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Libano. Doppio attacco kamikaze a sud di Beirut

Governo e Croce Rossa libanese parlano di oltre 40 morti e 200 feriti. Gli attentati rivendicati dall’Isis

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Anche il Libano finisce vittima di un attentato terroristico. Ieri sera, giovedì 12 novembre, due esplosioni alla periferia sud di Beirut hanno ucciso 43 persone, ferendone altre 239. Lo rende noto la Croce rossa libanese, precisando che il bilancio è destinato a salire a causa della gravità delle condizioni di salute dei numerosi feriti.

La prima esplosione è avvenuta nel quartiere Bourj al-Barajneh, roccaforte degli sciiti di Hezbollah vicini al presidente siriano Bashar al-Assad, con un kamikaze a bordo di una moto-bomba. L’attentato è stato rivendicato subito dallo Stato Islamico sui propri canali informativi. Il secondo attentato è invece avvenuto a pochi minuti di distanza dal primo, sempre nella stessa zona, lungo Ayn al-Sikkeh Street. In questo caso l’attentatore era a piedi e indossava una cintura esplosiva. 

Un terzo aspirante attentatore suicida, sopravvissuto ai due attacchi a Beirut, sarebbe stato invece catturato, come riferito da una fonte della sicurezza libanese. Agli investigatori libanesi avrebbe detto di essere stato reclutato dall’Isis. L’uomo, nativo di Tripoli, alla polizia avrebbe raccontato di essere arrivato in Libano, assieme ad altri tre attentatori, dalla Siria due giorni fa.Mentre il governo libanese ha decretato un giorno di lutto nazionale, il sacerdote maronita Paul Karam, presidente di Caritas Libano dichiara a Fides che “L’attentato di ieri conferma in maniera tragica la minaccia di destabilizzazione che pesa sul Libano. Se continua la guerra in Siria, è inevitabile che il nostro Paese rischi di essere risucchiato nel vortice”.

 “Le conseguenze della guerra in Siria – prosegue il sacerdote – cadono inevitabilmente su di noi. L’altissimo numero di profughi siriani giunti in Libano, e che noi della Caritas cerchiamo di aiutare in ogni modo, crea fatalmente problemi per la sicurezza di tutti. In una simile moltitudine di disperati, non è difficile immaginare che ci possa essere anche qualcuno di quelli che hanno subito il lavaggio del cervello, e sono pronti a farsi esplodere in attentati suicidi, provocando vittime innocenti”.

E in questa situazione così tragica – aggiunge p. Karam – “la paralisi istituzionale attraversata dal Libano rende il paese ancora più fragile. La comunità internazionale e le potenze regionali che l’hanno fomentato, devono essere loro a fermare il conflitto in Siria, se davvero vogliono impedire che tutti i Paesi dell’area vengano contagiati e destabilizzati da questa folle guerra”.  

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ZENIT Staff

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