La situazione dei profughi palestinesi diventa sempre “più preoccupante”. A partire da questo dato – emerso nel rapporto 2014 dell’Unrwa, l’agenzia Onu dedicata ai rifugiati della Palestina – si è sviluppato il discorso che l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, ha indirizzato alla 70° Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York.
Il presule – come informa la Radio Vaticana – ha sottolineato come dal documento emerga una situazione drammatica di quelle aree del Vicino Oriente che includono territori dove per due millenni i cristiani sono stati parte integrante. Oggi, invece, quelle popolazioni si sono “notevolmente” ridotte di numero, a causa di una “violenta persecuzione” e per le dure realtà geopolitiche della regione.
Intere famiglie hanno dovuto lasciare le loro case, diventando sfollati interni e profughi assistiti dall’Unrwa e da altre organizzazioni della Chiesa cattolica, le quali forniscono servizi educativi, sanitari e sociali per tali realtà di conflitto, grazie a donazioni da tutto il mondo. Tuttavia, ha sottolineato Auza, le risorse non sono sufficienti per le “molteplici esigenze”.
Il rappresentante vaticano ha poi spostato la sua attenzione al processo di pace israelo-palestinese attualmente “in stallo”. Le crescenti tensioni e la violenza in Cisgiordania, a Gaza e a Gerusalemme est costituiscono una “grave preoccupazione” per la Santa Sede, ha rimarcato, rinnovando il sostegno per una “soluzione globale, giusta e duratura” per la città di Gerusalemme, “patrimonio spirituale” di ebrei, cristiani e musulmani, e per garantire la libertà di religione e di coscienza ai suoi abitanti, come pure il libero accesso ai Luoghi Santi da parte dei fedeli di tutte le religioni e nazionalità.
In particolare in Siria, ha proseguito il presule, le strutture educative e sanitare per più di mezzo milione di profughi palestinesi sono state prese di mira dalle parti in conflitto, tanto che molti bambini non hanno potuto frequentare a lungo la scuola. Intanto continua ad aumentare il numero dei feriti, mentre diminuisce quello delle strutture per assisterli.
Alcuni campi profughi palestinesi, come quello di Yarmouk, “sono letteralmente sotto assedio”, con “accesso limitato” per i rifornimenti necessari; altri sono “bersaglio di azioni militari”. I vari rapporti internazionali, ha evidenziato l’arcivescovo Auza, non danno molte speranze che tali “atti barbarici contro i profughi palestinesi” possano finire presto.
Ringraziando Libano e Giordania per la collaborazione con l’Unrwa e per l’accoglienza, assieme alla Turchia e ai Paesi europei, di rifugiati provenienti da Iraq e Siria, l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu ha infine auspicato che la pacificazione sostituisca “l’illogicità futile e controproducente” della violenza e della guerra. E che l’assistenza umanitaria accessibile per profughi e sfollati interni prenda il posto dell’attuale flusso di armi che scorre nella regione da ogni parte del globo. L’invito finale è stato a non rinunciare alla “ricerca insaziabile di pace”.