Per 15 lunghissimi minuti le campane della cattedrale Notre-Dame hanno suonato a morte ieri pomeriggio. Nella giornata di lutto nazionale, il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, ha presieduto nella cattedrale una Santa Messa per le vittime degli attentati. Alla celebrazione – informa il Sir – erano presenti i presidenti del Senato e dell’Assemblea nazionale, il sindaco di Parigi Anne Hidalgo, l’ex presidente della Repubblica Valéry Giscard d’Estaing e rappresentanti delle diverse religioni. Il nunzio apostolico Luigi Ventura ha dato lettura del messaggio del Papa inviato alla Francia in seguito agli attentati parigini.
Le misure di sicurezza sono state pesantissime in linea con lo stato di emergenza decretato a Parigi e nell’intero Paese. La cattedrale come anche tutti i musei della città sono chiusi al pubblico. L’entrata in cattedrale per la Messa di ieri è avvenuta da un accesso laterale e i fedeli erano stati invitati a non portare borse per favorire i controlli. Non tutti però sono potuti entrare e sono rimasti fuori.
“Sono passate 48 ore – ha detto all’inizio della celebrazione il card. Vingt-Trois -. Parigi ha vissuto uno dei periodi più critici della sua storia, uno degli episodi più drammatici. Uomini e donne sono stati selvaggiamente assassinati”. “Siamo qui – ha proseguito – per condividere il dolore dei loro familiari, per pregare per chi si trova negli ospedali nelle mani dei medici che cercano di salvare ancora qualcuno, per la nostra città e il nostro Paese”.
Ai fedeli parigini il porporato ha chiesto quindi di “essere messaggeri di speranza”: “In questi giorni di prova – ha detto – i credenti sono chiamati alla testimonianza della speranza. Tra qualche settimana si aprirà il Giubileo della Misericordia e noi vorremmo con le nostre parole e con le nostre azioni essere messaggeri di speranza nel cuore della sofferenza umana”. Ciò, nel concreto, “significa essere capaci di assumere le prove e combattere contro le forze distruttrici con fiducia e serenità”.
Un pensiero è andato anche alle nuove generazioni. “Come è possibile che giovani formati nelle nostre scuole e nelle nostre città possono conoscere un disagio tale che il fantasma del califfato e la sua violenza morale e sociale possano rappresentare un ideale per cui dare la vita?”, ha domandato Vingt-Trois. Un quesito “terribile in quanto instilla un clima di sospetto in molte famiglie”.
“La risposta sulle difficoltà d’integrazione non è sufficiente a spiegare l’adesione di un certo numero al jihad”, ha soggiunto l’arcivescovo, ponendo un’altra domanda sul vivere sociale: “In che cosa il nostro stile di vita ha potuto provocare un’aggressione così barbara. A questa domanda noi rispondiamo spesso con l’affermazione del nostro attaccamento ai valori della Repubblica ma gli avvenimenti ci obbligano a interrogarci e forse a esaminare ciò che realmente mettiamo sotto il titolo ‘valori della Repubblica”.