istituto Biblico, collaborò all’Osservatore Romano e a Studi Cattolici. Tra i suoi libri, una raccolta di versi intitolata Myriam di Nazareth (1992), con prefazione del cardinale Carlo Maria Martini, il quale gli dedicò queste sentite parole:
“Questa notte ho qualcosa con me: le poesie di Elio Fiore, che da tempo mi aveva promesso e che mi fanno rivivere i giorni di Maria. Esse mi rimandano a un altro prezioso libretto: La vita di Maria di R.M. Rilke. Ho amato da tempo questo canzoniere della Madonna, ma solo questa notte mi accorgo che c’è, nella piccola edizione che ho tra le mani, la prefazione di Padre Turoldo, un altro grande cantore di Maria… Tante coincidenze e tante memorie, tutte attorno al mistero di Maria! Si comprende dunque come anche Elio Fiore abbia sentito il fascino di Maria e abbia voluto cantarla. Ognuno di coloro che l’hanno fatto nei secoli ha la propria voce e forse non è bene paragonare le une alle altre, ma accoglierle tutte, con i loro ardimenti e la loro semplicità, in un unico canto…”.
IL CANTO CHE SINGHIOZZA È UN CANTO DI PACE
Padre nostro che sei nei Cieli,
io non ti chiedo nulla
e la vita è un dono
e tu puoi in ogni momento
riprenderla. Le mie ferite
le offro per la pace nel mondo,
e accetto il mistero
della mia sorte,
poiché così tu hai voluto.
Ti prego soltanto
per la tua semina,
per i popoli in lotta
nelle tue quattro stagioni,
per il sangue di Abele
e per quello di Caino
che non ti ascolta.
Ti prego per tutti,
perché tutti abbiano
il pane quotidiano.
Ti prego per quella luce
nella Croce che mi hai dato.
Ti prego per la tua Parola
eterna, che illumini alfine
e resusciti tutto il Creato.
***
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