In questo clima di dolore per i fatti di Parigi non bisogna cadere nell’errore di erigere nuovi muri, generare sospetti e alimentare odio contro persone che hanno religioni o idee diverse dalle nostre. Non confondiamo la religione con il terrorismo e cerchiamo di mantenere uno spirito di accoglienza nei confronti di tutti.
Tempo fa, alla fine di un incontro con i giovani tenuto in una parrocchia, sono stato avvicinato da un ragazzo che mi ha raccontato la sua bella esperienza.
Anche lui, come alcuni suoi coetanei, aveva avuto pregiudizi nei confronti dei musulmani. Ma poi, vincendo i suoi timori, aveva fatto amicizia con un giovane di religione islamica che lavorava in un negozio vicino casa sua.
Grazie al dialogo con il nuovo amico, era riuscito ad abbattere le barriere che oscuravano il suo animo. Aveva capito che non doveva generalizzare ed attribuire colpe inesistenti alle persone.
Esperienze positive come questa possono aiutarci a comprendere meglio la società in cui viviamo oggi, sempre più aperta all’incontro con differenti culture e religioni.
È una realtà da accettare serenamente, cogliendo le belle opportunità che possono nascere dall’accoglienza di mondi diversi.
Il giornalista Michele Zanzucchi ha curato recentemente per la casa editrice Città Nuova il volume L’Islam spiegato a chi ha paura dei musulmani.
Nella presentazione si legge: “Questo libro, grazie agli interventi di musulmani e cristiani, sciiti e sunniti, arabi ed europei, vuole dare un contributo alla mutua conoscenza, vuole tentare di dipingere un affresco plausibile dell’Islam, delle sue aspirazioni, delle sue conquiste e delle sconfitte, e, soprattutto, delle tre sfide aperte con l’Occidente: la dimensione comunitaria della vita, i legami globali, la presenza di Dio nella società”.
Dovremmo cercare di riflettere sulla bellezza di questa espressione: “dimensione comunitaria della vita”. Nella semplicità di queste poche parole, se ci pensiamo bene, c’è la giusta chiave di lettura della nostra autentica umanità.
Io esisto. Tu esisti. Cerchiamo di riconoscerci reciprocamente e di trovare insieme la strada per scoprire la dimensione comunitaria della nostra esistenza.
Ai giovani che incontro, mi piace ricordare la storia. Se non ricordiamo la storia, con l’evidenza di nostri errori umani, non potremo mai comprendere quello che sta accadendo ora.
Le religioni sono state spesso tradite e strumentalizzate per scopi politici, per creare divisioni e giustificare guerre. “Dio lo vuole”, ha detto qualcuno. E c’è chi continua a dirlo ancora adesso.
In tanti anni di storia abbiamo assistito alla nascita di troppi partiti, movimenti, correnti di pensiero basati sull’idolatria della diffidenza e della paura dell’altro.
È facile conquistare seguaci urlando, creando nemici immaginari da odiare e ai quali attribuire le peggiori colpe del mondo. Succede anche oggi, con l’arroganza di chi sfrutta la paura del terrorismo per chiudere le porte in faccia agli immigrati.
Tra i più grandi mali della società contemporanea c’è sicuramente il pregiudizio, cioè un giudizio che viene dato prima. Prima di conoscersi, di abbracciarsi, di guardarsi negli occhi e stringersi la mano.
Dal pregiudizio si passa facilmente alla sentenza di morte. Uccidiamo letteralmente l’altro, lasciandolo morire dentro noi stessi, quando lo giudichiamo già colpevole e non accettiamo la possibilità del dialogo.
Con i giovani mi piace sottolineare sempre l’opportunità di una vita che sia occasione di incontro e mai di chiusura nel proprio guscio.
La nostra vita quotidiana è un’opportunità straordinaria per generare amore, apertura, dialogo infinito. Non lasciamo che l’idolatria della diffidenza la inghiotta e sentiamoci davvero ciò che tutti quanti siamo: fratelli, amici, esseri umani.